Per i femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare. C’è bisogno di più educazione sessuale ed educazione affettiva. C’è bisogno che si comprenda il significato della parola consenso, e che questa parola diventi centrale e non opzionale. E’ importante che chi denuncia sia creduta, protetta e sostenuta. E’ indispensabile che gli uomini si assumano la responsabilità, non solo di aver commesso un reato, ma anche di ammettere che esiste un problema nella percezione di come questa società definisce la donna. C’è bisogno che le istituzioni si mettano in discussione e mettano in discussione l’intera struttura sociale ed educativa per bloccare questo fenomeno.
Sara Campanella a Messina e Ilaria Sula a Roma sono solo le ultime due ragazze che a distanza di poche ore sono state vittime di femminicidio. Il momento del dolore, com’era accaduto per Giulia Paganelli e Giulia Cecchettin un anno fa, spinge a delle riflessioni e delle azioni che restano però marginali.
La violenza sulle donne è un fenomeno strutturale e culturale
La violenza sulle donne, che ne dicano, è un fenomeno antico, che risale ancora prima dei nostri nonni, ed è un fenomeno strutturale e culturale che purtroppo è difficile da sradicare nella società odierna. Davanti a fenomeno complessi e di questa portata è difficile trovare un’unica soluzione come sola ed unica risolutiva. Per questo motivo è fondamentale che la società nel suo insieme, fatta da donne e uomini, istituzioni politiche e sociali, grandi e anziani collaborino attivamente per un approccio che non deve essere emergenziale e circondato al singolo evento, bensì deve diventare un approccio strutturale, politico, sociale e culturale quotidiano.
Il lavoro dei centri antiviolenza
Sì perché i lavori e i progetti che portano avanti i Centri antiviolenza, i consultori, le associazioni sono ad oggi gli unici lavori a livello sociale. Ma non possono lavorare da sole, perché per inglobare tutti all’interno della società serve che le istituzioni politiche e culturali – come la scuola anzitutto – si facciano carico della responsabilità maggiore per portare questi progetti e queste associazioni all’interno delle scuole, tra i banchi, nelle menti dei più piccoli fino a quelli più grandi. Non esiste un età per l’educazione emotiva, affettiva e sessuale. Deve essere un momento di crescita che parte dall’età della comprensione.
Non si può più sentire “educate le vostre figlie, dite loro di denunciare, di dirlo alle amiche, di capire i primi segnali”. Non può essere così. Deve essere “educate i vostri figli, insegnate loro che no significa no, che le donne non sono una proprietà e che non si hanno poteri su di esse”.
L’educazione emotiva e sessuale parte dalle scuole e dalle famiglie
Oggi più che mai si devono dare veri strumenti. L’educazione affettiva, emotiva, di genere, l’educazione civica, la conoscenza dei dispositivi digitali e social, l’educazione sessuale devono essere tutte materie inserite di base all’interno delle scuole. Si devono definire i percorsi di formazione anzitutto agli insegnanti e alle istituzioni politiche, e successivamente alle bambine e ai bambini dalle scuole elementari, ai ragazzi e alle ragazze, dalle scuole medie alle scuole superiori. Nelle università, ma anche negli uffici, perché è indispensabile una rivoluzione del pensiero, ed è una questione che riguarda il modo che l’intera società ha sul concetto di educazione affettiva.
Netflix proietta il disagio dei ragazzi dentro “Adolescence”
Nella serie sulla piattaforma Netflix, Adolescence, che ha sbancato come migliore serie britannica si affronta un tema delicatissimo, affrontato da un prodotto culturale di largo consumo e forse è una serie che tutti dovrebbero vedere per avere uno squarcio sul mondo della misoginia online, della mascolinità tossica, della disconnessione emotiva e della radicalizzazione degli adolescenti di oggi sul web. Oltre al disagio adolescenziale, la serie Netflix descrive l’impotenza e l’inadeguatezza dei genitori e delle istituzioni tra tutte la scuola, di fronte a giovani che sono mentalmente più lontani che mai, che non sanno relazionarsi e che trasformano la loro solitudine in rabbia e la rabbia in violenza ed isolamento. L’era digitale impone che si trovino nuovi strumenti e nuovi metodi per la ricerca dell’identità di ciascun ragazzo e ragazza fin dall’adolescenza. E bisogna iniziare subito.
L’attivista Celeste Costantino, ha scritto ieri sulla Stampa «se vogliamo essere serie e seri, dobbiamo abbandonare per sempre ogni ipotesi di riforma a costo zero. Sono inapplicabili le proposte di legge che, dopo premesse e indirizzi, terminano con la formula “senza oneri per lo Stato”: la formazione ha dei costi, la battaglia contro la violenza di genere non può essere solo di principio»
In questi giorni sono state avviate manifestazioni di protesta tra Milano, Roma, Messina e Palermo.
Nei prossimi giorni ne sono previste altre un po’ in tutt’Italia:
Venerdì 4 aprile:
- Pisa – Piazza Garibaldi – 20.30
- Torino – Murazzi – 21.00
- Padova – Piazza Garibaldi – 19.00
- Treviso – Piazzetta A. Moro – 19.30
- Pescara – Piazza Muzii – 20.00
- Bari – Piazza Umberto – 17.00
- Cuneo – Duomo Via Roma – 21.00
- Verona – Piazza Bra, Palazzo Barbieri – 19.00
- Genova – Campetto – 21.00
Sabato 5 aprile:
- Locri (RC) – Piazza dei Martiri – 9.30
- Catania – Piazza Stesicoro – 18.30
- Rimini – Via IV Novembre 40 – 10.30
Sabato 12 e Domenica 13 aprile:
- Genova – Assemblea nazionale del movimento Non Una Di Meno, presso Palazzo Ducale.
Nel frattempo la rete dei centri antiviolenza D.i.Re ha attivato un servizio di ascolto disponibile dal lunedì al venerdì, dalle 12:00 alle 16:00, per offrire supporto e risposte concrete in modo anonimo e gratuito. Si può accedere alla chat negli orari e nei giorni indicati scrivendo qui.
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Se hai bisogno di aiuto o sostegno qui c’è l’elenco di tutti i numeri telefonici dei centri antiviolenza della rete D.i.Re. È anche possibile chiamare il numero antiviolenza e stalking 1522, gratuito, attivo 24 ore su 24 con un’accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. In entrambi i casi si riceveranno indicazioni da persone che hanno l’esperienza e la formazione più completa per occuparsi di questa questione. È anche possibile, di fronte a una situazione di emergenza, chiamare i carabinieri o la polizia al 112.