Beltrami Gadola “Olimpiadi, Expo e rigenerazione urbana: gentrification”

Milano

La sinistra ha di che discutere se vuole esistere.

Qualche giorno fa ho letto che un murale d’autore lungo il cantiere di trasformazione dello Scalo di Porta Romana è stato danneggiato da un writer che  lanciava un grido di protesta contro i Giochi Olimpici Invernali che si terranno dal 6 al 22 febbraio 2026 a Cortina e a Milano (420 km di distanza). La scelta dell’abbinamento tra Milano e Cortina è senz’altro stravagante. A Milano ci sarà la sede del Villaggio Olimpico principale e del Media Centre-Centro Espositivo, nel capoluogo lombardo si svolgeranno inoltre tre competizioni oltre alla cerimonia di inaugurazione. Le ragioni della scelta (vedi dichiarazione del CONI) fanno capire che il greenwashing non lo ferma nessuno e così, come per il clima, sono solo parole a gonfiare le vele.

D’altro canto se c’è una pista di pattinaggio di dimensioni olimpiche a Dubai è chiaro che ormai si può fare di tutto, basta avere soldi. Poi se non c’è la neve gli appositi cannoni la spareranno dove serve.

Il CIPRA, una fondazione che si occupa di tutela ambientale ci dice che per rifornire di neve artificiale i 23.800 ettari di piste innevabili sull’arco alpino è stato determinato un consumo energetico complessivo di ben 600 Gwh (gigawattora), che corrisponde “al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone”. Secondo il Wwf ogni anno vengono impiegati circa 95 milioni di metri cubi d’acqua e 600 gigawattora di energia, per una spesa di 136mila euro per ettaro di pista.

Quanti ettari di piste serviranno per le Olimpiadi invernali? Quanta energia elettrica per pattinare a Milano? Quanta energia per tutti i tragitti MILANO-CORTINA? Quale sarà l’impatto ecologico?

LIFEGATE Italy, un sito dedicato alla tutela dell’ambiente, ci dice che la neve artificiale è nemica delle piante e degli animali e che la neve artificiale ha un alto contenuto di acqua liquida, circa il 15-20 per cento rispetto al 7-10 per cento della neve naturale, di conseguenza ha un peso maggiore e una minore capacità di isolamento termico che la neve asciutta eserciterebbe fra suolo e atmosfera. Questi fattori causano il congelamento del suolo impedendo il passaggio di ossigeno e provocano l’asfissia del sottostante manto vegetale, il quale è soggetto in seguito a morte e putrefazione.

Cosa pensano gli amministratori milanesi quando ci parlano di tutela dell’ambiente e di risparmio energetico? Siamo così coerenti da rallegrarci di ospitare questo evento?

Ma perché tutti le città vogliono ospitare i grandi eventi come Expo o le Olimpiadi?

Nessuno di questi eventi dal puro punto di vista economico sono stati un affare; molte città hanno lasciato indietro edifici vuoti e abbandonati ma tutti hanno sostenuto che il bilancio complessivo è stato quanto meno in pareggio e questo pareggio lo si deve agli effetti intangibili, un effetto “immagine” che purtroppo si esaurisce nel giro di un paio d’anni al massimo.

Pensando all’EXPO 2015 a Milano purtroppo fare questi conti è impossibile perché le vicende EXPO e Arexpo sono intrecciate e la vicenda di Arexpo, la società che ha ereditato le aree di EXPO, sono ancora lontane dall’essere concluse e i veri valori delle stesse oggi non si conoscono: quanto valevano alla fine di Expo? Quanto valgono oggi? Quanto varranno in futuro? Quanto valgono le urbanizzazioni lasciate sull’area? Ci sono o ci saranno costi di bonifica?

Ho cercato su Internet chi si fosse già espresso al riguardo: alcuni hanno detto che l’operazione dal punto del bilancio contabile era in negativo, altri in positivo ma sugli effetti indotti palpabili e impalpabili nessuno si è ancora pronunciato definitivamente.

L’unico documento veramente serio lo ha prodotto l’Università Bocconi: L’indotto di Expo 2015 Un’analisi di impatto economico al termine dell’evento a cura di di Alberto Dell’Acqua, Giacomo Morri, Enrico Quaini e Angela Airoldi.

È un documento complesso e articolato che chi ha interesse alla vicenda Expo deve leggere (leggi qui) ma soprattutto mi auguro che la Bocconi elabori un analogo documento sui  Giochi Olimpici Invernali.

Nella conclusione del documento si dice: “Pur rimanendo la più importante città italiana in ambito economico e una delle principali metropoli europee, negli ultimi anni Milano ha perso competitività rispetto a molte altre città europee e soprattutto rispetto a quelle che sembrano essere le sue più dirette concorrenti: Lione, Monaco di Baviera, la stessa Barcellona. Mentre queste città si rinnovavano e apparivano in veste nuova, Milano non ha ancora realizzato i cambiamenti necessari per competere: investimenti in innovazione tecnologica, grandi progetti, valorizzazione della cultura e dell’arte.”.

A buon intenditor ……….

Chi anima l’avversione a questi Giochi Olimpici? Molti ambientalisti ma anche , sotto traccia, tutti quelli che temono gli scandali che sempre accompagnano le opere pubbliche con corruzione, ritardi, spese inutili e l’intervento di commissari speciali con il compito principale di bypassare le norme del CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (D. Lgs. 31 marzo 2023 n° 36).

Di questo “Codice della Follia Pubblica” e dei suoi effetti corruttivi parleremo presto.

 Sempre nel documento della Bocconi  è interessante il paragrafo 4.3.1 LA LEGACY DEI MEGA-EVENTI SULL’ECONOMIA E SUL SETTORE IMMOBILIARE.

Come era da aspettarsi da questo evento – EXPO 2015 e ovviamente i futuri Giochi Olimpici invernali – come dagli altri consimili e dagli interventi di riqualificazione urbana si genera un  effetto collaterale di grandissima rilevanza: l’aumento dei valori immobiliari e della rendita nelle aree circostanti le opere eseguite.

Ma vi è anche un effetto negativo collaterale di grande importanza sociale: la cosiddetta gentrification ossia l’espulsione dei ceti deboli da queste aree che, per chi vi risiede e intende restarvi, vede aumentare il prezzo del suo immobile, fatto positivo ma per chi è in locazione può solo aspettarsi un aumento del canone di affitto.

Se poi il locatore possiede l’intero immobile si assisterà ad ogni possibile tentativo di liberarlo e per venderlo a corpo e incassare la plusvalenza o ristrutturarlo per poi rivenderlo o locarlo a condizioni molto migliori.

Molti comitati in città si stanno organizzando per evitare la gentrification anche solo per non essere costretti ad abbandonare il proprio appartamento cui sono legati per affetto  e per non veder dispersa la comunità di vicinato della quale fanno parte.

La gentrification sarà messa sotto accusa da parte di chi chiede all’amministrazione una politica di equità e di attenzione ai più deboli.

Si può evitare la gentrification? Certamente , basta avere la volontà politica.

Comunque aspettiamo di leggere il libro Next Milano. 2015-2030 Urban Regeneration dell’assessore Tancredi, appena comparso come suo contributo al dibattito sul nuovo PGT. Un confiteor? Prima leggiamo e poi parliamo.

Luca Beltrami Gadola (Arcipelago Milano)

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