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Il Papa delle periferie, non delle passerelle

Milano

In occasione del funerale del Santo Padre raccogliamo e pubblichiamo la riflessione di Franco Vassallo, da sempre a fianco degli ultimi.

“Ci siamo svegliati con un vuoto che si sente forte, anche se era temuto. Papa Francesco ci ha lasciati. E in attesa delle immagini del funerale, tra capi di Stato, cardinali e telecamere, a noi viene da pensare a tutt’altro. Alle periferie. Ai margini. A quelle persone che Francesco ha guardato in faccia, con dignità e senza filtri. E che oggi, probabilmente, lo piangono in silenzio, lontano dalle luci di San Pietro.

Il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” – come disse lui stesso – ha spostato il centro del mondo. Non più i salotti ovattati del potere, ma le baracche di Buenos Aires, i cortili delle case popolari, i volti segnati della gente dimenticata. Francesco non parlava di povertà, la attraversava. Non parlava ai migranti, camminava con loro. Inoltre, non costruiva eventi, ma relazioni. Non portava solo la sua voce, portava le orecchie per ascoltare.

Altro che selfie con il Papa, altro che comparse da campagna elettorale. C’è chi oggi si dice “ossessionato” da Francesco, ma lo abbiamo visto poco – troppo poco – sui luoghi dove il Papa avrebbe voluto vederci tutti: tra i senzatetto, nei centri d’accoglienza, nelle scuole di periferia dove i sogni costano fatica. Non bastano le citazioni tirate fuori a comando. Non bastano le frasi incorniciate negli uffici. Francesco andava capito. E, soprattutto, seguito.

È stato il Papa delle periferie non solo geografiche, ma esistenziali. Dove ci sono solitudini, disagi, assenze. Dove la Chiesa rischiava di arrivare tardi, o peggio, non arrivare affatto. Lui no. Lui c’era. Senza sfarzo. Senza protocollo. Con la sedia a rotelle, se serviva. Con il fiato corto, ma il cuore sempre pieno.

Ecco perché oggi non vogliamo ricordarlo solo tra le autorità in prima fila. Vogliamo ricordarlo tra chi ha amato davvero. Un uomo che ha fatto della tenerezza un linguaggio politico, e della misericordia una scelta concreta. Che ha provato a cambiare la Chiesa non a colpi di decreti, ma a partire dalle fondamenta, dove ci sono gli ultimi, gli scartati, quelli che non vengono mai invitati da nessuna parte.

Se c’è un’eredità da raccogliere, non è nei titoli roboanti ma nei piccoli gesti quotidiani. Nelle visite non annunciate. Nei pasti condivisi senza fotografi. Nell’abbraccio a chi nessuno voleva abbracciare.

Papa Francesco è stato questo. E se oggi non c’è, tocca a noi smettere di parlare di lui, e iniziare finalmente a imitarlo. Per davvero, però.”

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