Danovaro

Vita e imprese di Bruno Danovaro, gentiluomo

Milano

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Una vita straordinaria, Bruno. Un presente filantropico. E mille storie che, nella società degli influencer sono un patrimonio raro e prezioso. Quando chiunque si racconta ovunque, lui fa della riservatezza e della modestia le sue principali qualità. Ci ha contattato per raccontarci una situazione di attualità, un ciclista che si muove fuori dalla legalità e trova una forma di giustizia poetica. Ma certo non potevamo fermarci a qualcosa di così prosaico.

Una introduzione grafica e necessaria: siamo davanti a un uomo che ha fatto della prepazione atletica e della disciplina militare un credo, più che una prassi. Un uomo in forma, un uomo che tempra la violenza con la disciplina ferrea. È molto importante questo dettaglio, come capirete da soli:

“Ieri sono stato investito” Senza rancore e senza astio, ci racconta l’incubo di molti. Ma lo fa con la pacatezza del giusto e la serenità del consapevole. “A Milano, in zona pedonale, per di più contromano, da un ciclista. E guardate, non solo mi ha insultato, ma ha pure provato ad aggredirmi mentre mi rialzavo.”

Certo l’emozione è palpabile, ma lo è di più la determinazione di chi sa che Dio l’ha messo davanti a quelle due ruote al posto di una nonna, di un nipote, di un pelosetto a quattro zampe reduce da una leggera toelettatura.

“L’ho immobilizzato a terra,ma, appena l’ho liberato è scappato.”. La nobiltà d’animo di chi sa quale sia il limite e non lo supera, nonostante chiunque, al posto suo, lo avrebbe fatto.

“Non l’ho percosso perché altrimenti mi toccherebbe pagare pesanti risarcimenti.”. È anche saggio, Bruno Danovaro.

A questo punto siamo curiosi e indaghiamo. Chiediamo qualche dettaglio sulla sua vita, pur consci che sarà difficile farcene dare molti.

“Campione del mondo, imbattuto da 117 match. Avere questo dono della forza e di queste capacità sportive è raro e ne sento il peso. Ho così deciso che dovessero essere finalizzate alla vittoria, sì, certo, come scritto nella Parabola dei Talenti, ma anche d’aiuto al prossimo. Non mi sono mai tirato indietro, anche se farlo mi ha messo in mezzo a mille situazioni. Ho sempre pensato che se, in alcuni casi, non interviene chi come me è preparato fisicamente, chi dovrebbe farlo?”

Riecheggiano le parole di un altro gigante del pensiero, Margareth Thatcher: “Se non ora, quando? Se non noi, chi?”

“Sono stato aggredito sotto covid da tre ragazzi” prosegue, incurante della nostra interruzione pedante e libresca “Poi ho disarmato in piazza Leonardo un ragazzo armato di coltello, ho salvato due ragazze da un tentato stupro, due anziani da una aggressione. Ho poi deciso di andare in canile. Lì, un piccolo contrattempo.”

Gli occhi sono lucidi. Ma, attenzione, non certo in autocommiserazione. No. Soffre per il cucciolotto e il triste destino cui sarebbe andato incontro se avesse incontrato un umano diverso da lui.
“Non era stato analizzato bene, capite? Lo avevano dichiarato adottabile, adottabile da famiglie con bambini! Invece era stato addestrato, incattivito e se avesse incontrato qualcuno di meno preparato ci sarebbe stata una tragedia: lo avrebbero soppresso. Invece ha aggredito me. Però non voleva fare del male, nonostante l’addestramento. L’ho capito perché hanno dovuto usare solo 58 punti su un braccio e 12 su un altro”

E’ orgoglioso, Bruno, della sofferenza patita per una buona causa.

“In ospedale hanno refertato che nei primi tre giorni avrei anche potuto morire. Uomini di poca fede. Io ne sono uscito, il cucciolotto è stato riaddestrato. Ed è finita bene”

Il sorriso di un gesto ben fatto ci accompagna nella calura di Piazza Leonardo, dove i vapori che salgono dall’asfalto rendono tutto un po’ irreale. Meno Bruno Danovare, che sta fermo, gambe leggermente divaricate, soldi come una roccia mentre il resto della città svanisce nell’ultimo caldo di un giorno di luglio.

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