Milano 28 Luglio – La sentenza della Cassazione sull’Ici riguardante gli istituti scolastici cattolici di Livorno ha introdotto un nuovo principio fiscale, estremamente opinabile, secondo cui essi vanno tassati, anche se le rette che essi fanno pagare sono inferiori ai costi sostenuti e anche se gli enti che gestiscono quelle scuole sono soggetti non profit, perché essi realizzano un incasso che potrebbe eventualmente pareggiare il costo.
Si è violato così, il principio per cui per «fine di lucro» si intende il fatto che la somma incassata vada a qualcuno come utile, non il mero incasso, che può pareggiare il costo o superarlo per raccogliere mezzi per sviluppare l’attività non profit. Io trovo, in questa sentenza, anche una violazione del principio della Costituzione Italiana secondo cui Stato e Chiesa Cattolica sono, ciascuno, nel loro ordine, sovrani; che implica che spetta alla Chiesa, non allo Stato, stabilire quando una sua attività ha natura religiosa. Quindi se la Chiesa ritiene che una sua attività educativa rientri nella sua missione religiosa e ciò non appare una interpretazione aberrante, lo Stato italiano lo deve accettare. Non lo scrivo da un punto di vista religioso, ma in base al principio dello stato di diritto in cui pacta sunt servanda , i patti vanno rispettati. Questa norma non comporta solo un terremoto fiscale per gli istituti scolastici cattolici e le relative scuole di infanzia ed asili nido, per una cifra compresa fra 500 milioni e 700 milioni annui, per l’Imu. Comporta anche un più vasto e imprecisato terremoto fiscale per le altre attività di culto e religione cattoliche e per tutti i soggetti non profit laici o di altre religioni per le attività che la legge ha definito come di utilità sociale e quindi non soggette ad Ici e, successivamente, ad Imu. Ossia non solo quelle educative ovvero didattiche, cioè di istruzione, ma anche quelle di previdenza, assistenza, cultura, sport e ricreazione. Infatti, in base alla nuova sentenza, esse sarebbero tassabili qualora diano luogo ad incassi che pur inferiori ai costi, potrebbero, altre volte, coprirli. Se l’immobile è di proprietà dell’ente non profit, poniamo un piccolo circolo in cui si fanno incontri culturali, conferenze, mostre, qualche gita, le quote di iscrizione dei soci possono (e di solito debbono) coprire i costi, in quanto nessuno di loro si fa pagare per i servizi che svolge per il circolo. Lo stesso vale per molte attività assistenziali, che si svolgono da parte di volontari, a domicilio degli assistiti e solo parzialmente in alcuni locali dell’associazione di volontariato, che realizza alcuni incassi, per la somministrazione, a prezzo di costo e anche sotto costo, di materiali sanitari.
Lo stesso nel caso di enti non profit di sport dilettantistico che dispongano di una palestra, quando realizzi incassi per quote di soci o di sponsor. Nei primi tempi dell’Ici per il terzo settore aveva ottenuto un esonero molto ampio, che riguardava non solo fondazioni e associazioni, ma anche cooperative quando definibili come Onlus, ossia come organizzazioni di utilità sociale di istruzione, cultura, previdenza, assistenza, sport e attività ricreative. Successivamente la Commissione europea ha sostenuto che una parte di questi esoneri configuravano un aiuto discriminatorio a imprese, vietato dalle norme europee e si è introdotta la nebulosa nozione di attività esonerata qualora «non esclusivamente commerciale«. La legge istitutiva dell’Imu, nell’articolo 91 bis, introdotto frettolosamente con un emendamento, ha stabilito l’esonero degli enti non profit quando svolgono attività non commerciali. Il DL 24 gennaio 2012 n. 1 convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27 ha stabilito che le attività esonerate sono quelle dell’Ici , cioè di istruzione, cultura, assistenza, sanità, sport e ricreazione. Un regolamento ministeriale ha stabilito criteri interpretativi. La sentenza per l’Ici non è direttamente applicabile per l’Imu, ma i Comuni possono avvalersene per mandare avvisi di accertamento per l’Imu ritenendo che la Cassazione e i tribunali possano adottare per l’Imu la stessa interpretazione. E, naturalmente, per i tribunali i regolamenti ministeriali, che non sono leggi, possono esser superati da una loro interpretazione della legge. In sostanza l’Imu è, sempre più, un tormentone. E lo è anche la spending review d el governo che, a quanto pare, non si sta indirizzano alle spese, ma agli esoneri fiscali, come appunto quelli che vengono messi in discussione da questa sentenza. Si cerchi di fare chiarezza al più presto. Francesco Forte (Il Giornale)
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