Biennale Vigevano Max Falsetta Spina

Le fotografie parametriche di Max Falsetta Spina alla prima Biennale d’arte di Vigevano: l’approdo di un lungo percorso artistico

Cultura e spettacolo

La prima Biennale di Vigevano, aperta nella prestigiosa sede del Castello visconteo-sforzesco fino al 31 maggio, offre un visionario progetto sull’arte che vede la partecipazione di oltre settanta artisti, selezionati uno ad uno dalla ideatrice e curatrice del progetto, Arianna Forni. Tra loro, un artista eccentrico, fortemente voluto dalla curatrice per le sue opere del tutto originali e profondamente innovative: Max Falsetta Spina. L’autore espone “sculture fotografiche” sia di medie che di grandi dimensioni. Parliamo non a caso di sculture fotografiche perché il genio di Falsetta Spina – fotografo e scenografo – è riuscito a fare della fotografia un’arte tridimensionale. Dunque, non più scatti appesi a una parete, magari incorniciati, ma opere in 3D, fruibili a tutto tondo. Viene spontaneo chiedersi come ciò sia possibile e come ci si sia arrivati. 

L’artista si è innamorato della macchina fotografica all’età di otto anni grazie ad un regalo ricevuto dal padre e non l’ha più abbandonata, appassionandosi a tutto lo sviluppo tecnologico del settore avvenuto negli ultimi trent’anni. La sua ricerca comincia quindi con l’analogico, attorno ai primi Anni Novanta, quando si fotografava su rullino e si andava poi a stampare in camera oscura. Già in questa prima fase del suo percorso artistico, Falsetta Spina non si accontenta dello scatto, seppur studiato e selezionato con la massima precisione. Affascinato dalla poliedricità di David Hockney e dalle architetture neoclassiche, incardinate sulla prospettiva e sulla simmetria, si dedica all’esplorazione di tutte le tecniche fotografiche possibili, dalla sgranatura della pellicola in bianco e nero allo sviluppo inverso in C41 delle diapositive per approdare al multi-scatto ricomposto con la tecnica a collage manuale post stampa degli scatti su carta fotografica. 

La Villa Reale di Monza del Piermarini diventa il suo terreno di gioco.                                                                                                                                                                                                           

              Collage Villa Reale di Monza

Dopo innumerevoli sperimentazioni, a soli diciotto anni, nel 1998, ricostruisce, con questa tecnica, la Reggia di Monza, realizzando un’opera fotografica di 2 metri che viene acquisita in modo permanente, nel 2010, dal Museo Civico Parisi Valle di Maccagno, sul Lago Maggiore. Questo è solo l’inizio della sua evoluzione creativa. Le ricerche in camera oscura e le riflessioni sull’etimologia del termine “fotografia”, ovvero “scrittura di luce”, già di suo un significato di grande charme, lo conducono a pensare di ribaltare il punto di vista e di interpretare la fotografia come “scrittura sull’immagine fotografica”. Incomincia così a praticare incisioni sulla stampa per interagire con l’immagine nel 2003, incisioni che diventano veri e propri solchi con l’ausilio di vari strumenti, punteruoli, righelli, compassi. L’emulsione superficiale della classica carta fotografica politenata, così facendo, viene rimossa, lasciando a nudo il bianco del colore originario della carta. Si ottiene quindi un’immagine attraversata da righe bianche, opportunamente studiate per fungere da linee di piegatura, un po’ come nei modelli di cartoncino dei poliedri. Le stampe fotografiche bidimensionali, piegate nei punti voluti in base a criteri di simmetria e specularità, danno così origine a un oggetto tridimensionale. 

L’artista realizza la sua prima scultura fotografica nel 2007.

Quando si diffonde il digitale, Falsetta Spina si trova in mano uno strumento che gli consente di scatenare tutta la sua creatività. Dopo avere ampiamente sperimentato le possibilità della foto-elaborazione digitale avvalendosi dei software più sofisticati, nel 2020 riprende l’idea della piegatura per realizzare opere in tre dimensioni. I tempi sono cambiati, così come i materiali. L’azienda tedesca 3A Composites ha sviluppato DIBOND®, un pannello composito composto da due strati di copertura in alluminio di 0,3 mm di spessore e da un’anima in polietilene o minerale, disponibile in diverse finiture, ampiamente utilizzato in applicazioni interne ed esterne nei settori della segnaletica, del design di prodotti e arredi, dell’arredamento di negozi, dell’interior design, del design di negozi e dell’allestimento di fiere ed esposizioni.

Falsetta Spina, sempre aggiornato sui nuovi materiali, anche grazie alla sua attività di scenografo per importanti marchi di moda, ha subito intuito le potenzialità di questi pannelli come supporto per la stampa fotografica tridimensionale: sono facilmente ripiegabili e, allo stesso tempo, hanno una matericità molto più consistente rispetto alla tradizionale carta politenata; inoltre, si può scegliere la finitura. Insomma, l’ideale per sviluppare l’idea di sculture fotografiche complesse. Questa volta l’autore scatta in digitale, studia e rielabora la geometria delle immagini riprendendo i criteri di simmetria e specularità della sua prima fase di ricerca, e stabilisce dei parametri al PC per disegnare le linee di piegatura, in modo che un apposito software le riporti sulle immagini fotografate sotto forma di linee vettoriali. Da qui la definizione di fotografia parametrica. È importante notare che tutte le opere sono certificate digitalmente secondo la tecnologia NFT basata su blockchain.

A questo punto, stampa su DIBOND® con finitura a specchio – DIBOND®mirror.                                                                                                                                                                                                                                               

Metropolis

Piega la lastra stampata, quasi fosse un origami, e realizza una scultura fotografica tridimensionale a specchio. Lo spettatore si riflette quindi nell’immagine mentre la osserva e diventa parte dell’opera stessa, così come l’ambiente in cui è collocata. L’opera d’arte è quindi fissa nelle immagini catturate dall’obiettivo e poi rielaborate in modo simmetrico e speculare, ma è nel contempo sempre mutevole perché il fondo a specchio riflette la vita che le gira attorno.  

Alla Biennale di Vigevano sono presenti una scultura monumentale sulla strada coperta e sculture di medie dimensioni nei sotterranei, come “Metropolis” che rimanda alla visione notturna della grande città metropolitana di New York, con il suo traffico intenso e la sua fitta illuminazione, che punteggia con geometrie regolari il nero dell’oscurità notturna. Interessante per la comprensione della tecnica di queste fotografie parametriche, la presenza, accanto ad alcune delle opere finite in DIBOND®, del loro modellino su carta politenata, che ci rimanda all’antica tecnica scultorea del modello in terracotta o gesso come riferimento per la realizzazione della scultura in marmo. Le sculture parametriche dell’artista sono illustrate nel libro Parametric Photography – the concept beyond photography, pubblicato da SNAP Collective il 28 ottobre 2023 ed esposto alla Royal Gallery di Copenaghen. Max Falsetta Spina è inoltre stato nominato Ambassador per l’impiego del DIBOND® nell’arte.

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