“Mi raccontavo con rabbia “Sogna, ragazzo, sogna/Quando cade il vento, ma non è finita…” (Vecchioni). Ma era dolore, impotenza, un pensiero insistente, incarcerato in quella cella di quattro metri quadrati, con una compagna invadente, la muffa, un rubinetto perennemente gocciolante, una turca fintamente privata con una tenda e giorni eterni che si rincorrevano uguali come fossero un tempo indefinibile tra un tentativo di sole e una pioggia insistente e battente sulla finestra. Non c’erano né farfalle, né fiori, né musica…Sogna ragazzo, sogna…il sogno nessuno poteva sporcarlo o rubarlo…era la speranza di rivedere un mondo che là, comunque, brillava di colori. Il tempo aveva un senso sul calendario dove la sera cancellavo la data del giorno e il cemento grigio mi guardava beffardo, opprimente…e quella noia che urlava inutilità e colpa da espiare, un chiodo che faceva male. Dopo due anni sono tornata a casa, nella mia minuscola casa di periferia a passi svelti, ma silenziosi…no, nessuno deve sapere…neppure mio padre che ha pagato l’affitto durante la mia assenza…domani gli dirò della libertà riconquistata, dell’aria profumata, del glicine fiorito all’angolo della casa e sarà il mio, un grazie di festa e di tenerezza. Oggi c’è il sole “Sogna, ragazzo, sogna/Quando sale il vento nelle vie del cuore” e sono qui, in attesa…una telefonata, mi basta una telefonata…lui sa che sono ancora viva…che ho sbagliato, che ho rubato come la peggiore delle ladre …la debolezza di chi voleva strafare, inebriarsi di lusso…non so neppure io. Ma è tornato il sole, in casa il suo angolo è immutato, i suoi libri cantano le avventure dei “grandi”, il silenzio ha l’anomalia della sua assenza. Sai, ho scritto la nostra storia, nelle interminabili notti insonni, per sentirti vicino, un pulcino di curiosità, una mano di fiducia. Il mare, il tuo abbraccio e quella sabbia bianca con la purezza di un amore timido e forte, la musica delle onde…non erano necessarie le parole…ricordi? Il sole del primo pomeriggio ha la prepotenza di una lama di luce, ho preparato il letto di “nuvole”, così lo chiamavamo, ho comprato i lamponi da sciogliere in bocca e ascolto i bambini giocare, nel cortile…tutto è vita, libertà…quella che ho sognato nel tempo della privazione. Sono le quattro… forse chiamerai dopo il lavoro. Forse ti vergogni, forse mi hai dimenticato, forse il nostro cielo non ha più stelle..” Chiudi gli occhi, ragazzo, e credi solo a quel che vedi dentro” e strappa i pregiudizi, ascolta la mia volontà di riscatto. Non voglio piangere ancora con i singhiozzi che bruciano l’anima, voglio camminare a testa alta, con la sfida negli occhi, con la dolcezza nei gesti. Ho capito “Nessun regno è più grande di questa piccola cosa che è la vita” Mi cantavo con un sussurro Vecchioni…così, per dare forza alle mie visioni e salivo sulla giostra del mio domani, con te. La notte è lenta, ma inesorabile e il buio abbraccia il silenzio. Non voglio la luce, voglio annegare l’angoscia nella malinconia per temperare la tristezza, voglio la febbre di un pianto liberatorio, voglio la culla della mia infanzia, mi accarezzo le mani, mi dico “Non verrà”…ed è già domani.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano