Il Marchese Sala del Grillo scarica su Maran le responsabilità sull’urbanistica

Milano

Perché queste uscite sgangherate e meschine del marchese?

Il marchese si lancia, anche non richiesto, perché non voleva che la scena fosse solo di  Gentiloni e di Ruffini. Lui è il marchese Sala del Grillo, che “da quando ha fatto politica,  si è sentito profondamente ed esclusivamente politico” (l’ha detta proprio così). Vuole apparire, tenere la scena e spargere il suo verbo, di cui possiamo fare tutti a meno.
In mezzo a tante banalità,  perfidamente, sulle vicende edilizie, tira in ballo l’assessore Maran: una vigliaccata, visto che comunque, decideva tutto il marchese Sala del Grillo, ma come al solito lui non c’entra niente. Invece di assumersi le sue responsabilità, tira in ballo sempre i predecessori o i suoi assessori. “Mi chiedo se a parlare sia il PD che esprime l’assessore o sia il PD che critica”. Un ricatto politico esplicito e cattivo.
Fa il carino con la Schlein e nel contempo attacca il PD anche sulle primarie, che il PD usa come optional, a suo dire. Si scrive, su qualche giornale,  che la Schlein teme un colpo di testa del marchese e quindi sarebbe intenzionata a far votare il “Salva Sala” per evitare le dimissioni del marchese, che le ha minacciate pubblicamente.
Ma questo significa anche che il PD  teme che,  se si andasse al voto  anticipato,  il Pd non vincerebbe le elezioni di Palazzo Marino. E non viene il dubbio che la gestione del marchese è considerata dalla maggioranza dei milanesi un disastro? Vi è un corto circuito: Sala si dimette perché non passa un provvedimento di legge e a quel punto gli elettori voterebbero contro il PD perché non ha approvato la legge? O votano contro il PD perché il PD ha sostenuto il marchese, che ha voluto una legge sbagliata?
Comunque la si metta, il PD, grazie al marchese, si è messo in un angolo poiché a questo punto il destra-centro potrebbe non votare la legge per scoprire il bluff del marchese oppure votare la legge per dimostrare che Milano si può governare solo con il centrodestra che realizza una legge voluta dal PD e che il PD non è stato in grado di votare o che ha votato per non far dimettere il marchese.
In tutto questo, per aiutare il marchese – che ha voluto la legge perché lui non c’entra niente, ma da bravo padre di famiglia si preoccupa dei funzionari e dirigenti comunali indagati –  ad uscire dalle inchieste giudiziarie e contabili su pratiche edilizie illecite e sugli abusi edilizi,  il PD sconfessa la sua linea storica contro i condoni  e mette il partito locale e nazionale   in un angolo, alla mercè del destra-centro, e con la contrarietà di Sinistra, Verdi e 5Stelle. Per di più, il PD per accontentare il marchese va contro la Procura contabile e penale, con il doppio risultato di apparire inaffidabile sui contenuti, sulla concezione  della legalità e si macchia di un condono che proietta i suoi nefandi risultati anche sul futuro dei paesi e delle città italiane.
E il PD si imbarca in questa operazione suicida, sapendo con quasi certezza che questa legge si infrangerà nei ricorsi e negli scogli della costituzionalità. Con il grande risultato, che invece di sbloccare la situazione edilizia a Milano, la complica e la prolunga nel tempo, per di più con un braccio di ferro con la Procura, con il Gip, con il Tribunale del Riesame e con la stessa Corte di Cassazione e con la Corte dei Conti.
Ma ci sono altre due cose che colpiscono: l’autocandidatura per il terzo mandato (perché solo il terzo mandato e non il quarto, il quinto, ecc?) e intanto, se prevale  l’antistorica posizione del Pd, come l’ha definita  il marchese,  eventualmente punta a fare  il “governatore” perché lui sa interpretare il Nord (sic!).
Perché tutto questo “newspeak” come direbbe Orwell, questo politichese? Vuole tenere la scena prima che gli arrivino le tegole e quindi costruirsi la patente di “vittima”? Perché dunque? Il marchese non poteva non sapere che il PD è contro il terzo mandato. Eppure si è lanciato a sostenere la posizione della Lega. Ricostruiamo un attimo: il PD è contro il terzo mandato, a costo di rompere con De Luca in Campania (69% dei voti nelle regionali del 2020); la Lega è per il terzo mandato, e sostiene Luca Zaia, forte di un consenso del 77% dei veneti alle ultime elezioni regionali 2020. Quindi come per il “Salva Sala”, anche sul terzo mandato, il marchese  va contro il PD (da sempre contrario ai condoni e al terzo mandato)  e fa un assist  alla Lega.
E perché nel contempo si è autocandidato?  Per il suo ego? Forse perché pensa che a furor di popolo gli sarà richiesto di andare avanti, perché nessuno dei suoi yes-men e yes-women  deve avergli detto che non lo vuole più nessuno?
Forse perché vuole che il PD gli offra un posto, cosa che non ha ottenuto nel 2020-2021?  In un delirio di narcisismo, ci aveva rotto l’anima per alcuni mesi con il dubbio angoscioso “mi candido o non mi candido?” che ha spinto  i milanesi a mandarlo a vaffancuore e a disertare le urne.
Forse perché vuole alzare il prezzo della sua uscita di scena? Forse per far capire che lui è pronto a tutto, se il PD non vota il “Salva Sala”? Mossa molto azzardata, visto che ormai il marchese nello scenario politico nazionale conta come il due a briscola.
O forse è per il suo narcisismo di apparire tutti i giorni sui giornali e sulle tv?  Ed è forse quest’ultima la ragione di uscite sbagliate, nei tempi e nei contenuti.
Del resto, lui si è scelto dei “consiglieri”  che lo hanno portato a non azzeccarne una. In piena pandemia, con tutti problemi anche tragici del periodo,  se ne esce con un libro sul socialismo del XXI secolo  (Einaudi editore: “Beppe Sala presenta qui un testo terso di cultura e proposta politica. Interpretando i temi che caratterizzano un’autentica visione globale, propone la struttura di una nuova forma per il socialismo del XXI secolo e affronta i nodi storici che determinano la vicenda internazionale e italiana”): una follia!
Mentre c’era in ballo la scelta del candidato per le elezioni amministrative del 2020-2021,  è andato dal suo amico Beppe Grillo a proporsi come amministratore delegato di   reti Tim-Enel: niente.
Poi si era presentano come possibile leader dei Verdi Europei: nessuno gli ha prestato attenzione.  Poi si è proposto in team con Luigi di Maio, uscito  dalle 5 stelle: fallimento elettorale.
Poi si è lanciato in un fantomatico “partito dei sindaci”: boh! Ha aspirato anche a fare il presidente della Associazione nazionale dei Comuni Italiani ma nessuno l’ha preso in considerazione, neanche il PD.
Poi si è presentato – si è promosso da sé medesimo – come federatore della sinistra, del campo larghissimo e tutti hanno scansato il pericolo.
Poi si è proposto – sempre da sé medesimo – come federatore del centro –  entità a mezzo della geometria e della metafisica – e si è preso gli sberleffi di tutti.
Con la politica non ci sa fare e abbiamo anche sperimentato che non sa fare il Sindaco. Lui non c’entra mai niente tranne quando c’è da dare  retta ai privati, ai fondi immobiliari, bancari, assicurativi. Se poi sono fondi finanziari, con “quel tipo di azionisti”  lui è pronto a fare di tutto perché ”l’interesse pubblico deve fare i conti con la sostenibilità economica di chi è proprietario delle due squadre milanesi: La realtà fattuale è che Inter e Milan sono interessate ad acquistare lo Stadio e le aree circostanti per costruire un nuovo stadio con un distretto commerciale sportivo che lo circondi e renda economicamente sostenibile il progetto”. In nessuna parte del mondo i fondi finanziari americani trovano uno così disponibile, si direbbe un tappetino.
È il sindaco più disprezzato del dopoguerra e  addirittura molti di quelli che lo hanno votato si sono pentiti. Fra l’altro il narcisismo del marchese Sala del Grillo porta con sé una accentuata sensibilità alle critiche,  che sono prese tutte come fatti personali, che ledono l’autostima e il suo senso di superiorità, il che  lo   porta a reazioni aggressive e rabbiose verso i consiglieri comunali, il che sconfina nel disprezzo del ruolo del Consiglio comunale stesso.  O verso i critici delle sue “indiscutibili” decisioni.
Forse al marchese Sala del Grillo l’unica cosa che gli rimane da fare e che potrebbe davvero fare è dimettersi, uscire di scena e questo farebbe bene a lui, al PD e soprattutto alla città. Ma il marchese oltre a voler a tutti costi compiere la missione impossibile di demolire il Meazza e di vendere a prezzo stracciato il patrimonio comunale, preferisce essere cacciato. Se va via da solo ha l’onore delle armi, quello che si riserva a chi non ha fatto bene ma ha concluso con dignità; se invece va via per cause di forza maggiore o sbattendo la porta, si porta dietro un sospiro di liberazione dei cittadini milanesi che da tempo non sopportano la sua manifesta incapacità di amare Milano e i milanesi.
A lui interessano i turisti (quelli ricchi in particolare) e i fondi immobiliari, bancari, assicurativi e finanziari. E forse il suo futuro è lì.
Il Biondo   (tratto da Il Migliorista 20/1/2025)

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