Marò: la consolazione della voce grossa

Approfondimenti Esteri

Milano 12 Agosto – E alla fine gliele abbiamo cantate, all’India. Per bocca dell’ambasciatore Francesco Azzarello, davanti alla corte di Amburgo, abbiamo elencato tutte le colpe dell’India, a cominciare dall’aver limitato per tre anni e mezzo la libertà di due cittadini italiani in divisa senza mai esprimere nei loro confronti un capo d’imputazione, senza un rinvio a giudizio, eterni indiziati. Meglio tardi che mai, viene da dire: si è fatto oggi quello che forse poteva essere fatto tre anni e mezzo fa quando accettammo che la petroliera Lexie facesse rotta sul porto di Kochi, quando tollerammo che due uomini in divisa scendessero da una nave che è territorio italiano in stato d’arresto.

Poteva essere fatto quando, in Italia per un permesso elettorale, il governo Monti annunciò che vi sarebbero rimasti, salvo poi innestare una marcia indietro non si sa se più vergognosa o ridicola. Lo abbiamo fatto adesso – e anche al governo Renzi spetta la porzione di un anno di ritardo, perso in un negoziato tra sordi e muti – nel momento più sfavorevole, perché uno dei due fucilieri di marina è bloccato nell’ambasciata di Nuova Delhi. «Ostaggio», ha detto giustamente l’ambasciatore. (…)

È proprio questo il tema centrale del dibattito davanti alla Corte di Amburgo, destinato a durare qualche settimana: la rinuncia dell’India a esercitare potestà giuridica su Salvatore Girone, l’accettazione che possa liberamente tornare a casa o, su indicazione del Tribunale, essere consegnato, almeno, a un Paese terzo, risiedere in qualche sede diplomatica italiana in Germania o in Olanda. Il resto ha a che vedere con il procedimento indiano, con la pretesa di continuare quell’istruttoria senza fine e senza costrutto che non è riuscita a produrre non diciamo un processo, ma neanche un dossier accusatorio attorno all’accusa, infamante e mai dimostrata, che i due marò abbiano sparato contro due pescatori inermi e un peschereccio inoffensivo. Ci aspettano due o tre settimane che decideranno la sorte provvisoria di Salvatore Girone, e la legittima permanenza in Italia di Massimiliano Latorre. Poi, ci vorranno almeno due o tre anni per sapere davanti a quale tribunale potranno difendere, in punta di fatto, l’innocenza che hanno sempre protestato. Ma, tardi e per una volta, abbiamo la magra consolazione di non averle mandate a dire al Paese grande e amico che per più di tre anni ha fatto quel che voleva.

Toni Capuozzo (Il Tempo)

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