Milano 28 Ottobre – All’inizio erano notizie incontrollate e sporadiche: un anno fa, secondo il centro di ricerca svizzero Ojnfor, “cristiani stranieri stanno combattendo in Siria al fianco delle che hanno il compito di contenere l’espansione dell’Isis”. Il Centro indicava l’esistenza di un gruppo di cristiani europei volontari , i “Sotoro” guidato da un ex caporale dell’esercito svizzero di nome Johan Kosar. La stampa multiculturale minimizzò. Mercenari ? Fanatici ? Controinformazione russa?
Besim Atbalgim del Centro culturale mesopotamico di Locarno conferma ora che «una decina, forse una ventina di giovani» partiti dall’Europa «stanno difendendo il popolo cristiano in Siria. Quando torneranno a casa non vogliamo che vengano trattati come mercenari». E’ un po’ poco per parlare di “milizie cristiane”.
Sono stati gli sciiti libanesi di Hezbollah a scoprire il serbatoio dei giovani cristiani, drusi e sunniti nell’est del Libano, da mandare a combattere contro i jihadisti dello Stato islamico. Da un anno miliziani di Hezbollah propongono ai giovani del nord e dell’ovest della Valle della Bekaa di arruolarsi nelle ‘Brigate della Resistenza‘ e offrono armi e addestramento “per contrastare la minaccia dell’Is e dei suoi affiliati”.
“Il nostro destino è comune e dobbiamo combattere insieme” è lo slogan che gli sciiti stanno usando per convincere i seguaci di altre fedi a combattere con loro. Alcune delle reclute ricevono addestramento direttamente dai Guardiani della Rivoluzione iraniani. Secondo an-Nahar, un quotidiano libanese,ad allettare i giovani libanesi sarebbe però soprattutto il salario promesso, tra i 1.500 e i 2.500 dollari
Riad Yar Bkrli, membro del partito di opposizione turco Assyrian organization, ridimensiona la presenza di questi combattenti e accusa alcuni siti di informazione turchi e occidentali di voler implicare anche i cristiani nella guerra in Siria. “Da tempo – afferma – i giovani cristiani del nord est del Paese si sono organizzati in gruppi di chiamati Sotoro, che in siriaco significa protezione, ma il loro compito è soprattutto quello di proteggere i villaggi, non di compiere operazioni di guerriglia”.
«Da 2 mila anni a questa parte abbiamo imparato che, senza combattere, in Medio Oriente non sopravvivi. Basta scappare. La nostra gente si è organizzata per difendersi con l’aiuto di giovani europei provenienti da Svizzera, Germania e pure Svezia» ribatte il cristiano di origine turca Lahdu Obil, in un fluente italiano. A Bruxelles, dove vive, presiede l’Unione europea siriaca, formata da una dozzina di associazioni dei cristiani emigrati dal Medio Oriente.
Ma da alcuni mesi, con l’esodo di milioni di siriani, le cose stanno cambiando: sempre più volontari cristiani combattono in Siria contro l’Isis. Sono spagnoli, argentini, brasiliani. Figli di seconda generazione di emigrati cristiani libanesi e siriani.
E sono scesi in combattimento a Baiji ( una cittadina in Iraq che è stata teatro di intensi combattimenti negli ultimi 16 mesi). Baiji è stata liberata dai “tagliagole” grazie all’esercito regolare iracheno ma anche a costituende milizie cristiane, che hanno formato delle “unità di mobilitazione popolare”. Difficile distinguere la croce dalla mezzaluna sciita. Accanto a loro, a Baiji, c’erano forze paramilitari sciite sostenuti dall’Iran, i famosi “hezbollah” e i peshmerga curdi, di religione musulmana. Un fronte eterogeneo, dove si mischiano anche avventurieri, volontari cristiani spagnoli, peshmerga, ed europei mercenari. E’ in questa cittadina che hanno avuto il battesimo del fuoco le milizie della croce . Hanno trovato 19 fosse comuni dove si trovavano i cadaveri di 365 cristiani uccisi dall’Isis.
Le notizie di questi scontri incominciano a filtrare, soprattutto in Sudamerica e in Spagna, grazie alla rete : proprio una pagina su Facebook (resistencia cristiana) raccoglie le testimonianze di questi insoliti e nuovi “crociati”. “Fuerza a todos!!! Que Dios os ayude !!! Muchísimo animo y valor desde España hermanos!!”arringa Andrés Fariña Castellano, che applaude alla battaglia di Baiji:” bravo chicos.!! duro con ellos.” Rosario Quintas Alamino afferma entusiasta: era ora!!! (Enhorabuena).
Altri blog, soprattutto mediorientali , danno notizia della creazione a Qamishli di una “accademia militare” animata da cristiani siri e assiri della provincia di Jazira, denominata General Agha Petros Academy.
Ecco gli assiri raccoltisi nelle brigate Dwekh Nawsha (i sacrificatori), qualche centinaio di uomini armati pronti a prendere parte alla battaglia contro i jihadisti dello Stato Islamico per liberare la Piana di Ninive. Postano foto e video sui social network, e nella loro narrativa identitaria il riferimento al cristianesimo appare essenzialmente come corollario della propria appartenenza etnica. Tanto che nelle bandiere di quella milizia “cristiana” campeggia anche la figura del Lamassu, antica divinità mesopotamica con corpo di toro alato e testa di uomo.
Emerge dalla rete un eroe popolarissimo, il Rambo iracheno: si chiama Abu Azrael, si definisce “difensore dei cristiani”. E’ di religione sciita, e viene dal Libano. I preti locali si fanno volentieri fotografare insieme a Rambo, che partecipa alle messe nei paesini sottoposti a pulizia etnica dall’Isis, smentendo il curdo Riad Yar Bkrli: “per i cristiani che imbracciano le armi per attaccare vige la scomunica delle loro autorità religiose. Quindi è probabile che gli europei che hanno aderito alla lotta contro i terroristi, facciano in realtà parte dell’Unione democratica curda. Molti villaggi fra Aljabor e Qahtaniyah, si trovano ormai senza alcuna protezione e i curdi hanno dislocato molti miliziani stranieri in quest’area, “
In realtà, è tutto un fiorire di croci: nella provincia nord-orientale di Jazira, intorno ai centri urbani di Hassakè e Qamishli, la scelta di creare brigate para-militari riconoscibili con sigle e simboli propri è stata abbracciata soprattutto da cristiani siri e assiri. Spuntano le foto dei miliziani a messa. Carristi russi di religione ortodossa ostentano le sante icone, i soldati russi delle forze speciali russe (il battaglione la Morte Nera) solidarizzano con gli assiri cristiani, le brigate siriane “Gerusalemme” seguono le litanie cristiane insieme a volontari sudamerican. “Resistencia cristiana” documenta il crogiuolo ecumenico di fedi e sette cristiane e fedeli sciiti: tutto nasce dal basso, dai villaggi sperduti della Siria assediata dai tagliagole, dalla controinformazione medio-orientale abbandonata dai media occidentali.
Preziose foto fanno luce su quella tragedia che si vuole spesso occultare in nome del pacifismo e del multiculturalismo peloso : lo sterminio e l’espulsione dei cristiani dal medio-oriente. Guardiamo queste foto che arrivano dalla nuova chiesa del Silenzio. Già, la chiesa del silenzio: sono circa 30mila i cristiani fuggiti dalla piana di Ninive.
“Questa è la nostra ultima occasione: se fallisce allora il cristianesimo in Iraq sarà finito.”, racconta John Michael, un cittadino britannico di origini assire arruolatosi nelle milizie cristiane. Per questo gli assiri della diaspora promuovono campagne di finanziamento e raccolta fondi, in particolare negli Stati Uniti, in Australia e in Svezia, per i cristiani armati in Iraq.
Ecco gli armeni che hanno imbracciato per primi il kalashnikov ad Aleppo. Sul fronte governativo della barricata a Saidnaya, non lontana da Damasco, la milizia locale è composta da cristiani.Si fanno fotografare gioiosamente dopo la battaglia.
«Fai il segno della croce e non ti accadrà nulla. La Madonna ci protegge» sussurra un miliziano con il rosario al collo e kalashnikov a tracolla all’ingresso di Maalula, la cittadina dove si parla ancora l’aramaico.
Foto che forse qualcuno in Occidente non vuole vedere, perché troppo impegnato nel dialogo multireligioso. Meglio le fiaccolate con i locali iman. Costruttori di ponti impossibili da innalzare, perché con le fondamenta poggiate sul sangue.