Milano 1 Novembre – Nacque il primo giorno di primavera, morì nel giorno di tutti i Santi. Purificata dall’amore, dal dolore, dalla poesia. Con quelle labbra innamorate, rosse di sangue, di carne, di voglia di vita. Con le unghie scarlatte a graffiare il tempo, a disegnare nell’aria sogni d’amore. Con le trasparenze di una femminilità sempre presente, rosa da sfogliare con la passione, anima da accarezzare con un sussurro.
Alda Merini e l’immensità. Negli occhi l’abisso del dolore, nelle mani il dono della sua arte.
Alda Merini e Milano. Con l’amore viscerale di un amante mai appagato. Con la tenerezza di una madre che sa perdonare. Con la gioiosità di chi assapora i silenzi e le voci e quello stare insieme, con un bicchiere di vino, a raccontare la vita, a raccontare l’amore. Per quel sottile piacere di andare per osterie “A me piacciono gli anfratti bui / delle osterie dormienti / dove la gente culmina nell’eccesso del canto..” Là dove la verità è sangue e carne, là al caffè Chimera, alla tabaccheria di via Magolfa 42, lungo il Naviglio Grande, il vicolo dei Lavandai, la Chiesa di San Cristoforo, fino alla Darsena. Un quartiere dal volto umano, popolare, che dava forza e istinto poetico ai suoi versi. Un quartiere isola in una città profondamente cambiata che non sapeva riconoscere “È morta. / La città più cara al mio cuore /Tra nuvole polvere e sbarre /Si è accasciata come un fantoccio /Che abbia perduto la testa. /Sono venuti gli Alemanni /e le briglie d’oro della poesia, /sono venuti i trionfi di Cesare,/la storia si è così confusa /che non sappiamo più /chi sono i veri pirati del male. /Eppure in questo batticuore oltraggioso /Milano non ha la sua ragione /che era il perdono alla vita /e il canto della primavera.”
Ma i frammenti di una vita scomoda, lacerata e ricomposta, profumata dal sudore della passione, luminosa di libertà, erano la sua poesia, il tormento delle tante notte insonni ad ascoltare il vento, nell’eterno sussurro del suo Naviglio “Il Naviglio mi vuole anche di notte /come lucciola appesa sui piloni, /vuole che canti le latrine e i bar fumosi /dei miei ponti e io, malgrado tutto, /canto un poeta che è risorto /dalle ceneri inermi di un peccato: /non dimentico mai questo dolore /di essere sgradita alla mia gente.”
Alda Merini e la sua Milano, casa, rifugio, anima della sua anima “E’ bellissimo tornare a Milano, di notte. Si potrebbe lasciarla per sempre solo per andare in Paradiso.”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano