Dalla rivoluzione del mercato del lavoro alle applicazioni in sanità e pubblica amministrazione, l’IA sta trasformando profondamente la società. L’Italia è pronta a coglierne le opportunità? Un’analisi tra innovazione, regolamentazione e il futuro della formazione con il contributo di Fabrizio Antolini e il rapporto EURISPES 2024
L’intelligenza artificiale (IA) sta cambiando il mondo a una velocità senza precedenti. Non si tratta più di una tecnologia confinata ai laboratori di ricerca o ai colossi tecnologici: oggi l’IA è una realtà concreta che sta trasformando l’economia globale, ridefinendo il mercato del lavoro e aprendo nuovi scenari in settori strategici come la medicina, la pubblica amministrazione e la produzione industriale. Ma quali sono gli impatti concreti di questa rivoluzione?
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Quali sfide e opportunità ci attendono? Per rispondere a queste domande, abbiamo raccolto le analisi di Fabrizio Antolini, professore di statistica economica all’Università di Teramo, i dati aggiornati del rapporto EURISPES 2024 e le linee guida contenute nella Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, elaborata dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID).
L’IA e i settori economici: una trasformazione senza confini
Professore Antolini quali settori economici stanno registrando il maggiore impatto dall’introduzione dell’intelligenza artificiale?
“Come tutte le rivoluzioni industriali – perché di questo si tratta – l’IA coinvolge tutti i settori della società. Ad oggi risultati concreti si sono avuti nella medicina, ma siamo solo agli inizi. Il termine AI ormai è abusato, perché in realtà ci sono tanti modelli di AI. L’AI generativa, ad esempio, è molto utile nel diffondere anche concetti anche complessi in maniera sintetica. Sta diventando un supporto anche nello studio. Mi piace parlare di algoritmi, invece che di AI. Il tema di fondo anche nella medicina rimane però l’analisi dei dati. In medicina le informazioni di milioni di record sono sintetizzate nell’algoritmo e processate tramite l’AI”.
Quali indicatori statistici possono aiutarci a valutare se un paese è pronto a integrare l’IA nella propria economia?
“Indicatori sui laureati in informatica e, in generale nelle discipline STEM, ma anche le competenze acquisite nell’analisi dei dati, oppure disporre di indicatori sull’utilizzo dell’AI nei processi produttivi; pensiamo alla sanità, dove si spende molto in modo non sempre efficiente. Ci sono le file di attesa, pensate come possono essere migliorati i processi se le Aziende Sanitarie Locali avessero ingegneri informatici o statistici a gestire queste complesse realtà: analizziamo la logistica di Amazon, ed impariamo. I processi vanno ridisegnati”.
Qual è il peso delle politiche governative nello sviluppo e nell’adozione dell’IA a livello macroeconomico?
“Deve dare l’esempio. La pubblica amministrazione dovrebbe rappresentare una best-practice. Dovrebbe favorire nuove forme di welfare, dovrebbe fare in modo che i cittadini percepiscano i benefici dell’AI sulla propria pelle. Da questo punto di vista la SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione) svolge un ruolo fondamentale nella formazione dei dirigenti pubblici e deveintrodurre questa nuova visione. Importante incentivare l’iscrizione a corsi AI e di big data, anche presso Università, in modo che ci sia una formazione permanente. Ma attenzione, tutto questo deve essere fatto, non dimenticando di rafforzare la cultura umanistica. Il futuro delle competenze, sarà la miscela di entrambe queste impostazioni: creatività, visione e metodo scientifico, sono le chiavi per gestire un mondo in rapido cambiamento”.
Come si possono misurare gli effetti dell’IA sulla sostenibilità economica e ambientale?
“Raccogliendo e processando dati. Tra qualche tempo saremo in grado di prevedere molti fenomeni che adesso sembrano non prevedibili. Ma attenzione serve sempre la visione. Senza di quella si rischia di perdere la direzione e ridurre la previsione a black box”.
Ci sono dati sulla percezione pubblica dell’intelligenza artificiale e sul suo impatto sulla qualità della vita?
“No. In Italia tolti i tecnici pochi capiscono cosa è l’intelligenza artificiale. L’indagine sulle nuove tecnologie dell’Istat dovrà essere ulteriormente rivista, come è normale che sia. La società cambia. Le indagini cambiano, perché l’informazione statistica richiesta dalla popolazione (cittadini, imprese e pubblica amministrazione) muta nel tempo”.
Come si può analizzare statisticamente il divario digitale tra individui o paesi in relazione all’accesso all’IA?
“Occorre una indagine ad hoc. Oggi quello che è certo che soffriamo di analfabetismo digitale, anche perché siamo il secondo Paese più vecchio d’Europa. Abbiamo un Dipartimento della trasformazione digitale. Fondamentale”.
L’uso dell’IA nei servizi sanitari e sociali sta già producendo risultati tangibili misurabili?
“Nella medicina, si. Siamo in grado di prevedere il formarsi di patologie, considerando aspetti genetici, stili di vita, e una certa casualità. Tuttavia, nell’erogazione dei servizi, siamo tremendamente in ritardo. Non abbiamo capito come ridisegnare i processi. Solo America, Cina e Giappone sono avanti”.
In che modo si possono misurare i rischi associati al bias negli algoritmi di intelligenza artificiale?
“Allenando bene l’algoritmo. L’algoritmo è una regola logica che filtra i dati. La regola logica la dà l’uomo. Aumentando la cultura umanistica, paradossalmente si riduce la possibilità di bias interpretativi. La realtà esiste. La sintesi offerta deve rispondere alla realtà. Un economista che non conosce quanto costa il latte, non è un buon economista. E’ un apprendista stregone”
Esistono statistiche sull’aumento di cybercrimini o violazioni della privacy con l’avvento dell’IA?
Sì, sono aumentate in maniera esponenziale. E le persone non sanno neanche quali sono i comportamenti che favoriscono questo genere di attività. C’è un terreno da arare, anche sotto il profilo dei cookie e sulla gestione della privacy, a partire dal telefonino (la nostra spia in tasca, rido naturalmente!)”
Il mercato del lavoro ha opportunità e rischi
Uno dei principali ostacoli all’adozione diffusa dell’IA in Italia è la mancanza di competenze adeguate. La domanda di esperti in intelligenza artificiale è in forte crescita, ma l’offerta di professionisti qualificati è ancora insufficiente. Questa carenza rischia di rallentare significativamente il processo di digitalizzazione e innovazione.
Per affrontare questa criticità, la strategia italiana prevede un vasto piano di formazione e riqualificazione, che partirà dagli Istituti Tecnologici Superiori (ITS) fino alle università, con un’attenzione particolare ai dottorati di ricerca. Inoltre, si punta a ridurre il gender gap nelle discipline STEM e a sviluppare percorsi formativi multidisciplinari, che coinvolgano esperti in scienze sociali, etica e diritto.
L’obiettivo è anche quello di implementare un processo di alfabetizzazione sull’IA su larga scala, coinvolgendo scuole, lavoratori e cittadini, con particolare attenzione alle categorie più deboli. L’educazione alla cittadinanza digitale e la diffusione di informazioni sulle implicazioni etiche dell’IA sono considerate essenziali per evitare un aumento del digital divide.
Secondo la Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, l’Italia dovrà implementare un forte programma di reskilling e upskilling, per riqualificare i lavoratori e garantire un loro efficace reinserimento nel ciclo produttivo. La strategia sottolinea che l’IA, se adeguatamente integrata, può migliorare la qualità stessa del lavoro, aumentando la produttività e favorendo ambienti più a misura di persona.
“Questo è un argomento non nuovo – spiega Antolini – David Ricardo, famoso economista, già nel suo saggio ‘On machinery’, descriveva la disoccupazione tecnologica. La perdita dei posti di lavoro sarà comunque compensata, ahimè, dal calo demografico. La disoccupazione nei prossimi anni non sarà un problema, il problema sarà trovare i lavoratori. Stiamo in un cambio di paradigma importante.
Ci sono esempi di paesi o settori che stanno investendo con successo nella riqualificazione dei lavoratori per evitare disoccupazione tecnologica?
“Da sempre la Germania. È uno dei Paesi più vecchi, ma più produttivi, anche se oggi soffre la crisi dell’industria automobilistica e la grande dipendenza dalle materie prime estere. La Francia ha varato un programma di investimento importante nell’AI. L’Italia si sta muovendo bene, ma purtroppo paghiamo dei vincoli di bilancio che, nonostante l’importante negoziazione portata avanti dal Governo Meloni (e con coraggio aggiungo) ci penalizza inevitabilmente per il nostro debito pubblico. Il servizio sul debito (gli interessi pagati sul debito) condiziona pesantemente le scelte di politica economica. È questa la ragione per la quale il Governo ha imposto una linea di rigore. Guardiamo in Francia cosa sta succedendo, i mercati stanno penalizzando l’andamento dei tassi in questo Paese”.
Start-up, Innovazione e Futuro dell’IA
L’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi europei per numero di start-up specializzate in IA, e la strategia nazionale prevede di colmare questo divario creando laboratori tematici in IA applicata, in collaborazione con università e imprese. L’obiettivo è incentivare la ricerca e favorire il trasferimento tecnologico attraverso un ecosistema di facilitatori supportato dalla Fondazione per l’Intelligenza Artificiale e altre realtà del settorecome FAIR, Chips.IT e AI4Industry.
Parallelamente, l’IA sta evolvendo rapidamente e, tra le tecnologie più rivoluzionarie, l’IA generativa sta trasformando radicalmente settori come il marketing, il design e la creazione di contenuti digitali. Strumenti avanzati come ChatGPT, DALL-E e Midjourney stanno ridefinendo il modo in cui aziende e professionisti interagiscono con i dati e producono innovazione. In Italia, alcune realtà stanno già integrando l’IA generativa nei loro processi produttivi, sfruttandone il potenziale per migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di sviluppo.
Tuttavia, è essenziale considerare il contesto globale e competitivo dell’IA. Mentre Stati Uniti e Cina dominano il settore con ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, paesi come Francia e Germania hanno implementato strategie mirate per rendere l’IA un pilastro della loro crescita economica. L’Italia, pur muovendosi nella giusta direzione, deve colmare il divario investendo maggiormente in innovazione e formazione.
Professore Antolini siamo pronti a cogliere i benefici dell’IA senza trascurare i rischi?
“La vita è fatta di rischi e benefici, ma non si può rinunciare al progresso per paura delle sfide. L’intelligenza artificiale deve essere uno strumento al servizio dell’uomo, non il contrario.”
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Giornalista, autrice e conduttrice tv ha prodotto per quasi un decennio un noto programma televisivo sull’arte e la cultura in Sicilia, Profile Magazine tv.
Scrive per diverse testate ed è stata Direttore Responsabile di CulturaIdentità.
Oggi è Coordinatore Nazionale e responsabile della comunicazione dell’Unione Nazionale Vittime(UNAVI).