Un viaggio nella vecchia Milano con l’interprete di canzoni milanesi Teresa de la Martesana

Milano Vecchia Milano

Sòttabrascett per la veggia Milan,
in doe tutt’i casèttg’hann al massim trii pian,
piccol finester coi bejvas de fior,
ornaa de tendinn coi disegn a color.
Vecccostruzion senza celebritaa
che senten de nottel navili parlà,
ai milaneselghe manda on appell,
“Fee no sparì ‘sto cantoninscìbelI“,  canta Teresa, solo per me, all’imbrunire di un giorno di nebbia, negli occhi la nostalgia e la tenerezza per una Milano che non c’è più.

“Non c’è più neanche l’odore, la poesia della nebbia di un tempo. Era la magia dell’infinito, della speranza. Ma le canzoni milanesi conservano la verità di una bellezza che non può andare persa. Sono la parola e l’immagine della semplicità, della vita quotidiana, dei sentimenti più autentici, dell’umanità della gente.

Canto la mia Milano con il cuore, per emozionarmi ed emozionare, ovunque ci sia un pianoforte o una chitarra, nei Centri anziani o culturali. Non importa dove. Importa cantare el me bel dialett, che suona come una musica, anche quando è parlato, che è cultura, tradizione. Che canta la fatica, l’illusione, la nostalgia. Perchè Milano è Milano e ti entra nell’anima con la generosità della sua gente, la Madonnina, i Navigli, le storie piccole e grandi d’amore. Cantare Milano è un atto d’amore come dice Nino Rossi in Milan bela Milan. Io dopo tanti anni, sono sempre innamorata di Milano. Delle sue voci nascoste, delle sue vibrazioni, ma non saprei descriverle. E allora canto le poesie di D’Anzi, Dimiccoli, Rossi. Non saprei raccontare meglio la bellezza di Milano”

Come ha iniziato a cantare il repertorio meneghino?

“C’erano, allora, tante osterie alla buona, dove si cantava tutti insieme. Era un modo per divertirsi, per vivere un momento d’allegria, per ritrovarci, dopo il lavoro. Qualcuno notò che avevo una voce intonata e personale e mi incitò a provare. Scoprii che cantare mi faceva dimenticare qualsiasi cosa. E in quelle canzoni riconoscevo la vita, anche la mia vita. E mi piaceva che ci fosse sentimento e verità, tristezza e gioia, personaggi che puoi incontrare per strada. Mi innamorai del Barbun del Navili, del suo messaggio di speranza. Il locale si chiamava El Buschett in zona Gorla, alla Martesana. E così fu semplice chiamarmi Teresa de la Martesana. Anch’io vorrei fare un appello come Nino Rossi “Non dimentichiamo la vecchia Milano.”

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