Passano gli anni ma non passano le abitudini: quei nonni che oggi rimproverano i propri nipoti per la svogliatezza nell’andare a scuola, di certo non possono vantare di aver fatto salti mortali la mattina quando la mamma li andava a svegliare per assolvere al proprio dovere.
Mercoledì 21 marzo 1951 ore 12.00
La campanella di fine lezione è suonata e i maschietti (sempre loro i fortunati!) si ritrovano a correre fuori da scuola per godersi finalmente le vacanze di Pasqua.
Le femminucce invece devono pazientare un altro po’: una volta usciti i loro coetanei finalmente potranno tornare a casa anche loro.
Eppure è una strana primavera quella che ufficialmente inizia quel giorno. Nella poco ventosa Pianura Padana si alza uno strano vento. “Presto!” dice la maestra alle scolare “ripariamoci vicino al muro del cortile!”
La scuola Devota Maculan è rinata dalle ceneri di una odiosa guerra terminata solo 6 anni prima. La città è un unico cantiere. Le gru a perdita d’occhio urlano all’intera nazione la voglia di Milano di diventare una città solida e benestante.
Anche il muro di cinta della scuola è sinonimo di quei tempi: robusto e moderno. I suoi grandi blocchi trasmettono sicurezza e desiderio di un futuro luminoso.
Eppure basta solo un po’ di vento ad abbattere il “muro del futuro” in quel mercoledì che profuma di colombe appena sfornate.
Sotto di esso 13 bambine e un bambino non potranno godere delle vacanze di Pasqua e nemmeno di tutto il resto.
Ad oggi riposano al cimitero Maggiore e a ricordo di quel dramma sul muro ormai rifatto e solido (si spera) è stata apposta una targa. Nello spartitraffico della popolosa via Lorenteggio è stato posizionato un piccolo monumento dal discusso sapore moderno. Le vie attorno alla scuola possiedono nomi di specie arboree capaci di ricordarci i 14 fiori appassiti in maniera prematura.
Molto prematura.
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