Lombardia: nel 2023 bene le imprese ma non le famiglie. E dubbi sul 2024

Lombardia

Presentato il rapporto Banca d’Italia sull’economia lombarda 2023

L’introduzione dei lavori è stata affidata a Giorgio Gobbi (direttore della Sede di Milano della Banca d’Italia): “Si può guardare al futuro in una situazione di normalità, che è tuttavia molto diversa da quella del 2019: ci sono due guerre in corso che, tra l’altro, rallentano pesantemente lo sviluppo economico” e si avverte uno scenario dove grava il cambiamento climatico. La Lombardia, di fatto è il principale motore economico italiano, come emerge dal Rapporto.

Il rapporto è stato poi presentato da Paola Rossi (Banca d’Italia – Sede di Milano) e  Massimiliano Rigon (Banca d’Italia – Sede di Milano). In sintesi, hanno spiegato i due funzionari, nel 2023 si è conclusa la fase di forte espansione dell’economia seguita alla crisi pandemica e, secondo le stime di Bankitalia, il prodotto della Lombardia è cresciuto dell’1,2 per cento, più della media nazionale (0,9 per cento).  L’inflazione è diminuita all’1,0 per cento nel marzo scorso, dall’11,0 per cento della fine del 2022, principalmente per il calo del costo dell’energia. È stata anche illustrata l’ottima posizione della Lombardia, nell’ambito delle maggiori regioni industriali europee, nella tecnologia hig tech del manifatturiero, il che, ha sottolineato Paola Rossi, richiede certamente investimenti mirati.
Nel 2023 la produzione industriale ha ristagnato(0,2 per cento) e il fatturato delle imprese è diminuito. Gli investimenti valutati a prezzi costanti sono invece aumentati del 4,4 per cento rispetto al 2022. Si sono ridimensionate le difficoltà di approvvigionamento di materie prime e prodotti intermedi che avevano caratterizzato il precedente biennio.
Nel settore delle costruzioni l’attività ha continuato a espandersi, ancora sostenuta dagli incentivi per gli interventi di efficientamento energetico e dalle opere finanziate dal Pnrr. Nel 2023 il mercato immobiliare ha subito invece una battuta d’arresto, con una forte diminuzione delle compravendite(-8,9 per cento rispetto all’anno precedente nel segmento residenziale) e un rallentamento dei prezzi nel segmento residenziale (2,7 per cento, a fronte del 5,4 nel 2022).Nei comparti dei servizi privati non finanziari il fatturato ha continuato a crescere, soprattutto nelle attività dell’alloggio e della ristorazione che hanno beneficiato del buon andamento del turismo, soprattutto dall’estero.
Le imprese hanno fatto fronte all’indebolimento del quadro congiunturale e al rialzo dei tassi. I profitti sono rimasti elevati: circa l’85 per cento delle aziende dell’industria e dei servizi e il 90 per cento di quelle delle costruzioni ha chiuso l’esercizio con un utile di bilancio. Le imprese hanno ridotto l’indebitamento verso le banche (‑3,6 per cento) e hanno disinvestito parte delle attività liquide accumulate durante la pandemia. I grandi gruppi hanno continuato a raccogliere fondi tramite titoli di debito. Il numero degli occupati ha continuato a crescere (1,7 per cento) e le retribuzioni sono aumentate in modo contenuto rispetto all’incremento dei prezzi, nonostante le imprese segnalino l’intensificarsi delle difficoltà di reperimento di nuovo personale, in particolare di lavoratori con elevate competenze tecnologiche.
Come logica conseguenza di questi dati il Rapporto segnala che il reddito delle famiglie è diminuito in termini reali dello 0,7 per cento, a causa dell’incremento dei prezzi. Secondo le stime di Bankitalia, ben il 7,5 per cento delle famiglie lombarde si trovava sotto la soglia di povertà assoluta, una quota soltanto di poco inferiore alla media nazionale. E anche se i consumi, pur se in rallentamento, hanno continuato a crescere (1,4 per cento) la spesa è stata finanziata attingendo ai depositi bancari fortemente cresciuti durante la pandemia e facendo ricorso al credito al consumo. E per le famiglie sono emersi segnali di accresciute difficoltà nel rispetto delle scadenze delle rate dei mutui.
Gli investimenti degli enti territoriali sono aumentati, sostenuti dalla progressiva attuazione degli interventi finanziati dal Pnrr. Alla fine del 2023 erano stati assegnati a soggetti attuatori pubblici oltre 13 miliardi di euro per progetti da realizzare in Lombardia; l’importo stimato delle gare bandite era di circa 6 miliardi di euro, tre quarti dei quali già aggiudicati.
Nei  primi mesi del 2024 l’andamento congiunturale è rimasto però debole e le previsioni disponibili a livello regionale indicano un nuovo rallentamento nell’anno in corso, e anche se il valore aggiunto della Lombardia rappresenta circa il 23 per cento di quello nazionale l’invecchiamento della popolazione rappresenta un fattore destinato a crescere in modo preoccupante.

Sono poi seguiti gli interventi di analisi, a partire da quello di Donatella Sciuto (Rettrice Politecnico di Milano): “Si è persa l’idea che l’Università sua un ascensore sociale: il principio costituzionale del diritto allo studio non è coperto dalle finanze nazionali e regionali, e abbiamo messo 9 milioni per garantire questo diritto”. La capacità innovativa dipende dagli studenti che siano preparati nelle tecnologie avanzate, manca la forza lavoro qualificata nonostante le imprese investano. Il 15% dei laureati italiani va all’estero e il 50% degli studenti stranieri formati al Politecnico vanno all’estero ma in Europa, non nel loro Paese, ha detto Sciuto. Oggi solo uno studente su 5 sceglie una materia tecnico scientifica all’Università e in Lombardia ancora meno, l’11,3 per mille tra i giovani sino a 29 anni. La Lombardia ha una grande economia ma viaggia con il freno a mano tirato. E in Italia mancano 3,5 milioni di occupati con competenze digitali di base, a fronte delle previsioni di sviluppo dell’Ai.

Francesco Billari (Rettore Università Commerciale Luigi Bocconi) ha sottolineato che è bene avere l’ambizione di alzare l’asticella: “Il confronto con il cluster regionale è interessante ma non è lì che abbiamo le asticelle più sfidante, bisogna andare a vedere quale sia la giusta ambizione della Lombardia, che dovrebbe confrontarsi con le Regioni più forti dell’Europa”. L’economia della Lombardia è essenzialmente costruita dalle persone e quindi la competitività dipende dal capitale umano. Nel breve periodo la crescita è stata fatta con i lavoratori stranieri (ora sono il 13 per cento),  con un rallentamento negli ultimi sei anni.
Per i giovani sta diventando centrale il problema delle abitazioni: case di proprietà occupate da famiglie anziane non rappresentano il modello più competitivo per attrarre lavoratori e giovani. La ricchezza è spostata verso le famiglie più anziane e in quelle giovani predominano quelle composte da stranieri. Ma cosa accadrà con le successioni? Preoccupante anche il fatto che il dato delle famiglie in povertà non si distacchi dalla media nazionale.
Inoltre, se una Regione che ha pochi giovani diventa anche una regione con pochi laureati, occorre trovare un approccio diverso con la scuola, prima ancira he con l’Università. Il 13% di giovani migranti contro la media nazionale del 9% si scontra con la sfiducia nei loro confronti sulla possibilità di accedere all’Università.

A concludere i lavori è stato Luigi Federico Signorini (Direttore Generale della Banca d’Italia):  “Dopo un ventennio di crescita l’economia italiana ha mostrato una buona capacità di reazione a pandemia e guerra in Ucraina. La struttura finanziaria delle imprese si è rafforzata e la ripresa a V c’è stata, smentendo che la struttura produttiva italiana non avesse la possibilità di riprendersi”.
Guardando avanti, però, ha detto Signorini, restano rischi strategici ineludibili e occorre consolidare la ripresa. L’attività economica è diminuita in Germania e si è fermata altrove, si è esaurito il recupero post pandemico. La crescita dei prossimi anni si aggira sull’1% ma restano le incognite della congiuntura internazionale. Un nodo fondamentale è la crescita demografica: una popolazione meno numerosa non comporta minore benessere, però ci sono due questioni: la sostenibilità del debito pubblico e del sistema pensionistico, che graveranno sulle spalle dei giovani, il problema è quindi  la dimensione delle due generazioni. Il secondo problema è la quota degli occupati: data un calo il Pil italiano è destinato a contrarsi del 13%  e pro capite del 9%. Ma ci sono altri fattori positivi: il sistema pensionistico assicura che si tenga il passo con l’aumento dell’allungamento della vita. Il tasso di occupazione è in crescita ma resta dell’8% inferiore all’area euro, e per le donne si sale al 13 per cento. L’aumento dei lavoratori stranieri necessità integrazione nel sistema scolastico.
Il secondo tema è la produttività: è in ristagno e da questo dipende la nostra minore crescita: investimenti in tecnologia e in capitale umano non sono all’altezza delle necessità. Il maggiore rischio per l’economia è non partecipare allo sviluppo della tecnologia: se qualche mestiere sparirà occorrerà ricollocare la forza lavoro e proteggerla, le grandi rivoluzioni tecnologiche del passato fanno sparire posti ma ne creano altri, non è solo una questione di saldo demografico: “Non bisogna frenare l’innovazione, chiave per la crescita e per il benessere di tutti” ricordato Signorini.
L’Italia è notoriamente in ritardo sulla diffusione delle competenze digitali e ci sono due differenza notevoli con gli altri Paesi: bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e  bassa scolarità, e su questo l’intervento pubblico è indispensabile.

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