“Nei giorni scorsi il marchese Sala del Grillo e il suo fido scudiero della “degenerazione urbana” (absit iniuria verbis) hanno detto che adesso chiudono la stalla, dopo che i buoi sono scapparti. Neanche si pongono il problema che, secondo le più avanzate visioni edilizie e urbanistiche europee, dentro la cinta di Milano non si dovrebbe più costruire. E che solo in una dimensione metropolitana si possono affrontare i problemi di nuovi insediamenti edilizi, accompagnati da una adeguata dotazione di servizi, con una strategia del trasporto pubblico su scala metropolitana e regionale.” Così inizia l’articolo di Luigi Corbani sul blog Arcipelago, ricordando la vicenda di abusivismo edilizio e di superedificazione del territorio, focalizzando la responsabilità politica di un’amministrazione comunale perlomeno distratta, ma una distrazione colpevole. E, a prescindere dal lavoro della Procura che farà il suo corso, scrive “Il punto vero è che il giudizio politico è un’altra cosa, e per certi versi, deve essere più severo di qualsiasi sentenza di tribunale. Perché i comportamenti politici disegnano il futuro della vita di tutti noi, e gli atteggiamenti di un assessore, di un dirigente dell’urbanistica, di un sindaco che non sente le proteste dei cittadini, non va in giro per la città, e non legge i giornali che riportano le posizioni dei tanti comitati sorti in questi ultimi anni contro la politica edilizia e urbanistica del Comune, per me è cosa ben più grave di una indagine giudiziaria.
Significa che non si vuole la partecipazione democratica, il confronto, la dialettica, e che si mette in secondo piano l’interesse pubblico, il bene comune. Un marziano caduto sulla terra, recentemente, ha dichiarato a un giornale che “bisogna togliere la discrezionalità” e che la colpa era della “commissione paesaggio”. Ora è bene ricordare che la commissione è composta da architetti, nominati personalmente dal Sindaco, il quale avrebbe fatto cosa buona e giusta chiedendo ai nominati di non esercitare la libera professione a Milano, onde evitare di ricevere parcelle da imprenditori che sottopongono progetti allo “sportello unico della edilizia”, che poi passano alla valutazione della commissione del paesaggio.
A parte che tale commissione per legge dà solo pareri obbligatori ma non vincolanti, mi domando che ci stava a fare il dirigente dell’urbanistica o l’assessore, quindi con maggiore responsabilità politica, se non quella di dare un indirizzo politico amministrativo alla operatività della macchina comunale. Se poi si vedono concessioni edilizie illegittime perché in contrasto con il PGT del 2012 e del 2019 (per esempio la definizione di cortili, non mi sembra dia luogo a possibili “discrezionalità”, sulla base delle norme e anche del buon senso), il dirigente, l’assessore e la Giunta dovrebbero intervenire.
E non si può ignorare, da parte del direttore generale d’area o dell’assessore, una determinazione dirigenziale che sostiene che non si applica la legge urbanistica 1150/1942 e il decreto ministeriale 1444/1968 , quelle norme che definiscono le quantità minime di standard di dotazione per abitante e i limiti inderogabili di densità, altezza e distanze minime degli edifici. Non si tratta di una determinazione dirigenziale qualsiasi!
Se un funzionario agisce con discrezionalità senza alcun riferimento alla politica della Giunta e del Sindaco, questi ultimi devono intervenire e correggere; ma se non intervengono, significa che sono disattenti o che accettano tale “discrezionalità”.
La legge regionale della Lombardia 12/2005 ha disciplinato il Piano dei servizi (uno dei tre atti di cui si compone il Piano di governo del territorio, PGT) per cui “I comuni redigono il piano dei servizi determinando il numero degli utenti dei servizi dell’intero territorio, secondo i seguenti criteri: a) popolazione stabilmente residente nel comune gravitante sulle diverse tipologie di servizi anche in base alla distribuzione territoriale; b) popolazione da insediare secondo le previsioni del documento di piano, articolata per tipologia di servizi anche in base alla distribuzione territoriale; c) popolazione gravitante nel territorio, stimata in base agli occupati nel comune, agli studenti, agli utenti dei servizi di rilievo sovracomunale, nonché in base ai flussi turistici. I comuni redigono ed approvano il piano dei servizi al fine di assicurare una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale, le eventuali aree per l’edilizia residenziale pubblica e da dotazione a verde, i corridoi ecologici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato, nonché tra le opere viabilistiche e le aree urbanizzate ed una loro razionale distribuzione sul territorio comunale, a supporto delle funzioni insediate e previste.”
Questa legge vale anche per Milano. Faccio presente al marchese Sala del Grillo e alla sua giunta che la legge regionale è del 2005 e che, come indicato su “Normattiva”, il portale della legge vigente, sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la legge 18 aprile 1962, n. 167 è vigente alla data del 16 ottobre 2024: “Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare”. Avevano tutte le aree ferroviarie per fare i piani di edilizia popolare e del verde, con annessi servizi. E invece no. E dopo l’assalto alla diligenza, ecco la bella trovata: ” al posto del Pala Sharp, costruiamo case popolari”. Ridicoli e scandalosi, come l’ultima furbata di dire che la vendita di San Siro serve per costruire case popolari. Dopo cinque anni, si prendono in giro così i milanesi?
Se non si adeguano gli oneri di urbanizzazione dal 2007 al 2022, per quindici anni, quando la legge impone che siano aggiornati ogni tre anni, e nel frattempo l’indice Istat sale del 38%, la colpa politica gigantesca è dei Sindaci, delle Giunte e delle maggioranze che hanno avallato tali scelte…
…E se il Sindaco, la Giunta, l’Assessore alla urbanistica e la loro maggioranza fanno deliberare che non ci vogliono più i piani attuativi, perché Milano è super attrezzata di servizi, e quindi non c’è bisogno di ottenere 18 mq per abitante di servizi, si fa una scelta politica folle, non c’entrano i funzionari comunali.
Se l’autorità politica decide che la competenza non deve essere del Consiglio Comunale ma del dirigente o del funzionario, (per snellire e velocizzare il mercato edilizio) e si affida a “determinazioni dirigenziali” anche il cambio di destinazione d’uso di grandi aree, la responsabilità è politica. Se la monetizzazione degli standard avviene a cifre ridicole rispetto al valore fondiario, la colpa politica non è nelle nostre stelle, ma in chi ha fatto tali scelte politico-amministrative.
E anche qui non è un problema di “discrezionalità” La L.R. 12/2005, infatti dice che deve essere corrisposta “al comune una somma commisurata all’utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo del! ‘acquisizione di altre aree. I proventi delle monetizzazioni per la mancata cessione di aree sono utilizzati per la realizzazione degli interventi previsti nel piano dei servizi, ivi compresa ! ‘acquisizione di altre aree a destinazione pubblica”
Se la monetizzazione è tale per cui il Comune non può acquistare aree per il piano dei servizi, si hanno tre conseguenze: un danno patrimoniale per il Comune, un vantaggio illecito a favore dell’edificatore e la mancanza di servizi per i cittadini.
Se si consentono nuove costruzioni facendole passare per ristrutturazioni di edifici esistenti, si evade anche il fisco, consentendo illecite agevolazioni fiscali al costruttore ed anche ai compratori.
La responsabilità politica sta anche nella espropriazione del potere del Consiglio Comunale se davanti a rilevanti interventi edilizi, si omette di far deliberare alla Giunta e al Consiglio comunale i piani attuativi, e per di più così facendo si fanno venir meno gli standard urbanistici. E se tutto questo è fondato su determine o circolari dirigenziali che da tempo, almeno dal 2015, hanno portato alla “semplificazione” e alla “deroga dalle norme”, intervenendo su materie e procedure di competenza del Consiglio Comunale, vi è una responsabilità politica gigantesca: le modifiche al Regolamento edilizio sono di competenza del Consiglio Comunale e comunque una determinazione dirigenziale non può andare contro o oltre una norma di legge.
Ora il Comune ha sospeso alcune determinazioni dirigenziali, ma alcune – lo ripeto – devono essere annullate totalmente dalla Giunta e del Consiglio Comunale, e Sindaco e assessore devono andare a parlarne con il Consiglio comunale che si è visto, negli anni, espropriato delle sue funzioni.
Se poi l’autorità politica fa delle aree ferroviarie dismesse una prateria di scorrerie di interessi privati, senza piani del verde e di case popolari, la colpa è politica. Ma con tale politica di bassissimi oneri, di ridicole monetizzazioni degli standard, di indici volumetrici improntati alla discrezionalità (dietro il paravento degli indici uguali in tutta la città), di scia (segnalazione certificata di inizio attività) per demolire piccoli fabbricati, e in omaggio alla “rigenerazione urbana”, costruire palazzi di 25, 50, 60, 80 metri di altezza, persino nei cortili chiusi, è evidente che la città diventa attrattiva per tutti gli speculatori e i fondi finanziari, bancari, assicurativi, immobiliari, dal Qatar al Texas. Sciambola!…
Se poi si chiede, al governo di destra-centro, un condono edilizio “tombale”, per di più senza pagamento di nulla, gratis, significa che la gestione politica della urbanistica e dell’edilizia ha fatto acqua da tutte le parti, a danno del Comune e dei cittadini.
Ed è illuminante che l’autorità politica, Sindaco, Giunta, maggioranza consiliare blocchino tutta l’attività finche la magistratura non darà l’interpretazione “autentica” delle norme edilizie. Ma anche in presenza di indagini, il compito della politica è quello di assumersi le responsabilità di quanto fatto prima e di quanto bisogna fare adesso, Invece si rifugiano nel blocco delle attività e nel futuro, nel nuovo piano del territorio “meno discrezionale”.
Evidenzia “Oggi si pone un problema politico: perché in base alla legge 241, di fronte a provvedimenti illegittimi o in presenza di comportamenti e condotte che costituiscono illecito amministrativo, l’amministrazione comunale non annulla i provvedimenti e non applica le sanzioni conseguenti?
La legge stabilisce che può sempre essere disposto l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso.
Cosa aspetta la Giunta Sala ad applicare la legge 241? Pensa ai costruttori “furbi” o ai cittadini che si sono visti costruire l’iradiddio davanti alle loro finestre? Pensa all’interesse pubblico quando non si fanno pagare oneri adeguati e non si ottengono i servizi a standard per ogni residenza in più?
Qui il problema non è cosa fanno gli inquirenti e cosa farà la magistratura giudicante. Qui il punto è che politica ha fatto e fa, oggi e non domani, la maggioranza di palazzo Marino con il suo Sindaco e con il suo assessore alla “rigenerazione urbana” (termine quanto mai improprio viste le indagini in corso).
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Intervista interessantissima ma la gente non sa e non capisce nulla. Siamo nelle mani della procura di Milano. Grazie dott. Corbani.