La crisi attuale delle cosiddette Libere Democrazie Occidentali

Attualità
Si può a buon titolo ritenere che la più parte dei cittadini italiani consideri al presente che la Repubblica Italiana appartenga -in virtù della vigente Carta Costituzionale- al novero dei Paesi dell’Occidente, che sono da tempo definiti, per le loro proprie istituzioni politiche, come “Libere Democrazie”.
Per l’esattezza, la suddetta terminologia è sbocciata e fiorita, nell'”Occidente” storico, a far corso dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, relativamente agli Stati dotati di un evoluto assetto giuridico costituzionale, Stati che rappresentano, in termini politici internazionali, il cosiddetto “mondo libero”.
Ciò premesso, anche a seguito del persistente stato di effettiva guerra in armi, negli anni recenti ed in diverse e distinte parti del globo e del conseguente, materiale sconvolgimento di un precedentemente consolidato ordine mondiale che si sta verificando, tutti gli aspetti di crisi strutturale, che erano andati, via, via maturando negli ultimi decenni nelle cosiddette Libere Democrazie Occidentali sono oggi assai ben più visibili anche agli occhi dei semplici cittadini.
Quella che storicamente è stata, nel percorso di crescita istituzionale, sia politica, che economica dei Paesi dell’Occidente, la vera “forza della democrazia” (cioè l’effettiva esplicazione, nell’operato dei vari governi, della volontà e degli interessi della reale maggioranza dei singoli cittadini, esclusivi esercitanti della sovranità dei rispettivi Stati, tramite il meccanismo giuridico-costituzionale della “rappresentanza parlamentare”) si è gradualmente andata erodendo a causa di una molteplicità di fattori, tutti afferenti precipuamente l’assetto giuridico del funzionamento delle istituzioni dei relativi Stati nell’Occidente.
Il più generalizzato di detti fattori è consistito, nella gran parte dei Paesi dell’Occidente, nel progressivo aumento del ruolo operativo della “burocrazia” in tutti gli ambiti dell’attività dei rispettivi, eletti governi, che da un ipertrofico apparto burocratico son venuti ad esser direttamente condizionati, molto più che dalla volontà popolare, di cui essi dovrebbero essere la rappresentazione democratica. È lo svilupparsi del cosiddetto “deep state” negli Stati Uniti ( la più antica e costituzionalmente strutturata fra le “libere democrazie occidentali”). Un fenomeno questo, che ha iniziato a decisamente orientare sempre più il formato della “libera” democrazia verso una sorta di “guidata” tecnocrazia. Con la conseguenza di una crescente disaffezione nelle istituzioni politiche di governo da parte dei singoli cittadini, venutisi così a sentire depauperati nella esclusività del loro esercizio della “sovranità” dello Stato.
I cosiddetti movimenti politici qualificati come “sovranisti” si sono andati sviluppando parallelamente a tale processo di crisi e trasformazione delle “libere democrazie” proprio perché trovano la loro radice in un generalizzato ed indistinto desiderio popolare di potersi riappropriare dell’esercizio della sovranità, in quanto usurpate dai governi “burocratizzati”, che impongono ai cittadini regolamentazioni mancanti di una originaria e diretta legittimazione democratica poiché sostanzialmente atti di natura meramente amministrativa, ratificati solo a posteriori dai Parlamenti come atti legislativi.
Al tempo stesso si è andato verificando un rifiorire dei “nazionalismi”, diversamente dovuto all’impatto diretto sulla vita di tutti i giorni dei cittadini degli Stai Membri di Organizzazioni Internazionali, sempre più invasive -nel loro specifico operato- degli ambiti governativi propri degli stessi Stati Membri. Questo è il caso specifico di crisi della “libera democrazia” nei Paesi dell’Unione Europea, ove purtroppo anche in virtù di un deprecabile e diffuso regresso culturale, à dato riscontrare, nella più parte dei media, una narrazione acritica e confusa di sovrapposizione tra sovranismo e nazionalismo. Due istanze, queste, di natura ed origine del tutto distinte e diverse tra loro in una attenta analisi storico-giuridica.
Nello specifico della Repubblica Italiana poi, in aggiunta ai due fenomeni di crisi, che si sono -come qui sopra descritto- sviluppati nelle “libere democrazie” , va imperativamente considerato il persistente ed assai grave conflitto tra potere giudiziario e potere esecutivo, causato in primis dal vigente dettato della Costituzione, che attribuisce al sistema giudiziario un assetto tipico di Stato totalitario, rendendo così il “deficit” di democrazia reale ancora più pesantemente avvertito dai singoli cittadini.  Ne consegue che, oggi, in Italia si parla anche troppo (e, a volte, pure senza la debita cognizione di causa) di “democrazia” e molto poco di “stato di diritto” ed ancor meno -ahimè- di “libertà”, autenticamente intesa, qual primo valore costituzionale fondante!
Anche la Repubblica Italiana, originariamente concepita e nata come democrazia parlamentare, oggi si sta avviando sulla strada di trasformarsi in una sorta di tecnocrazia burocratica, ove i suoi cittadini son vieppiù in progressivo allontanamento dalla diretta azione politica, per disaffezione e sfiducia? Certo è un tema di seria riflessione per il nuovo anno che sta iniziando.

Antonio Belloni

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