L’11 aprile si è tenuto presso l’Istituto Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi un convegno dal titolo “Intelligenza artificiale, anziani e fragilità. Una sfida per la nostra umanità”. Un evento che ha messo in dialogo il mondo della cura, della tecnologia e della cittadinanza attiva, con l’obiettivo di riflettere sul ruolo dell’innovazione nel prendersi cura delle persone più fragili.
Organizzato dalla Fondazione Don Gnocchi insieme a MI’mpengo, Lions Distretto 108 IB4, Fondazione Pensiero Solido e Amici di Don Palazzolo, il convegno ha rappresentato un’occasione concreta di alleanza tra competenze diverse, in un tempo in cui la solitudine cresce e la coesione sociale si indebolisce.
Al centro della discussione, il potenziale dell’intelligenza artificiale nell’assistenza agli anziani: una sfida che, se affrontata con consapevolezza, può rafforzare i servizi e migliorare la qualità della vita.
Tra i relatori: Cristina Messa, Ruben Razzante, Giuseppe Barbalinardo, Antonio Troisi, Rossella Vitali, Vito Santo Pietraforte, Carmelo Ferraro, Antonio Palmieri e Antonio Barbalinardo.
«Abbiamo bisogno di una rete viva – ha affermato Carmelo Ferraro, presidente di MI’mpengo – fatta di persone, famiglie, volontari, professionisti della cura, tecnologi e amministratori. Anche sensori e algoritmi, certo, ma purché restino strumenti e non sostituti delle relazioni».
Continua Carmelo Ferraro: “L’intelligenza artificiale può accompagnare, supportare, persino alleviare, ma non può sostituire ciò che ci rende umani. Può migliorare l’efficienza dell’assistenza domiciliare, facilitare il monitoraggio a distanza, ricordare farmaci e appuntamenti. Ma non potrà mai restituire la carezza, lo sguardo, la pazienza di chi ti conosce da una vita. Per questo serve una rete che sia tecnologica e insieme sociale: una rete dove il “robot” ricorda la pastiglia, ma è il vicino che porta il pranzo caldo.”
“Oggi parliamo della presa in carico del soggetto con una malattia cronica -ha spiegato Cristina Messa, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi onlus- L’intelligenza artificiale ormai è tanto friendly, ma di fatto nella sanità, nella medicina dipende da un elemento fondamentale, dai dati di ciascuno di noi.
Nelle situazioni di cronicità i dati provengono dai sintomi, dall’andamento giornaliero della pressione arteriosa, dagli esami del sangue, dalle immagini delle radiografie. Questi dati vengono analizzati da un sistema che ha imparato a farlo grazie alle indicazioni che gli abbiamo dato noi”. Un sistema che ci permette di capire come la persona risponderà a certe situazioni, che permette una predittività secondo i comportamenti del paziente.”
E in chiusura del suo intervento Ferraro ha lanciato una riflessione l: «E se fosse proprio l’IA, con tutti i suoi limiti, a ricordarci quanto sia insostituibile la presenza umana? Se ci costringesse a rimettere al centro ciò che avevamo dimenticato: la relazione, il legame, la fragilità condivisa?».
Il convegno si è proposto come primo passo verso un patto civico per un uso etico e inclusivo della tecnologia. Un modello che nasce a Milano, ma che guarda oltre, verso altre città e comunità.
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