Dio della guerra, Dea della pace

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Il dio della guerra soffia sempre più forte. Nel quadrante orientale europeo in mille giorni di guerra, i caduti tra russi e ucraini toccano la cifra di 820mila. A spanne, ogni giorno per tre anni, 720 caduti russi e cento ucraini.  In un anno le guerre mediorientali a nord e sud di Israele hanno lasciato sul terreno 60mila vittime, ca. 160 al giorno. I conflitti nel nord del mondo eccitano la spesa militare che sta toccando il suo acme storico globale. I $2,5 trilioni (migliaia di miliardi) di armi, munizioni ed eserciti del 2023 verranno sicuramente superati nel 2024. La Russia scambia morti per terreno guadagnato; dopo l’ecatombe di 700mila morti, arruola ancora 30mila soldati al mese per guadagnare 10 km al giorno con la spesa eccezionale per la sua economia di $145 miliardi (87 nel 2022). L’America non è coinvolta direttamente e ufficialmente nei conflitti ma ha il budget militare impressionante di 877 miliardi sotto il cui ombrello arma l’Ucraina. L’Unione europea spende consistenti $400 miliardi, di cui una minima parte finisce a Kiev. Il budget militare israeliano solitamente sui $23 miliardi viaggia verso i 30 ma il 70% del suo arsenale, incluso il sistema difensivo missilistico, viene fornito dagli Stati Uniti dal 2006. Altri paesi non sono coinvolti nei conflitti; l’India, ad esempio, che comunque ha un budget militare di $81 miliardi oppure la Cina che denuncia una spesa di $292 che, in realtà, secondo l’intelligence, sarebbero ben $700 miliardi.

La domanda di armi consumate o immagazzinate sviluppa grandi produzioni, ricavi e profitti che possono contare sulla spesa del 2% del Pil globale di 104 trilioni. Tutti comprano armi, non solo i top player; dall’Africa ($51 miliardi) che ha le sue guerre, all’Oceania (35), al Sudamerica (50), all’America centrale (15),al sudest asiatico (48), al Medio Oriente (200. Secondo i dati evidenti, che non contengono molte forniture autoctone, l’industria mondiale della guerra che rifornisce i sistemi più ampi di sicurezza in senso lato è quasi tutta occidentale,68% statunitense e, 27%, europea. 40 multinazionali ne coprono il 60%. In testa, le americane Lockheed Martin (€55 miliardi), Raytheon Technologies (36,8), Boeing (31), Northrop Grumman (30,6) e General Dynamics (26,8); a seguire la britannica Bae Systems (25,8), la francese Airbus (11,8), l’italiana Leonardo (11,5), la francese Thales(10,1), la tedesca Rheinmetall (5,1) e Fincantieri (2).L’Italia, con Leonardo e Fincantieri, entrambi a controllo statale, ed una galassia di piccole e medie imprese d’eccellenza, copreil 4% del budget mondiale ed il 14% di quello europeo.

Tutti attendono nel 2025 la dea della pace che dovrebbe stendere un velo d’olio calmante sulle acque agitate dell’ampia area che va da Leopoli a tutto il Medio Oriente. Alte le aspettative seguenti alle promesse elettorali del nuovo presidente americano Trump che ha promesso pace.  Nell’intermezzo d’attesa, però, il dio della guerra accelera, fintanto che è libero, le sue operazioni. La Russia corre per occupare quanta più Ucraina può. In un eventuale prossimo armistizio nuovi confini, se non verranno riconosciuti, saranno stabilizzati. Un terzo ucraino si chiamerà Nova Rossia. Tristemente la garanzia richiesta da Kiev, con l’ammissione nella Nato, non verrà concessa, non solo per il divieto di Mosca ma anche per la paura europea di un coinvolgimento diretto in prima linea.

Le guerre israeliane a Gaza ed in Cisgiordania vanno finendo con la vittoria della pace unilaterale del vincitore, garantita dal totale appoggio trumpiano a Gerusalemme. Il conflitto in Libano per ora si è fermato per Ko tecnico del partito di Dio fortemente ridimensionato, come anche Hamas, dall’azione martellante sionista.  L’Iran ha manifestato tutta la sua vulnerabilità, perdendo i sui hub alleati, temendo il conflitto diretto con Israele, impaurito dell’aggressività trumpiana. A fronte di una pace instabile libanese, l’indebolimento persiano e gli impegni lontani russi hanno permesso un nuovo tracollo della Siria. Il fronte antiregime ha rilanciato la guerra civile. Di questo fronte partecipano soggetti diversi con scopi eterogenei.  Il primo, la Turchia, teoricamente membro dello schieramento occidentale, vuole annettersi un pezzetto di Siria, nell’ambito della sua crociata anticurda. In qualche modo, come in passato, la galassia jhaidista copre un ruolo positivo agli occhi americani e israeliani, mettendo in difficoltà il regime di Assad, base della presenza russa e delle attività dell’Asse della resistenza antisraeliana. Se l’oggetto del contendere è la Siria, cadono nel dimenticatoio le speranze per i due popoli e due Stati e si ghiacciano le attività persiane ed i tumulti libanesi, in uno schema di guerra schiaccia guerra

Il coinvolgimento della Corea del nord nel conflitto russo ucraino rischia di andare oltre il mero reclutamento di soldati per la retroguardia e la riconquista di Kursk. L’aggressività di Phnom Penh sta influenzando l’instabile Corea del sud dove il presidente, anticomunista,ha cercato non riuscendovi di riportare in auge la passata dittatura militare. Nel contesto della nuova guerra fredda non è da scartare l’eventualità del riaccendersi del conflitto coreano facilitato dalle eccessive convulsioni interne sudcoreane. L’eccessiva vittoria israeliana troverebbe qui la risposta dell’altra metà del mondo. La Russia sta accendendo la miccia nordcoreana in funzione dell’ampliamento dele sue carte al tavolo dell’armistizio. La Corea del nord è sempre pronta ad azioni temerarie e la Cina sarebbe quella dell’ultima parola, potendo aggiungere, nel confronto con l’Occidente, un secondo tavolo di conflitto, anch’esso di massimo valore tecnologico, dopo Taiwan. Così la guerra russo ucraina rischia di gemmare una nuova guerra di Corea, dove rischiano di confrontarsi quattro potenze nucleari (Usa, Russia, Cina, Corea del Nord) sulle nove esistenti.

Non sempre si può vincere. L’Operazione speciale russa, al prezzo di enormi perdite economiche ed umane, rischia di realizzare i propri obiettivi. Parallelamente Israele potrebbe ottenere i suoi con una diaspora epocale coperta dall’incubo di una guerra persiana, di cui la nuova destabilizzazione siriana è l’overture. La guerra mondiale per pezzi procede e facilmente può cambiare improvvisamente quadrante. La chiusura positiva di un teatro bellico può essere suggestione dell’apertura di uno nuovo. La dea della pace nel tacitare la voce del dio della guerra, ne può moltiplicare i funesti pensieri.

Lavoro, occupazione, ricavi, azionisti ed economie militari lavorano per entrambi a ritmi sempre più alti. 

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