Una delle più classiche burle che venivano fatte dai loro amici milanesi ai giovani forestieri appena giunti in città, era quella di portarli a conoscere le Sorelle Ghisini, due, talvolta addirittura quattro sorelle, “dai facili costumi, disinibite, prosperose, taciturne, un po’ algide e freddine, che non chiedevano altro che essere riscaldate e accarezzate”! I buontemponi accompagnavano così i villici del contado a fare la conoscenza delle sorelle, accompagnandoli proprio in centro, nel tratto della Cerchia dei Navigli che da secoli era nota come “el Navili di sior”, cioè il Naviglio dei signori, per via delle ricche dimore, ville, palazzi e condomini che costeggiavano le due sponde, per tacere degli stupendi giardini privati.
Giunti così in quello che era ufficialmente il Naviglio di San Damiano, i provinciali tutti felici di conoscere le sorelle Ghisini, venivano portati davanti a un ponticello in ferro, dal colore verdognolo, che scavalcava le placide acque. A dominare le due rampe di scale del ponte vi erano quattro sirene realizzate in ghisa, come tutto il resto del ponte. Nude, coi seni e i glutei in bella mostra, le quattro sorelle Ghisini lasciavano a bocca aperta, e piena di amaro, i nuovi giunti a Milano.

Si trattava ovviamente del Ponte delle Sirenette, soprannominato dai milanesi Ponte delle sorelle Ghisini o Ponte di Ciapp. Le origini del ponticello sono poco chiare, forse voluto dall’amministrazione comunale, forse pagato da un privato, o infine se voluto dal Comune e pagato dai residenti.
Già alcuni decenni prima, l’amministrazione austriaca, subito dopo la Restaurazione, impose ai ricchissimi abitanti del Naviglio di San Damiano di rifare a loro spese la sponda in pietra che proteggeva i passanti dalla caduta nel canale. I munifici residenti, praticamente tutta l’antica nobiltà ambrosiana, fecero una sorta di colletta e il ricavato fu tale che il Naviglio di San Damiano, che all’epoca correva dall’incrocio con corso di Porta Orientale/Venezia, giù sino al Ponte di Porta Tosa, cioè l’attuale via Cesare Battisti, ricostruirono la sponda del naviglio in lucido, splendente e prezioso marmo bianco!
Potrebbe quindi essere capitata una cosa simile anche per il ponticello all’altezza del civico 16 di via San Damiano, ponte pedonale, a uso quasi esclusivo dei ricchi residenti, che permetteva loro di accorciare la strada senza dover raggiungere il Ponte di San Damiano a nord o quello di Porta Tosa a sud.
Fatto sta che il ponte venne commissionato nel 1841 e venne realizzato dai Falck, nelle loro prime ferriere di Dongo. Fu il primo ponte in ghisa prodotto nella Penisola Italiana e venne considerato un piccolo gioiello. Il progetto fu dell’ingegnere Francesco Tettamanzi, mentre il disegno delle quattro sculture che avrebbero dovuto ingentilire il ponte, venne affidato a uno scultore di Carrara, che da decenni viveva a Milano, Benedetto Cacciatori.
Quando il 23 giugno 1842 le autorità milanesi e austriache, guidate da Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena, viceré del Regno Lombardo-Veneto, si radunarono sul Naviglio di San Damiano per levare “i veli” che ricoprivano le quattro statue e la struttura del ponte, enorme fu lo sconcerto e l’imbarazzo quando le quattro sorelle Ghisini mostrarono le loro nudità!
Tra le ricche dame milanesi e austriache, non poche voltarono lo sguardo, mentre non furono pochi i sorrisini maliziosi dei loro mariti e sconcertati gli sguardi del clero presente per benedire l’opera!
Il ponte, tutto in ghisa, recava due iscrizioni sulle sponde; entrambe in latino, ricordavano la realizzazione del ponte nel 1841, sotto la dominazione austriaca dell’Imperatore Ferdinando I.
Ben presto il ponticello divenne una vera e propria attrazione, chiaramente per la nudita delle statue e venne soprannominato “El pont di ciapp coi quater sorei”, cioè Il ponte delle chiappe con le quattro sorelle.
Sia per la tranquillità del Naviglio di San Damiano, sia per la scarsità di passanti e carrozze in sosta, stante la quasi totale assenza di negozi di qualsivoglia genere, il Pont di ciapp divenne il luogo preferito dalle coppiette di innamorati, di qualunque età. Quel piccolo ponticello in ferro, con le graziose sirenette, le acque calme della Cerchia, gli splendidi palazzi e giardini tutto attorno e il relativo silenzio, facevano precipitare gli innamorati in uno stato di grazia, pensando di trovarsi a Venezia e non a Milano. Per quasi un secolo il Ponte delle Sirenette mantenne la sua funzione di luogo di appuntamento per le coppie, che poi, mano nella mano, timidamente salivano i gradini del ponte, salutavano le Sirenette e si incamminavano verso l’altra sponda, entrando nel centro storico, per perdersi nel dedalo di vicoli che si aprivano allora, il Terraggio di San Damiano, la Contrada della Cerva, il Terraggio di Porta Tosa, la Contrada di Santo Stefano in Borgogna, la Contrada della Cervetta, la Piazzetta del Durino, la Piazzetta di San Giovanni in Era… Tutto scomparso, o quasi.
Ma non furono solo gli innamorati che si appassionarono delle sorelle Ghisini, anche tutti i giovani uomini che attraversavano il ponte, e forse non solo i giovani, presero l’abitudine, considerata benaugurante, di toccare uno dei seni delle statue; nel giro di pochi decenni i seni delle quattro statue erano consumati e con un colore più lucido e brillante rispetto al resto della struttura in ghisa!
Anche chi passava “sotto il ponte”, iniziò una tradizione tutta sua. Non potendo dare le “carezze devozionali” alle statue, i piloti dei barconi che transitavano lungo la Cerchia, erano soliti lanciare lunghi e appassionati baci alle Sorelle Ghisini. Questo soprannome, che faceva ovviamente riferimento al materiale con cui erano fatte le statue, iniziò a entrare in uso solo negli anni Venti del Novecento, sostituendo l’antico Pont di Ciapp. Ponte delle Sirenette fu invece un nome non ufficiale per l’uso comune, sui quotidiani o per le cerimonie ufficiali, senza scadere in quello che allora era considerato “pruriginoso e scandaloso”.
Buoni ultimi furono gli studenti dell’Università Statale, che obbligavano le matricole a organizzare un picnic presso le sorelle Ghisini, facendo loro portare cibo e vini; gli studenti anziani avrebbero mangiato e bevuto in abbondanza, osservando i giovani che dovevano passare tutto il tempo a “lisciare” le parti intime delle sorelle Ghisini, sotto lo sguardo disgustato delle sciore e sciorotte milanesi che passavano sul ponte.
Con l’Unità d’Italia, nel 1859, le scritte in latino che ricordavano l’Imperatore Ferdinando I vennero rimosse dal ponticello. Le cose non mutarono poi per lunghi decenni, col ponte e le sorelle con continuavano a “specchiarsi” nelle calme acque della Cerchia, sempre più sporche e sempre più soffocate dallo smog delle auto e camion che creavano lunghi serpentoni di metallo in via San Damiano.
Nei primi mesi del 1929, quando partirono i lavori per la copertura della Cerchia dei Navigli, tutti i ponti vennero demoliti, implacabilmente. Caddero anche le preziose sponde in marmo del Navili di Siori, ma per fortuna qualche anima pia al Comune di Milano propose di salvare il ponticello in ghisa.
Fu deciso che le sorelle Ghisini sarebbero andate in villeggiatura, in vacanza! Al fresco, nella natura, baciate dal sole e magari dalla neve in inverno. In pratica furono portate al Parco Sempione e poste a scavalcare uno dei corsi d’acqua, nei pressi del grande laghetto centrale. Il ponte fu anche accorciato di un paio di metri, per riadattarlo al nuovo canale, molto più stretto rispetto alla Cerchia dei Navigli.
La nuova posizione venne apprezzata dai milanesi, anche perché ormai via San Damiano, con le auto, i camion, le moto e gli autobus era veramente diventata una camera a gas e gli innamorati ormai si davano molto di rado appuntamento al Pont di Ciapp.
In villeggiatura nel Parco Sempione, che sino alla metà degli anni Ottanta rimase senza recinzione, le sorelle Ghisini furono però preda dei vandali e del ladri e nel giro di pochi anni videro sparire vari fregi in ghisa, come le ancore, i fermagli e i mascheroni, come pure dei pezzi dei parapetti.
Peggio ancora andò nel 1943, quando alcune bombe degli Alleati caddero nel mezzo del parco e una scheggia centrò in pieno due delle quattro sorelle, staccandole violentemente alla base e facendole cadere a decine di metri di distanza, nelle acque scure e fangose del laghetto. Nei giorni successivi qualcuno si accorse della sparizione di due delle sorelle e venne gridato al furto!
Fu solo dopo un paio di settimane che ci si accorse che nelle scure acque si trovavano la povere sorella Ghisini, che vennero tirate fuori; una era irrimediabilmente distrutta, l’altra gravemente danneggiata. Entrambe vennero portate in un magazzino comunale.
Terminato la guerra, le cose non migliorarono, anzi.
Il ponte giaceva ormai quasi nudo e spoglio, con tutte le decorazioni rubate, una sponda del tutto assente e mancante di due sorelle. La notte dell’11 marzo 1948, un camion entrò nel Parco Sempione a notte fonda e luci spente e al mattino dopo, una delle due statue rimaste era sparita. Rubata per fondere la preziosa ghisa, introvabile o quasi nel Dopoguerra. Era rimasta così una sola delle quattro sorelle Ghisini. Per timore di un altro “rapimento”, la povera e solitaria Ghisini venne portata via e nascosta in un magazzino comunale.
Fu però solo nella primavera del 1954 che il Comune commissionò la ricostruzione delle due sorelle Ghisini andate perdute. Il lavoro fu affidato allo scultore Libero Frizzi, che fece fondere le due nuove sorelle Ghisini presso la Fonderia Battaglia. In precedenza era stata restaurata la statua gravemente danneggiata dai bombardamenti.
In occasione della Triennale del 1954, il Parco Sempione venne finalmente riassettato, piantumato e sotto la guida dell’architetto Gerla, il Ponte delle Sirenette venne restaurato totalmente. Le due nuove sorelle in realtà di nome facevano Bronzini e non Ghisini, essendo state realizzate in bronzo, ma ai milanesi questo venne taciuto per non creare scompiglio! Venne anche chiusa la derivazione dalle acque di Seveso e Martesana che alimentavano i laghetti del parco, acque considerate troppo inquinate e pericolose.
Venne scavato un pozzo nella falda e il laghetto e i canali tornarono a popolarsi di pesci e le sorelle Ghisini/Bronzini a specchiarsi nelle limpide acque.
Nel 1960 Luchino Visconti girò una scena dell’immortale Rocco e i suoi Fratelli sul Ponte delle Sorelle Ghisini, al Parco Sempione.
Il ponte venne restaurato nuovamente nel 2003, quando vennero fuse nuovamente le sponde secondo il disegno originale.
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