MUDEC – la genesi del Cubismo di Picasso

Cultura e spettacolo

La passione di Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) per l’arte antica e africana – ai tempi definita arte primitiva – è sempre stata piuttosto nota. Basta guardare a qualche sua opera degli Anni Dieci o Venti, e subito saltano all’occhio forme che ricordano le maschere tribali. Meno conosciuto è però il percorso che condusse l’artista dalle suggestioni primitiviste fino alla nascita del Cubismo. Ancor meno il suo lato di raffinato estimatore e collezionista di “opere d’arte” (come allora erano ritenute) provenienti dall’Africa Sub-Sahariana, dall’Oceania, o dagli albori delle civiltà iberiche.

Mudec-Picasso
In coda a tutti gli eventi che si sono susseguiti nel 2023 per il cinquantenario dalla morte di Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973), il MUDEC di Milano propone un’occasione per riscoprire questi temi. Un percorso che illustra la genesi del movimento cubista, riconoscendo in essa la centralità dell’arte primitiva e il fascino durevole che provocò nella sensibilità del pittore. Una mostra decisamente in sintonia con il Museo delle Culture che la ospita.

Picasso. La metamorfosi della figura. Installation view at Mudec, Milano, 2024. Photo Carlotta Coppo
Picasso. La metamorfosi della figura. Installation view at Mudec, Milano, 2024. Photo Carlotta Coppo

Pablo Picasso collezionista di arte africana al MUDEC

L’incipit del percorso espositivo preannuncia una consapevolezza che si costruisce sala dopo sala. La passione di Picasso per le forme di espressione dei popoli iberici antichi, e delle tribù africane e oceaniche. Si tratta di un fascino nato all’inizio del nuovo secolo, con le sue ripetute frequentazioni dei musei parigini – prima il Louvre e poi il Trocadéro – ricchi di testimonianze provenienti da mondi esotici e lontani. Proprio nel 1906, visitò una mostra di maschere importate dall’Africa Sub-Sahariana: una vera folgorazione che, unita alla paragonabile ammirazione per Cézanne, lo avrebbe portato alla sintesi del Cubismo.
Tutto l’allestimento pensato dai curatori Malén Gual e Ricardo Ostalé rievoca continuamente l’intreccio tra opere di Picasso e manufatti etnici tribali e antichi. Legame che durò anche negli anni di produzione successivi, seppur in modo meno esplicito, declinato anche come vero collezionismo.
Colpisce trovarsi di fronte – in una stessa vetrina – a statuette antropomorfe di origine africana e sculture fatte dall’artista. Difficile distinguerle le une dalle altre. È questa un’ulteriore riprova del continuo rimando di Picasso a queste figure ancestrali, pure, geometriche: essenziali nella loro semplicità di forma. La terra più fertile da cui attingere per riuscire a dipingere la “verità delle cose

La genesi del Cubismo di Picasso raccontata al MUDEC di Milano

Les Demoiselles d’Avignon (1907) sono considerate l’opera che sancisce la fine del “Periodo Rosa” di Picasso, e l’inaugurazione del Cubismo. L’anno convenzionalmente indicato come cerniera è appunto il 1907: a quell’epoca l’artista aveva già scoperto tanto l’arte primitiva, quanto la produzione di Cézanne. Era dunque pronto a cimentarsi nella fusione dei due linguaggi, il cui risultato fu il dipinto in questione. I sessanta lavori in mostra si propongono di illustrare questa genesi creativa, presentando una successione di manufatti tribali e imitazioni o disegni di Picasso. Le tele che si incontrano nel percorso sembrano inglobare a poco a poco – con un crescendo sequenziale – le forme essenziali, talvolta aggressive, e vigorose, delle maschere e delle sculture. I volumi di Cézanne si aggiungono al processo generativo, il cui esito si coglie nelle ultime sale. In esse, il nuovo linguaggio protocubista è usato in sperimentazioni di nudi femminili, che paiono colti nel mezzo di una metamorfosi figurativa. Corpi nudi in pose contorte, dai volti come maschere africane, che mostrano tutte le facce della realtà in un solo spazio.

 

I disegni preparatori delle Demoiselles d’Avignon di Picasso al MUDEC

I protagonisti più affascinanti della mostra – un viaggio nel pensiero creativo dell’artista – sono gli schizzi preparatori per Les Demoiselles d’Avignon. Non la serie completa (tra disegni e dipinti se ne conterebbero più di 200), bensì un taccuino dalle pagine ingiallite, che traduce su carta tutte le ispirazioni avute da Picasso in quel periodo.
Vi si vedono innanzitutto molti studi di nudi femminili in varie posizioni, dalle più statiche alle più dinamiche. Sono le antesignane delle cinque prostitute del dipinto finale. A questi si alternano di tanto in tanto corpi maschili, che potrebbero sembrare estranei all’opera. Bisogna però sapere che, nelle prime intenzioni del pittore, c’era anche l’idea di includere due uomini: un marinaio, e uno studente. Ecco che tutto acquista un senso logico unitario. L’intero dipinto delle Demoiselles è racchiuso in quelle pagine di taccuino. Natura morta di frutta compresa: ci sono infatti alcuni schizzi di oggetti che potrebbero benissimo aver fatto da studio anche per quel dettaglio inanimato del quadro.

Emma Sedini  – Artribune

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