Se l’Italia è osservata speciale sul rispetto dei parametri e se la Francia rompe sull’austerità, anche altri paesi europei presentano conti pubblici non in linea. Ecco una rassegna degli squilibri più rilevanti a livello continentale
1. Irlanda – È ancora aperta la procedura per deficit eccessivo, quest’anno dovrebbe chiudere con un 4,8% rispetto al Pil per poi scendere al 4,2% nel 2015. Ma l’anno scorso il deficit era ancora al 7,2 per cento. Il Paese è uscito a dicembre da un piano di salvataggio internazionale da 67,5 miliardi di euro. E si sta riprendendo dopo gli anni di prostrazione seguiti allo scoppio della bolla immobiliare – la crisi che fece collassare il sistema bancario e costrinse l’Irlanda a chiedere aiuto alla comunità internazionale. La disoccupazione è calata al 12 per cento. Il Pil, trainato dall’export, dovrebbe registrare, secondo le stime, un incremento annuo del 3 per cento.
2. Spagna – Dopo il disastro dei conti pubblici con il deficit schizzato sopra al 10% nel 2012, l’Europa ha di fatto commissariato il governo spagnolo concedendo in cambio due anni in più, fino al 2016, per il risanamento del bilancio. Nonostante i tagli alla spesa e le manovre del governo conservatore il deficit spagnolo resta ancora al 5,6% del Pil. Il debito pubblico, che nel 2007 valeva poco più del 36% del Pil, ha raggiunto i mille miliardi di euro, pari al 99,4% del Pil. E nel 2015 supererà la soglia simbolica del 100% del Pil. La Spagna nel secondo trimestre è stata l’unica tra le grandi economie dell’Eurozona a crescere e dovrebbe chiudere il 2014 sopra l’1 per cento. Con effetti positivi anche sul tasso di disoccupazione che resta comunque vicino al 25%.
3. Portogallo – Il governo conservatore di Pedro Passos Coelho, con pesanti misure di austerity ha dimezzato il deficit pubblico dal 9,8% al 4,9% in tre anni, arrivando nel 2013 al surplus corrente, il primo degli ultimi vent’anni. E allo stesso tempo, ha realizzato alcune riforme tra le quali la più importante ha portato, sull’esempio della Spagna, una maggiore flessibilità sul mercato del lavoro. Lisbona potrebbe chiudere il 2014 – sono stime della Commissione europea – con una crescita del Pil superiore all’1,2% per arrivare all’1,5% nel 2015. Il Portogallo, salvato dal default da un prestito internazionale di 78 miliardi di euro a metà 2011, è forse il Paese che ha assecondato con maggiore applicazione – superando anche le turbolenze politiche interne – le indicazioni della troika Ue-Bce-Fmi.
4. Francia – Il governo francese rifiuta di adottare nuove misure di austerità e prevede, nella legge di bilancio per il 2015, un deficit che quest’anno si attesterà al 4,4% del Pil, l’anno prossimo si restringerà al 4,3%, nel 2016 scenderà al 3,8% e solo nel 2017 andrà al 2,8%, cioè sotto il tetto del 3 per cento. In precedenza Parigi si era impegnata a scendere sotto il 3% fin da quest’anno. «Abbiamo preso la decisione di adattare il passo di riduzione del Pil – ha detto il ministro delle Finanze, Michel Sapin – alla situazione economica del paese». «La nostra politica economica – ha aggiunto non sta cambiando, ma il deficit sarà ridotto più lentamente del previsto a causa delle circostanze economiche». Il Pil dovrebbe crescere dello 0,4% quest’anno e dell’1% nel 2015.
5. Slovenia – La massiccia e urgente ricapitalizzazione delle maggiori banche slovene alla fine dell’anno scorso ha influito pesantemente sui conti pubblici: il deficit nel 2013 è schizzato al 14,7% del Pil. Senza gli interventi straordinari per il salvataggio delle banche il disavanzo sarebbe stato del 4,4% del Pil. Quest’anno il deficit dovrebbe attestarsi al 4,3% del Pil ma il debito è già salito sopra l’80 per cento. Con Italia e Croazia è sotto la lente della Commissione europea anche per gli squilibri macroeconomici eccessivi dovuti al debito pubblico eccessivo e alla bassa competitività.
6. Croazia – A pochi mesi dall’ingresso nell’Unione, nel giugno del 2013, per la Croazia è scattata la procedura per deficit eccessivo. L’economia del Paese balcanico si è contratta per cinque anni consecutivi, il tasso di disoccupazione vicino al 20% sta creando gravi tensioni sociali, il reddito pro capite è pari alla metà della media comunitaria, il quadro politico resta fragile. Ma Boris Vujcic, il governatore della Banca centrale croata afferma che «il peggio è passato». La Croazia vive di riflesso le grandi difficoltà della Ue: scarsa produttività, scarsa crescita, squilibri di bilancio. Il governo socialdemocratico ha promesso a Bruxelles che entro il 2016 il disavanzo pubblico oggi al 5% del Pil verrà portato sotto il 3 per cento. Serviranno altre, pesanti misure di austerity in un’economia che anche quest’anno è prevista in contrazione.
7. Polonia – Già quest’anno la Polonia potrebbe chiudere con un surplus di bilancio dopo il deficit al 4,3% del Pil registrato nel 2013. Da quando è entrata nell’Unione europea, nel maggio del 2004, il Pil polacco è cresciuto del 49% e le esportazioni sono più che triplicate. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 20% al 10,3 per cento. L’economia polacca è passata indenne attraverso la crisi finanziaria internazionale e ha vissuto quasi da spettatore le difficoltà dell’Eurozona. Il governo conservatore scommette su un aumento del Pil del 3,3% nel 2014 e del 3,8% nel 2015, il ritmo più elevato in tre anni, nonostante le turbolenze nella vicina Ucraina.
Luca Veronese (Il Sole 24 ore)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845