Carlo Pellegatti, noto giornalista e telecronista sportivo, ha rilasciato alcune dichiarazioni sui reparti difensivi, spesso protagonisti di errori dovuti a diversi fattori.
Ecco quanto dichiarato a Scommesse.io:
“Gli attacchi vendono i biglietti. Le difese vincono le partite”. Non è solo una massima del football americano, ma soprattutto rappresenta una grande verità, suffragata dalle statistiche e dalla storia, come confermano, in Italia, le stagioni dalla 2014-2015. Eccetto che nel campionato 2019-2020, la squadra che vince lo Scudetto è sempre quella che subisce meno reti. Eppure vediamo aumentare, anche in campo internazionale, gli errori dei singoli difensori e dei reparti arretrati. Che cosa sta succedendo? Cerchiamo di capirne le ragioni.
Difensori con poca qualità
Innanzitutto, deve essere evidenziato il calo di qualità dei difensori. Il poco tempo a disposizione per l’allenamento, danneggia la loro crescita tecnica. Raramente, soprattutto i più giovani, possono dedicarsi agli esercizi necessari per migliorare il bagaglio calcistico, come forza, potenza, velocità di base, progressione. Scarsa anche la possibilità di chiudere la seduta, fermandosi con un componente dello staff per calciare, stoppare, colpire di testa. Questa situazione porta a un continuo decremento del livello tecnico, con conseguente aumento degli errori nella zona più delicata del campo, l’area di rigore.
Nesta, Cannavaro, Maldini, Chiellini, non nasceranno più
Il calcio di oggi non lascia molto spazio alla formazione dei difensori “puri” come quelli di una volta. I ritmi serrati del calendario, con partite a ciclo continuo, limitano il tempo a disposizione per sviluppare quelle qualità essenziali – forza, velocità, aggressività – che rendevano questi campioni dei veri “muri” in difesa. E, con la frequente rotazione dei centrali, dovuta a infortuni e turn-over, risulta difficile costruire l’affiatamento tra compagni che una volta era un marchio di fabbrica della difesa italiana.
I migliori difensori di oggi, in Italia e all’estero
Attualmente, il calcio italiano può contare su difensori di spessore, protagonisti nel campionato di Serie A, in nazionale e, come nel caso di Bastoni, in Champions League:
- Alessandro Bastoni (Inter) – un maestro nel leggere il gioco e impostare l’azione con la sua visione e tecnica sopraffina.
- Alessandro Buongiorno (Napoli) – giovane ma già grintoso e affidabile, è uno che non molla mai in marcatura.
- Pietro Comuzzo (Fiorentina) – per la tenacia e la presenza fisica che mette in ogni intervento.
A livello internazionale, ecco i difensori che stanno facendo la differenza:
- Virgil van Dijk – un gigante della difesa, capace di anticipare gli attaccanti con un tempismo perfetto.
- Rúben Dias – leader nato, che gestisce la retroguardia con precisione chirurgica.
- Riccardo Calafiori – giovane promessa italiana, dotato di visione e determinazione da vendere, che non teme le sfide.
Tuttavia, sempre più spesso, si assiste a un calo di qualità delle performance dovuto a diversi fattori:
Si gioca troppo
Per un allenatore che vuole lavorare su una efficace parte difensiva, oggi è certamente molto più complicato. Si gioca nel weekend e a metà settimana, senza soluzione di continuità. Gli avversari vengono studiati più sui video che sul campo, impedendo, dunque, se non nelle prime settimane di lavoro estivo, la possibilità di esercitazioni continue per migliorare l’affiatamento tra i singoli e tra i reparti della squadra.
Attaccanti sempre più completi e performanti
A fronte di questo calo del livello medio dei difensori, oggi gli attaccanti, al contrario, sembrano cresciuti come intensità di prestazioni, come fisicità e potenza, come velocità nel dribbling, scatto e resistenza. Oggi dunque il lavoro dei componenti del reparto arretrato sembra diventare più difficile, più improbo. La minima esitazione diventa una potenziale occasione da gol per gli avversari. Non pare più sufficiente studiarne le caratteristiche magari davanti al computer, perché la varietà delle giocate e quindi l’imprevedibilità dell’attaccante risultano spesso un elemento imponderabile e quindi decisivo.
L’ormai famosa “partenza dal basso”
Tanti errori sono figli anche della famigerata, per qualcuno, partenza dal basso. Ormai non si vedono più i lanci lunghi dei portieri, ma anche l’estremo difensore cerca di appoggiare al compagno più vicino o meglio piazzato, per dare il via all’azione con palla rasoterra. Di buone intenzioni è lastricata la via per il paradiso, ma spesso si cade nell’inferno. Non tutti i difensori, portieri compresi, hanno la sufficiente qualità balistica per evitare passaggi troppo corti o troppo lunghi, troppo deboli o troppo forti, che possono essere preda dell’avversario. Ormai, per l’appassionato di calcio, è diventata una triste abitudine rimanere tra lo sconcertato e lo sbigottito, nel vedere quali sesquipedali errori vengano propinati praticamente a ogni giornata di campionato o a ogni turno di coppe internazionali.
Niente più difesa e contropiede. “Colpa” di Guardiola
L’approccio di Guardiola, che esalta il possesso palla e la costruzione dal basso, ha rivoluzionato il calcio globale e influenzato anche la nostra scuola difensiva. In Italia, difensori e portieri oggi sono chiamati a partecipare attivamente alla fase di impostazione, costruendo l’azione con precisione fin dall’area. Ma questo nuovo modello comporta dei rischi: molti dei nostri difensori, nati in una scuola più tradizionale, faticano a gestire questa complessità tecnica e tattica, aumentando il margine d’errore nelle situazioni critiche.
Il ruolo di telecamere e VAR: niente più duelli “Gentile-Maradona”
Purtroppo, è difficile che rivedremo battaglie così accese come quelle leggendarie del passato. Con telecamere e VAR che monitorano ogni contatto, i difensori devono fare i conti con un regolamento che non lascia spazio alla vecchia “esuberanza”. Anche gli interventi più leggeri possono sfociare in sanzioni, costringendo i difensori a un gioco più misurato. Sebbene alcuni continuino a distinguersi per fisicità, il calcio moderno ha ridotto al minimo i duelli intensi come quelli tra Gentile e Maradona.
Infortuni e turnover minano l’affiatamento
Tra infortuni e obbligati turn over, non è facile poi che giochi sempre la stessa coppia di centrali. È un altro fattore importante nel spiegare gli attuali problemi dei reparti arretrati. Sono loro infatti i registi della difesa. Con uno sguardo si cambiano di avversario, sanno dove posizionarsi, per rimediare alle situazioni più pericolose. Con la fondamentale rapidità, con il massimo della reattività, con il giusto sincronismo. Continuando nelle obbligate rotazioni, appare evidente che manchi spesso questo naturale affiatamento, che si riflette poi nella mancata efficacia soprattutto negli ultimi sedici metri.
“La partita più bella è quella che finisce 0-0”
Abbiamo cercato di elencare le possibili ragioni di un aumentato numero di gol e, di conseguenza, di una minore efficacia della fase difensiva, intesa come reparto e singoli. Un bene per lo spettacolo, potrebbe dire qualcuno, dimenticando però quello che una volta disse il grande giornalista e scrittore Gianni Brera: “Ricordate… la partita più bella è quella che finisce 0-0”!
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