Le paure delle elezioni del 2024

Attualità RomaPost

Il 2024 è l’anno delle elezioni globali con metà della popolazione. Al voto i paesi europei, 9 americani, 16 africani, 11 asiatici, 4 d’Oceania. L’idea progressista, dal Commissario Moscovici all’Alto Rappresentante Borrell all’ex della Consulta Amato, è che ormai le elezioni siano pericolose.

Le elezioni tunisine appena svoltesi confermano la demotura del presidente Saied. Sarà una farsa a gennaio il quinto mandato della longeva lady bangla Hasina, figlia del fondatore, al potere dal 2009.A Taiwan, paese dei chip avanzati, ci si batterà tra difesa del indipendenza ed il riconoscimento bilaterale del principio di Una Sola Cina. A febbraio in Pakistan il potente esercito guarda le sorti del premier incarcerato Khan; 205 milioni di indonesiani, nella terza democrazia più grande del mondo, sono coinvolti in elezioni molto divisive mentre in Bielorussia è riconferma del despota. A marzo in Iran il voto è all’insegna del le elezioni non devono essere libere mentre si va al quinto mandato, dello zar presidente di Russia. Sotto le minacce del fratello del Nord, la neoarmata Corea del Sud ad aprile cerca la conferma dei conservatori, dopo la grazia per la corruzione della Samsung. A maggio900 milioni di indiani voteranno per il culto della personalità di Modi, al terzo mandato, ed il nuovo nome dell’India, Bharat, voluto dalla maggioranza indù.

Seguiranno le euroelezioni di giugno; poi il voto messicano a luglio, in presenza dell’onnipotente esercito del presidente Obrador, vedrà una donna presidente fra le due contendenti. Ad agosto l’Anc di Mandela, sotto fallimento giudiziario, in un Sudafrica alla bancarotta, per la prima volta dalla fine dell’apartheid del ’94, può perdere la maggioranza assoluta. Amarum in fundo, le elezioni Usa di novembre che per alcuni potrebbero determinare la fine della democrazia. Non ci dovrebbero essere elezioni in Ucraina. Su 62 paesi votanti, 28 non sono liberi ed in otto dei paesi più popolosi al voto, le elezioni saranno almeno equivoche. Saied, Hasina, Lukascenko, Putin, Modi, l’ayatollah, gli eserciti, Trump sembrano segnare l’arretramento della democrazia, troppo lenta a decidere. Il trend è inverso solo in Sudafrica. Tutto è poi sovrastato dall’IA che per l’Economist è sul punto di distruggere 2.500 anni di esperimenti umani con la democrazia.

Autocrati e demoturi vengono appaiati all’onda destra occidentale già montata in Italia, Grecia, Olanda, Scandinavia, Spagna, pur senza esiti di governo. Spaventa la crescita di Alternative für Deutschland, considerata da molti tedeschi, dalla Confindustria alla Chiesa agli istituti per la protezione della Costituzione, tout court, la fine della democrazia, il cambiamento fondamentale del sistema politico in Germania. Immancabili, i Verdi vorrebbero vietare l’Afd per legge, cosa difficile nel contesto democratico. Tanto più che la leader dell’Afd, la lesbica Weidel, è iperliberale e seguace della Thatcher e di von Hayek. Ovviamente le sue osservazioni sui territori persi dalla Germania ad oriente nell’ultimo conflitto appaiono estremamente nazionaliste. Gli altri partiti hanno isolato l’Afdcon il Brandmauer, muro spartifuoco o cordone sanitario del divieto di coalizione. Molti non credono che la CDU, sempre più a destra, non collaborerà con l’Afd. In un decennio di vita, l’Alternative è alla sua seconda rinascita, dopo il 12,6% del 2017, toccando ora il 20%. Ottenuti nuovi sindaci nella sassoni Pirna e Raguhn-Jeßnitz, e Sonnebergin Turingia, è favorita con previsioni del 37%, in tre (Sassonia, Turingia e Brandeburgo) sui cinque Länder orientali, ma ben presente ad ovest, in Assia e Baviera, con 18,4% ed il 14,6%. Per il 27% dei tedeschi (ist. YouGov), Afd può diventare il primo partito nelle elezioni locali tedesche.

Il pericolo antidemocratico dell’Afd non cavalca l’antisemitismo, l’antiagaytudine (la leader Weidelè lesbica) e l’autoritarismo quanto la protesta contadina ed antielettrica. Se la libertà coincide con le zero emissioni, l’immigrazione a go go, la transizione ecologica e l’antiagricoltura, sicuramente la destra non è democratica e con lei, nemmeno una buona metà degli europei. L’esempio vissuto di un europarlamento dominato dai 74 membri verdi e dall’ex commissario Timmermans ne ha provocato il rigetto elettorale (Europeleects.eu prevede 49 verdi eletti) e conseguentemente l’ascesa della destra. In Italia malgrado le punizioni inflitte ali automobilisti si comprano ancora auto, nel 2023 per una crescita del 19% fino a 1.572.144 vetture. Ne sono state vendute però solo 66.276 elettriche per un tasso del 4,1%.Questa scelta dei consumatori, il mancato decollo elettrico, sembra un vulnus inaccettabile e si chiedono a gran voce nuovi incentivi, anche di notevole importo come in Francia. Il mercato dovrebbe in teoria essere libero ma in nome della democrazia può essere conculcato, espropriando l’uso delle altre vetture dei consumatori.

Intanto contadini francesi e tedeschi gridano il letame vi seppellirà scaricando quintali di sterco di vacca sui Campi Elisied alla porta di Brandeburgo paralizzando le capitali con migliaia, di trattori. È una protesta corporativa, espressione del peso agricolo del 7,4% e del 3 % dei pil tedesco e francese, ma capace di coinvolge molta parte della società, come avvenuto con la vittoria di Wilders in Olanda. Probabilmente a molti europei piace poco sostenere, con aumento dell’import di cereali, agrumi e mais, l’agricoltura dei paesi terzi, soprattutto africani, per distoglierli da pratiche inquinanti. Gli africani concorderebbero visto che notoriamente considerano l’ambientalismo l’ultima puntata colonialista.  lo sviluppo di standard globali. Neanche l’abbattimento dei concimi chimici e l’abbandono del 10% dei terreni agricoli o la prassi, in corso in Emilia, di sovvenzionare in moneta sonante l’abbandono dei campi sono così popolari. Si tratta di alcuni dei capisaldi del Farm to Fork, parte del Green Deal, piano decennale immaginato dalla Commissione per vivisezionare tutta la filiera dell’alimentare, dalla semina all’etichettatura, alla dieta, agriturismo e ristorazione. In ultima analisi per ridurre il cemento originario d’Europa, il suo protezionismo agricolo dal peso di cento miliardi. La cosa non viene portata palesemente al voto per timore della sconfessione popolare, ma affidata al piano tecnico burocratica con il risultato di scatenare reazioni peggiori.

Il probabile spostamento di giugno a destra del quadro politico europeo, come la crisi del governo semaforo di Scholz non significa il crollo della democrazia, tanto più che la Cdu è favorita alle europee e alle politiche del 2025. Neppure l’ipotesi della vittoria di Trump alle elezioni presidenziali Usa fa correre questo rischio. Il sistema democratico sopravviverebbe al negazionismo climatico ed alla diversa politica estera americana. Le politiche sanzionatorie ed energetiche antirusse sono già impopolari in Germania ed in parte d’Europa per le conseguenze economiche, pur nel giudizio filoucraino sul conflitto slavo. L’opposizione alle emigrazioni, alla Farm To Fork ed alle politiche ispirate dal cambiamento climatico non sono convinzioni antidemocratiche. Anche lo scetticismo sul muro contromuro contro la Russia, come in passato sull’esportazione coatta della democrazia, non è un passo verso demoture e dittature. Si sottolinea la tendenza degli elettorati a cercare guide personalistiche ma è vero il contrario, come osserva Fabbri in Geopolitica Umana, il leader si identifica nell’esistenza della strategia riconosciuta e perseguita, non elaborata, né discussa. Pena, finire sottomessi agli avversari. Tutti i temi caldi su citati sembrano avanzare da soli per propria forza di volontà, anche contro il buon senso. La ricerca dei leader si identifica nella ricerca di scelte politiche convincenti, non fondate su automatismi. Gli elettori cercano soluzioni che temperino gli aspetti negativi della globalizzazione, che nessuno si illude interromperà la sua marcia, neanche in un mondo pluripolare. Neppure l’attuale fase bellica l’ha fermata.

Nel primo ventennio del nuovo secolo si è appurato che il grande mercato unico mondiale non promuove la democrazia, anzi permette ottimamente lo sviluppo di attori politicamente liberticidi in un mondo pluripolare. La soluzione di fare loro guerra non è l’unica democratica. Soprattutto non è democratico mettere sullo stesso piano i loro comportamenti con le scelte liberamene assunte all’interno delle democrazie.

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