Milano 26 Ottobre – Con una sinistra di governo che non sa fare di meglio della cattiva imitazione di un governo di destra e che, dopo la scomparsa del comunismo internazionale e la dissoluzione dell’Unione sovietica, è alla ricerca di un’identità culturale alternativa e sostituiva del marxismo-leninismo e di un ubi consistam per catturare l’elettorato moderato, si è aperto uno spazio per il berlusconismo.
La sinistra la smetta, con Renzi, di promettere riforme, compresa la riduzione della pressione fiscale, che poi non fa. Le faccia sul serio queste benedette riforme! Sul fronte berlusconiano, ci sarebbe ugualmente bisogno di una forte cultura liberale che individuasse e proponesse «una certa idea dell’Italia» contraria allo statalismo e al dirigismo egemoni e capace di inserire il nostro Paese fra quelli capitalisti e di mercato dell’Occidente. A destra, la concentrazione della leadership in una sola persona, invocata a ogni elezione per vincerla, e l’esclusione degli intellettuali che, nel 1994, avevano aderito a Forza Italia e individuato in Berlusconi il proprio leader, ha svuotato il berlusconismo (ora sostituito, trasformisticamente da sinistra col renzismo) eliminando ogni ipotesi di alternativa liberale. Così il sistema politico si è ridotto a una perenne vigilia elettorale priva anche solo di una parvenza di cultura degna di un Paese occidentale.
Dalla tv e dalla lettura dei giornali, l’Italia appare senza uno straccio di proposta alternativa a quella della sinistra orfana dal Partito comunista. È l’effetto della crisi culturale in cui è piombata l’Italia, la cui scuola programmaticamente dominata da reduci ex comunisti, non ancora definitivamente postcomunisti, non ha prodotto una credibile classe dirigente. Il Pci, entrato in crisi con la dissoluzione dell’Urss e la scomparsa del comunismo internazionale, ha generato una classe dirigente priva di una decente identità che non sia il rimpianto dello Stato guida da imitare.
Il berlusconismo si era ridotto all’anticipazione del renzismo, promettendo riforme che poi non aveva fatto, e limitandosi alla leadership personale del suo fondatore, che è imprenditore capace, ma come uomo politico è troppo fragile; da destra, Berlusconi lo si invoca alla vigilia di ogni elezione, come il leader che la farà vincere, ma palesemente anche non in grado di promettere un governo culturalmente capace. Così, la sinistra, con un’operazione trasformistica, si è inventata, con Renzi, una cattiva parodia di Berlusconi, conquistando parte del ceto medio, sempre alla ricerca dell’«uomo forte» che decida le riforme delle quali ha bisogno il Paese. Ma il renzismo sta fallendo, anche come «uomo solo al comando», soffocato dalle molte promesse non attuate, e all’opposizione c’è, anche lì, «un uomo solo al comando»; che magari fa vincere le elezioni, ma in seguito non pare in grado di proporre, in assenza di una cultura concretamente liberale, altro che la propria leadership. Di cultura politica moderna, occidentale per non dire liberale – a destra come a sinistra -, manco parlarne. Il Paese regredisce, il renzismo propone riforme che non fa e una leadership personale, vagamente autoritaria, che assomiglia troppo al mussolinismo del ’22 per non inquietare.
Caro Berlusconi, se lo lasci dire da chi non vota né a destra né a sinistra, perché non ci vede alternative appena appena credibili: da imprenditore di successo, immagini che l’Italia sia una sorta di grande televisione; imponga la sua leadership solo per far nascere una classe dirigente e le lasci da dirigere Forza Italia e, magari, domani, il governo. Come imprenditore, lei è naturalmente un accentratore e, a quanto credo di aver capito, anche sufficientemente vanitoso da non lasciare spazio a nessuno. Ma in politica l’accentramento in una sola persona della capacità di leadership, per non parlare di quella di governo, è fragile e persino dannosa, come già si è visto. Non le suggerisco di farsi da parte, ci mancherebbe; solo di fare tesoro della sua felice esperienza e delle sue indubbie capacità imprenditoriali per creare una classe dirigente degna di questo nome. Non prometto di votare Forza Italia, ma almeno avrei un po’ più di fiducia nel mio Paese.
Piero Ostellino (Il Giornale)
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