“Un luogo sociale, da cui si vede la città che cambia” (Gioia Grezzi, presidente Atm); ”Uno spaccato sociologico delle persone che utilizzano la città” (Elena Buscemi, presidente del consiglio comunale); “Una sala di teatro, dove ci sono persone diverse, ognuno con la propria storia” (Gigio Alberti, attore). Tre diverse definizioni per descrivere una cosa sola: un tram. Anzi IL tram. Perché in un’ora, tanto è durata la presentazione del libro “Milano in tram. Alla scoperta della città”, anche se ci sono i Sirio, i “Sirietto” e altri modelli più o meno moderni, il pensiero è corso sempre a lui, il “carrelli 1928”. IL tram milanese per eccellenza. Eppure, in passato (più o meno remoto), questo modello i milanesi lo avrebbero voluto mettere da parte: nel passato più lontano alcune vetture erano state addirittura vendute a San Francisco, mentre nel passato più recente c’è stato ( e c’è ancora) chi lo vorrebbe “pensionare” considerandolo troppo lento. Eppure a mezzogiorno di sabato, una sala di Palazzo Morando era piena gremita, con persone che sono rimaste fuori. Tutti venuti per l’omaggio al tram, dai cui finestrini in quasi un secolo di storia, si è vista Milano e i milanesi cambiare volto.
Il libro, presentato nell’ambito di Bookcity Milano, è stato edito dai tipi di Celip e, con il contributo di Atm, raccoglie le testimonianze di prestigiosi autori. Come le foto di Mario e Silvia De Blasi, padre e figlia. È di Mario De Blasi la famosa foto, presente nel libro, dell’uscita dal deposito di corso Vercelli del “Gamba de legn”, il famoso trenino a vapore che collegava Milano con il suo hinterland. Ma c’è stato, fino al 1926, anche il tram per il trasporto dei morti (chiamato dai milanesi “la Gioconda”), il tram che ha fatto la resistenza (nei suoi cassoni venivano nascosti partigiani o armi) e il tram che ha visto crescere la storia culturale di Milano: tranviere era il padre dell’etoille Carla Fracci: lui suonava sempre il campanello quando passava davanti alla Scala per salutare la figlia. Gesto poi ripetuto, in segno di omaggio, il giorno in cui la grande ballerina è morta e un tram, ancora oggi, gira con il suo nome su una livrea completamente bianca, a ricordo dell’amore di Milano per lei.
“Il tram è amatissimo da noi che ci lavoriamo, è un simbolo della città e dell’azienda, diecimila persone che fanno muovere la città trasportando due milioni di passeggeri al giorno”, racconta la presidente Ghezzi. “Con la collaborazione di decine di fotografi di eccezione il libro ci porta attraverso la storia della città e il tram diventa un luogo di incontro sociale da cui visitare la città che cambia”. Gioia Ghezzi ricorda poi un episodio in cui la storia d’Europa è salita sull’1: “Era il marzo di due anni fa, e stavo andando a lavorare, ho visto questa famiglia con enormi valigie che non sapeva dove scendere, mi hanno fatto vedere un biglietto, parlava una lingua sconosciuta, sapevano dire solo una parola in italiano: Ucraina. Erano appena arrivati nella nostra città accogliente”. Anche la presidente Buscemi descrive il tram guardandolo con gli occhi degli stranieri, i “turisti che salgono in tram e fotografano non solo fuori, ma anche il tram, i suoi paralumi floreali, le sedute in legno e questo mi fa ricordare che noi questo mezzo lo diamo un po’ per scontato, ma per i turisti che vengono per la prima volta è un elemento molto particolare e caratteristico è un simbolo di Milano che si trasforma”.
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