Come monarca illuminato, Draghi è tornato ad avvertire l’Europa sulle nubi che ne minacciano il futuro ed addirittura del rischio di perdere la sua ragione d’essere. Sarebbero infatti a rischio i diritti fondamentali dei cittadini europei. Quali sono questi diritti che poi si identificano nei valori fondamentali europei? Essi sono elencati in cinque punti, prosperità, equità, libertà, pace e democrazia, ambiente sostenibile.
Il primo, il successo economico, a cavillare, non è propriamente un valore, semmai un obiettivo. Esso è andato calando nel nuovo millennio proporzionalmente al miglioramento economico conquistato dal resto del mondo. Le quote europee di Pil e welfare mondiali, un tempo molto elevate, si sono ristrette e sono destinate a diminuire ulteriormente, restando comunque esageratamente elevate per i privilegiati europei, dal punto di vista degli altri. In realtà il successo economico europeo passa obbligatoriamente attraverso il recupero del divario accumulato sul gigante americano ed il freno all’ascesa economica dei nuovi giganti extraeuropei. Non sarebbe dunque più possibile proseguire con la noblesse oblige europea basata su etica e fair play applicati severamente solo su di sè. Draghi l’ha scritto espressamente invocando il ritorno agli aiuti di Stato.
La scelta del successo economico implica la revisione del principio dell’ambiente sostenibile. Nel mondo questo principio non è affatto seguito e proprio questa disattenzione permette grandi risultati economici ai nuovi giganti extraeuropei. Sull’altare del principio dell’ambiente sostenibile l’Europa si dissangua pur non migliorando i risultati globali per l’esiguità sia della sua superficie che della sua popolazione sul resto del mondo. Pur nascondendola fra le righe, Draghi non afferma questa inversione politica per l’effettivo shock che ne conseguirebbe sulle dirigenze politiche. Pace e democrazia sono un refrain impossibile da non scandire. L’Europa però non sta attraversando un periodo di pace, anzi. L’atlantismo cui è legata la trascina verso un confronto muscolare militare sempre più netto con la Russia. Draghi invita ad armarsi, armarsi meglio e armarsi collettivamente anche per trovare nel capitolo di una difesa comune europea, il volano economico che per esempio già ben funziona negli Usa. Guerra, dunque e non pace; ed un nuovo atlantismo vivificato da un ruolo protagonista europeo. La democrazia, nel disegno draghiano, è soprattutto il meccanismo di concorrenza che induce al continuo miglioramento e sviluppo. Concorrenza tra i poteri economici, tra i poteri forti, tra multinazionali e Stati nella convinzione che le opinioni pubbliche ed elettorali diventino elemento di instabilità solo in caso di insuccesso economico. L’idea democratica è tarata sulle difficoltà che sta vivendo il meccanismo politico dell’Europa occidentale alle prese con crisi d’identità e frenata economica. D’altronde i numerosi paesi europei hanno idee differenti sull’essenza di democrazia.
Anche sull’equità le idee discordano. Equità globale o interna? Anche limitatamente all’equità interna, i risultati sono scarsi. L’equità non funziona quando 4 membri pagano, rispetto agli altri venti, tutto il conto. Infatti, il discorso di Draghi è rivolto solo a loro. Gli stati europei non sono uguali fra loro; non lo sono territori regionali estesi all’interno degli stessi stati. Il discorso draghiano è in realtà rivolto anche poco agli Stati, quanto ai grandi soggetti economici che dovrebbero riversare l’enorme quantitative di credito sugli grandi piani di sviluppo immaginati per il continente. Si immagina una pianificazione economica di espansione, mixata pubblico privata, di stile cinese. Politica e identità risulterebbero affogate da uno tsunami di ricchezze, investimenti, libagioni, profitti che nessuno vorrebbe criticare. L’unica opposizione potrebbe venire dal resto del mondo, incluso l’alleato americano. In effetti una Europa guidata, come lo sono già gli Usa, dalle multinazionali, diverrebbe una rivale oltreatlantico, più che una rivale.
Di tutti i valori menzionati, resta l’idea che l’Europa, con le sue finesse caritatevoli e giurisdizionali, non possa che restare ricca per essere se stessa. Con buona pace degli europei che non si sentono ricchi. Draghi incita gli europei a combattere per la propria ed altrui ricchezza. Gli europei resteranno ricchi quindi liberi, liberi perché liberi.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.