Intervista di Milano Today al cantautore milanese. “Io della Gintoneria ho letto solo su social e giornali, non ci sono mai andato e non so nemmeno cosa e dove sia, ma resto assolutamente sconcertato“
Enrico Ruggeri, in vista della presentazione del suo nuovo album La Caverna di Platone, riflette su Milano, città in cui vive e lavora da sempre, ma con cui ha un rapporto complesso e contraddittorio. Il nuovo disco, come spesso in passato, attinge dalla storia e dalla realtà milanese, raccontando episodi dimenticati. Tra i brani dell’album spicca La Bambina di Gorla, una ballata che rievoca il tragico bombardamento del 1944, in cui persero la vita 184 persone, per lo più bambini di una scuola elementare.
L’autore analizza anche i cambiamenti di una città in cui ora fatica a riconoscersi.
Descrive Milano come un luogo di contrasti: da un lato, il lusso degli aperitivi e la vita notturna alla moda, dall’altro, l’emarginazione e la tragedia dei senzatetto e le code dei ludopatici fuori dalle agenzie di scommesse.
L’artista esprime preoccupazione per la deriva violenta e irrazionale che sta prendendo la città “Milano nel bene e nel male è un punto di riferimento nazionale e forse anche per questo una determinata deriva andrebbe letta con attenzione, e una certa preoccupazione. La città sta prendendo una brutta piega. C’è una violenza gratuita, folle e improvvisa con la quale dobbiamo fare i conti sempre più spesso. E che francamente non capisco e mi spaventa”.
Pur non essendo un moralista, Ruggeri si dice colpito da certi avvenimenti, come quelli legati alla Gintoneria. Non c’è mai andato e ne ha letto solo su social e giornali, ma questo genere di notizie lo lascia assolutamente sconcertato. Come lo turba anche quello che gli racconta il figlio diciannovenne: tensioni e risse improvvise che esplodono per un nonnulla e che caratterizzano la vita giovanile milanese.
Ruggeri poi non risparmia critiche all‘insensata gestione di Milano, che da un lato è la città di eventi internazionali come l’Expò e le Olimpiadi, ma dall’altro impone limiti paradossali, come il divieto di superare i 30 km/h in circonvallazione. Una contraddizione che, secondo lui, riflette l’assurdità di una metropoli che fatica a conciliare modernità e quotidianità.
Anche il politically correct sta diventando un ostacolo, pretendendo di etichettare come moralista chi chiede più controllo e sicurezza, mentre in realtà tutti, anche moltissimi immigrati da Africa e Sudamerica, desiderano una città più sicura e vivibile.
E’ assolutamente urgente affrontare il problema sicurezza, l’autore evidenzia infatti come gli ultimi mesi siano stati segnati da gravi episodi di cronaca a cui si rischia di abituarsi. Secondo lui, Milano sta assumendo una piega preoccupante, e vivere nella paura non è accettabile. “Vorrei meno parole, più concretezza, più fatti, più attenzione, una maggiore sensibilità nei confronti delle persone, tutte. – sottolinea -E non solo quando si va a votare. Ma non credo di dire nulla di nuovo e nemmeno nulla di diverso rispetto a quello che pensa la stragrande maggioranza delle persone che vivono e lavorano qui”.
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