Milano è Milano. Con la pazzia della neve, con la melodia della primavera, con la luce dell’estate, con la malinconia dell’autunno. Con la nostalgia di una lontananza quasi obbligata, Milano è sempre Milano. E quella lacrima nell’anima stenta a farsi notare, ma suda in silenzio amarezza e memorie. A volte, un’invocazione.
“Chiedi a Dio che rifaccia
il tempo. Tornerà l’infanzia
e giocheremo”. (Gerardo Diego)
Tornerà la giovinezza, la gioia per una frittella alla fiera degli Oh bej oh bej, uno straccio “antico” steso ai margini della strada con oggetti rubati in soffitta, le canzoni in meneghino di D’Anzi e Rossi, la festa di colori a Sant’Ambrogio e un palloncino rosso che gridava “Libertà”. E rivedrò i Navigli, con i barboni con gli occhi buoni, la Conchetta o la Magolfa dove cantare era un pegno di amicizia e l’acqua, quell’acqua cantava la vita. E gusterò un ossobuco, così tenero da sciogliersi in bocca mentre il dialetto milanese modula le sue ballate.
Davanti all’Accademia di Brera, sempre una vecchietta con le mani gonfie di geloni e di povertà aspettava un attimo di attenzione, a volte un panettone da un artista generoso che usciva dal Jamaica. In piazza Duomo c’era il trionfo delle luci, dei colori, delle vetrine illuminate da guardare, solo da guardare per me che mi regalavo un caffè in piedi, ma com’era dolce il Natale!
Nostalgia, un’infinita nostalgia.

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano