Milano 28 Ottobre – Non ci sono domande e neppure risposte davanti alla morte. Perché domande e risposte sono inutili e scontate. Dopo. Dopo che la fine di una vita ha sepolto anche l’indifferenza e la cattiva coscienza di chi vedeva, percepiva…di chi, soprattutto, aveva responsabilità legali e affettive.
A Milano si può morire a nove mesi di fame. E il fatto di cronaca ha la violenza di una denuncia forte, che trascende il buon senso, la razionalità, la comune convinzione dell’amore familiare.
Non si conosce il nome della bambina. Si sa che è morta per arresto cardiaco causato da malnutrizione. Si sa che pesava solo sei chili, che aveva diverse piaghe da decubito. Non si conoscono le sofferenze, gli stenti, le richieste d’amore inascoltate. Ma non si può dire che vivesse isolata, che i genitori fossero lontani. Della situazione, riferisce il Corriere, “Non se ne è avveduto il nonno materno, che pure viveva nella stessa casa dei genitori e della nipotina. Non il medico del pronto soccorso ospedaliero, che pure si trovò a visitare la neonata 20 giorni prima che morisse, una volta tanto portatavi dai genitori per un attacco di febbre alta: e che dopo il subitaneo allontanamento dei genitori (andati via senza nemmeno attendere il prescritto esame delle urine), a una visita superficiale non ritenne di far seguire alcuna segnalazione all’autorità giudiziaria o ai servizi sociali. Non il sistema sanitario, mai domandatosi perché quei genitori non si facessero mai vedere dal pediatra pubblico in teoria assegnato loro. Non la suora, che pure un giorno aveva offerto ai genitori l’eventuale disponibilità del pediatra di un ente religioso. Non i vicini di casa, che pure si erano accorti delle cattive condizioni della bimba nella casa di quei due genitori di 41 e 37 anni: epidermicamente antipatici nella loro dichiarata volontà di non lavorare”
Nessuno insomma si è preoccupato, nessuno ha sentito il dovere morale di denunciare la situazione critica, per salvarle la vita. E le strutture preposte hanno dimostrato mancanza di attenzione, sottostimando il problema, con una superficialità inammissibile.
La condanna penale che verrà inflitta ai genitori non restituirà la vita alla piccola. L’indifferenza, la superficialità, l’egoismo non verranno puniti da un giudice, purtroppo. Ma una riflessione va fatta: è questa la società che vogliamo?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano