Il Panettone milanese, viva magia di Natale. Alcune leggende e curiosità

Milano

Eccoci arrivati finalmente al periodo natalizio.  E’ il momento  delle grandi riunioni  con tanti familiari, tanti amici e vicinato, con relative grande manciate e abbuffate e naturalmente a consumare  il classico  e tradizionale panettone.

 Ma quante storie e leggende intrecciate,  dietro l’invenzione del panettone!  Diverse  notizie, avvolte nella leggenda,  secondo una cultura ambrosiana,   esistono a riguardo  del panettone, o per dirla meneghinamente,  “El panattòn de Natal” .

Una specialità,  tradizionale milanese, con un fascino tutto suo,  uno dei dolci più amati, e immancabile sulle tavole natalizie.

Le origini di questo dolce e delizia,  sono in realtà antiche e sono sospese tra fili che legano storia e affascinanti leggende.  Infatti, si narra che sono ben tre le storie radicate nella tradizione,  che fra il vero o il verosimile, parlano solitamente  della nascita del panettone.

Tutte tre leggende ugualmente natalizie, che alcuni studiosi fanno risalire all’ epoca medievale, che legano il panettone, con i suoi ingredienti al nome di ipotetici inventori, storie curiose, cariche di tradizioni, che si perdono nel tempo,  ovviamente tutte ambientate in Lombardia, e più precisamente a Milano.

Ma procediamo con ordine e vediamo di passare in rassegna le tre diverse leggende.

La prima leggenda,  che lo riguarda,  narra che, nel XV secolo, un giovane falconiere ducale  di nome Ughetto Atellani s’innamorò perdutamente della bella Adalgisa, figlia di un panettiere “prestinee” che aveva la bottega vicino alla casa dove il giovane dimorava con la famiglia,  in  una casa donata al suo scudiero dal generoso, Ludovico Maria Sforza, noto come Ludovico il Moro, signore di Milano, abitazione, forse ancora oggi esistente, fra le case a ringhiera meneghine, racchiuse, nelle vicinanze della della chiesa di Santa Maria delle Grazie, sempre nel cuore di Milano.

Ughetto però non era felice: l’amore per Adalgisa era ostacolato  da suo padre, Giacometto degli Atellani, comandante di ventura, uomo di spada, al soldo di Ludovico il Moro, il cui divieto, di vedere la ragazza (Adalgisa anche se bella, era ostacolata dalle differenze sociali, perché  pur sempre la figlia di un povero fornaio, di nome Toni) costringeva i due a vedersi solo di notte, quando la giovane aiutava suo padre  a infornare il pane, spaccare la legna, attingere acqua, accendere i forni, in quanto gli  affari stavano andando piuttosto male  a causa  della recente apertura di un forno vicino. Così, una notte, mentre si avvicinava il Santo Natale,  per aiutare il padre della ragazza, Ughetto ebbe la felice idea di aggiungere all’impasto del lievito madre del burro  e dello zucchero. Il dolce ottenne un successo clamoroso e il ragazzo  vi versò, allora, anche delle uvette “ughett”, alcuni pezzetti di cedro candito e delle uova. Fu un trionfo, una grande ghiottoneria. Il panettone era nato.

Tutta Milano da allora, incominciò a fare la fila alla bottega  del fornaio per acquistare  il “pangrande” o il “Pan-de-Toni”,    da portare in tavola il giorno di Natale. Il dolce ebbe un successo straordinario e da quel periodo divenne un classico sulla tavola natalizia dei milanesi.

I due innamorati, Ughetto e Adalgisa,   dopo che le famiglie ebbero visto, ovviamente,  gli affari del fornaio lievitare, si sposarono, coronando il loro segno d’amore,  tra la soddisfazione di tutti.

La seconda leggenda riguarda, ancora la corte di Ludovico il Moro.  Durante la cena alla vigilia di Natale con i cortigiani, con una  sontuosa tavola imbandita e ricolma di ogni ben di Dio, nel bellissimo Castello Sforzesco, (uno dei monumenti e capolavori più rappresentativi e popolari di Milano, secondo forse solo al Duomo)  con cibi raffinati  per tutti gli  ospiti,  signori nobili del ducato,   qualcosa andò storto. Il favoloso dolce che il capocuoco aveva preparato per i convitati si era distrattamente  bruciato, e carbonizzato, nel forno.

Le conseguenze per il poveraccio sarebbero stati molto gravi, se non fosse accorso in suo aiuto un umile giovane garzone, di cucina, il “Toni” che, per salvare la situazione,  con il cuore pulsante, si mise, a recuperare in giro un po’  d’ingredienti e di avanzi del dolce bruciato: pasta, dell’uva passa, delle uova, del burro che, con un po’ di farina e zucchero, avevano, confezionato,   e  dato vita a un dolce, una grande forma di pane.

Quel dolce inventato, in fretta e in furia sul momento, ottenne, sorprendentemente,  un successo straordinario, e  la cena  natalizia, con i nobili convitati,  si concluse, particolarmente,  con un gran trionfo.  Ludovico il Moro in persona, con un senso di  gioia,  si congratulò con il capocuoco per la brillante trovata. Il dolce ebbe un  successo strepitoso, e venne riproposto  a tutti i successivi banchetti, per i festeggiamenti delle cerimonie natalizie dell’epoca.

Il pane del “Toni” ebbe un successo clamoroso, e  da allora divenne il dolce più famoso di Milano.  Il panettone sarebbe nato alla corte di Ludovico Il Moro. Il  nome “ El Pan- de- Toni”,  in dialetto meneghino, e in onore al suo creatore, con il tempo  cambiò nome e si trasformò, diventando  infine  “panettone”, maestria dolciaria Lombarda, e ovviamente negli anni seguenti  si diffuse in tutta Italia.

Della  terza leggenda, sempre natalizia,  che è  stata tramandata purtroppo si conosce ben poco. Da quel che si sa,  racconta,  di suor Ughetta, una semplice addetta alle cucine di un piccolo e povero convento milanese, (la cronaca popolare non ci ha mai detto di quale convento antico si trattasse), che con la grandezza della sua anima,  per festeggiare il Santo Natale, con un pranzetto degno dell’occasione, per quel giorno importante, aveva, in odor di cucina, tiepida e casalinga,  aggiunto alla pasta lievitata del pane,(il  pane questa “grazia di Dio” che salva dalla fame e signoreggia, quel tanto che basta sulla tavola dei poveri), con accuratezza qualche ingrediente di più. Un pò di burro, zucchero e, naturalmente, uva passerina, (in dialetto milanese l’uvetta, si dice Ughett)  e cedro candito. Ingredienti di fortuna,  scarti, avanzi, custoditi nella dispensa del monastero,  che vennero mescolati riconditi, con una carica di fantasia. Infine un tocco finale, prima di infornarlo  la suora vi incise sopra al grosso pane, una croce, in segno di benedizione.

Sembra che le consorelle avessero apprezzato moltissimo il dolce speciale, un vero pezzo forte. La voce subito si sparse. Il dolce ebbe un grande successo, tanto che i milanesi cominciarono  a fare offerte al convento per portare a casa un po’ di quel dolce speciale, chiamato poi panettone.

Sebbene queste narrazioni popolari, ingranditi e inquadrati  nelle cronache dei secoli passati,  sono affascinanti per grandi e piccini, al momento,  non sappiamo con certezza  quanto sia stato inventato e da chi.

Fra parentesi. A qualunque di queste versioni si voglia credere,  è comunque certo che queste narrazioni, hanno un loro fascino, e conservano, in qualche modo,   l’amore e l’interesse per la storia delle tradizioni ambrosiane della nostra città di Milano.

Ancora una curiosità, prima di concludere.

Rimanendo nel campo delle storie, credenze  e usanze legate a questo tipico dolce milanese, rimane una tradizione curiosa, lombarda, che si perde nel tempo, legata a questo dolce tipico milanese.  Tra le usanze più curiose, praticate nelle famiglie di provata ambrosianità, vi è quella di San Biagio, (Biagio di Sebaste, vescovo e Santo Armeno, che precedette di mezzo secolo Sant’Ambrogio) e cioè che prevede che una fetta di porzione del panettone, tenuto da parte dal giorno di Natale, venga messa da parte e poi mangiata   la notte del 3 febbraio. Non solo perché è buono, ma perché così facendo tiene lontano mal di gola, raffreddore dai malanni di tutto l’anno. San Biagio infatti è il protettore della gola,  come  ricorda un antico detto,  in dialetto milanese  “ San Bias l benediss la gola e el nas” ovvero San Biagio benedice la gola e il naso.

Per concludere.

A poco a poco, anche la produzione del panettone, morbido e profumato,  nel capoluogo lombardo  si industrializzò.  Dagli antichi forni dei prestinai, il “panattòn” gustato di un tempo, passò ai pasticcieri pregiati. Poi grandi marche soppiantarono via via, la produzione e la creatività in tutte le sue forme e varianti.

E il panettone,  “la vera chicca” del dolce di Natale,  soffice e arricchito  di uva,  sultanina, candidi, e infinite combinazioni, arrivò  con un “ boom impressionante” e rispetto, della più grande tradizione e lustro meneghina, con successo senza pari, fino oltre Atlantico.

Il panettone è sempre il dolce simbolo, meravigliosamente di Milano, e con orgoglio rappresenta qualcosa di speciale. E non si può festeggiare il Santo Natale,  brindare con un calice di spumante effervescente, con mille bollicine,  senza,   una fetta morbida e delicata del “Sciur Panattòn” il panettone, unico e coinvolgente, del tempio della milanesità dolciaria e dei suoi tesori preziosi.

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