Hacker rubavano dati sanitari e fiscali: “Prelevate migliaia di informazioni”

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Sarebbero migliaia le informazioni prelevate da banche dati strategiche nazionali, stando alle indagini della Dda di Milano e della Dna (Direzione nazionale antimafia), che ha portato a sei misure cautelari, tra cui i domiciliari per l’ex ‘superpoliziotto’ Carmine Gallo.

Tra gli indagati, che rispondono di concorso negli accessi abusivi della presunta organizzazione – composta da hacker, consulenti informatici e appartenenti alle forze dell’ordine e con al centro pure intercettazioni abusive – figurano Leonardo Maria Del Vecchio e Matteo Arpe. Nell’inchiesta sono coinvolti anche ex dipendenti di un’altra società di investigazione, la Skp di Milano.

Le accuse al centro dell’inchiesta sono associazione per delinquere, accesso abusivo a sistema informatico, intercettazioni abusive, corruzione e rivelazione di segreti d’ufficioLe informazioni sensibili sarebbero state prelevate su commissione e per essere rivenduti: si parla anche di dati informazioni sensibili, anche appartenenti a esponenti politici. Si delinea, stando alle parole degli inquirenti, una presunta associazione a delinquere, messa sotto la lente d’ingrandimento dei Carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, che ha portato a quattro misure di arresti domiciliari e a due misure interdittive, oltre al sequestro di società.

Carmine Gallo, per anni in servizio alla Squadra mobile di Milano, poi amministratore della società di investigazioni private Equalize, è uno degli indagati. Proprio la Equalize srl, di cui il socio di maggioranza è Enrico Pazzali, indagato e presidente della Fondazione Fiera Milano (ente estraneo alle indagini), è stata ieri oggetto di un decreto di sequestro preventivo, eseguito, come le misure cautelari, dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, coordinati dal pm della Dda milanese Francesco De Tommasi e dal pm della Dna Antonello Ardituro.

La presunta associazione per delinquere avrebbe prelevato dalle banche dati strategiche nazionali informazioni su conti correnti, precedenti penali, dati fiscali, sanitari e altro, evadendo su commissione e dietro compenso, la richiesta dei “clienti”, tra cui soprattutto grandi imprese, studi professionali e legali, interessati a condizionare le attività di loro “concorrenti” con questo “dossieraggio”. Da quanto si è saputo, i presunti componenti dell’organizzazione avrebbero prelevato dati “di tutti i generi”, stando a quanto riferito, e di soggetti più vari. E avrebbero agito su commissione di “clienti, anche a “fini privatistici”, per rivendere quelle informazioni a chi le chiedeva.

La banda di hacker ed ex poliziotti, di cui alcuni ancora in servizio, avrebbe realizzato con i dossier illeciti “centinaia di migliaia di euro di profitti” negli ultimi 2 anni. L’indagine, coordinata anche dalla Direzione nazionale antimafia, a quanto risulta, nascerebbe da una precedente inchiesta milanese sulla criminalità organizzata, anche se nelle misure cautelari eseguite ieri pomeriggio non vengono contestate, da quanto emerso, condotte di “agevolazione” delle mafie. Sono state eseguite anche decine di perquisizioni in Italia e all’esteroUn’indagine che “consente di iniziare a unire qualche puntino” per “comprendere il funzionamento di un gigantesco mercato delle informazioni riservate”, commenta il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, nella conferenza stampa convocata ieri mattina sull’inchiesta della Dda di Milano. Un “quadro allarmante”, ha chiarito Melillo spiegando come non sia mai stato “esplorato organicamente” il “sistema di attentati alla sicurezza cibernetica nazionale”. Tra i “contenuti” e le “persone” spiate il “fronte di maggiore interesse – ha aggiunto il procuratore di Milano, Marcello Viola – sembra quello del mondo dell’economia, della finanza e dell’imprenditoria”.

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