Milano 3 Agosto – Anti-PCSK9: sigla enigmatica che, tradotta in soldoni, identifica una nuovissima generazione di farmaci capaci di ridurre della metà il cosiddetto colesterolo cattivo, quel colesterolo Ldl che si deposita nelle arterie e predispone a infarti e ictus. In arrivo, anche in Italia. Queste nuove molecole funzionano quando falliscono le statine, ormai in voga da molti anni (e comunque sempre efficaci, in molti pazienti) che agiscono contrastando la produzione di colesterolo da parte del fegato.
Come funzionano
Perché se è vero che il colesterolo si trova in molti alimenti (formaggi e insaccati, per esempio) e aumenta nell’organismo come conseguenza di una dieta ricca di questo grasso, è altrettanto vero che viene anche prodotto dall’organismo stesso, a volte per difetti genetici (si chiamano ipercolesterolemie familiari). Quindi, per combattere il colesterolo prima si consiglia la dieta, poi le statine e, se i livelli nel sangue rimangono molto elevati, da ora in poi si potrà ricorrere a questi nuovi farmaci. Gli anti-PCSK9 appunto.
Sono anticorpi monoclonali e funzionano perché bloccano un enzima che impedisce all’organismo di eliminare l’Ldl, il colesterolo cattivo (l’Hdl, invece, o colesterolo buono, aiuta a proteggere le arterie) e lo riducono, appunto, del 50 per cento. A differenza delle statine, però, devono essere somministrati per iniezione (una o due volte al mese a seconda del tipo di farmaco) e non per bocca.
Al momento se ne contano tre in corsa per arrivare sul mercato. E così si è scatenata la «guerra delle aziende» come ha appena raccontato il quotidiano francese Le Monde. Anche perché stanno scadendo i brevetti delle statine e il business nel campo degli anticolesterolo dipende da questi nuovi farmaci che saranno protagonisti al prossimo congresso europeo di cardiologia (l’Esc) in programma a Londra a fine agosto.
In pole position ci sono l’alirocumab dell’azienda francese Sanofi (che ha appena ottenuto l’autorizzazione alla commercializzazione negli Usa da parte della Fda, l’ente americano per il controllo dei farmaci, e dell’Ema, l’analogo europeo) e l’evolocumab dell’azienda americana Amgen (appena approvato in Europa e prossimamente negli Usa), e un terzo, dell’americana Pfizer , il bococizumab. Entro un anno i primi due dovrebbero essere disponibili anche in Italia.
Ora gli studi per capire su chi funzionano meglio
Ma non saranno indicati per tutti coloro che hanno il colesterolo alto: si attendono le indicazioni, caso per caso, delle autorità. E così la partita si gioca sugli studi clinici che dovranno dimostrare in quali pazienti questi farmaci funzionano meglio non solo nel ridurre il colesterolo, ma anche nel diminuire la mortalità per malattie cardiovascolari. E dovranno dimostrare la sicurezza per gli effetti collaterali.
«Gli studi dimostrano che questi farmaci hanno un profilo di sicurezza migliore delle statine – commenta Alberico Catapano, presidente dell’European Atherosclerosis Society – perché non hanno effetti negativi su muscoli e fegato. Sono farmaci innovativi e molto interessanti, ma ancora da studiare. Per ora non possono essere considerati un’alternativa alle statine, ma un’aggiunta». Poi, come sempre, c’è il problema legato alla questione dei prezzi: i nuovi anticolesterolo costano cento volte più delle statine. Gli studi di farmaco-economia dovranno stabilire se il loro costo vale il beneficio nel ridurre la mortalità per malattie cardiovascolari.
Adriana Bazzi (Corriere Salute)
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