Milano 10 Novembre – Domenica si è svolta a Bologna una manifestazione che ha segnato l’avvio di una nuova alleanza tra FI, Lega e FDI. Una alleanza che a noi sembra fondamentale per nutrire la speranza di liberare l’Italia dall’arroganza di Renzi.
Ma ci sono anche voci critiche all’interno di Forza Italia e noi pubblichiamo un intervento di Otello Ruggeri.
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All’inizio degli anni “90” a Bologna praticamente ci vivevo. In treno, in autostrada, lungo la via Emilia, non si contano le volte che ho percorso quel tragitto andata e ritorno. Fu proprio durante uno di quei viaggi che feci il mio primo incontro con la Lega. Accadde quando, transitando su un ponte sopra il Po, m’imbattei in una delle loro prime manifestazioni. Volevano dividere l’Italia, bloccandoli tutti. Erano uno sparuto gruppo di personaggi pittoreschi e non sarebbe successo nulla se uno di loro non avesse accennato a stracciare un Tricolore, proprio di fianco al mio finestrino. Finì come potete immaginare. Fu il momento in cui giurai a me stesso che con quella gente non avrei mai fatto politica. E quando io giuro, difficilmente in seguito spergiuro.
Non ci volle molto perché la mia prima impressione fosse confermata. Ci fu un’altra manifestazione a Milano, in cui fui nuovamente coinvolto in tafferugli per difendere la bandiera e in seguito i cinque anni dell’inutile giunta Formentini. Nulla a che fare con i disastri di Pisapia, ci mancherebbe altro, ma per tutta la consiliatura, il timore di subire attacchi o scontentare questi o quelli, indusse il sindaco non fare nulla, lasciando Milano ferma su se stessa fino al provvidenziale arrivo di Gabriele Albertini. Nel mezzo di quel quinquennio, per la prima volta si manifestò l’inaffidabilità che avrebbe poi caratterizzato tutta la oramai più che ventennale storia della Lega. Era il 17 dicembre del 1994. Passando all’opposizione, l’allora movimento di Umberto Bossi consegnò il paese alla sinistra. Lo chiamarono “ribaltone”, un episodio che probabilmente molti giovani leghisti non conoscono, ignorando così di militare in un partito la cui storia si regge su un tradimento altrettanto infame di quello dell’Alfano che oggi dileggiano.
Da allora, alla guida del partito, è cambiato un paio di volte il macchinista. Sempre per motivi di salute. Una volta fu un ictus e un’altra un pugnale alle spalle, ma la Lega è comunque riuscita a sopravvivere ai malanni dei suoi leader. Ci è riuscita fra alti e bassi, sempre cambiando alleanze a secondo dell’opportunità del momento, sacrificando più volte gli alleati agli interessi del movimento. Non si contano le volte in cui è stata pronunciata la fatidica frase “Mai più con Forza Italia” a partire da Bossi , passando per Maroni, per finire con Salvini. Poi l’arroganza del fare da sé si è sempre scontrata con la realtà dei numeri, che non hanno mai permesso alla Lega di amministrare da sola nulla più di qualche paesello e cittadina del Nord-Est.
E siamo a oggi, con una Lega forte ma non dominante. Guidata da un Salvini, cambiato grazie a un gruppo di pensatori di destra, che gli hanno rifatto l’immagine e insegnato concetti un tempo impensabili per lui e il movimento che guida. Un partito comunque bifronte, “patriottico” nelle piazze e sui giornali e ancora anti-Italiano quanto un tempo nelle sue manifestazioni private. Basti dire che nei consigli di zona di Milano molti consiglieri usano ancora la modulistica con la dicitura “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” (fotocopie per scelta, non moduli da esaurire per necessità). Dio solo sa cos’altro fanno e dicono nelle loro segrete stanze e nelle osterie che frequentano. O meglio, nonostante quello che so dicono in privato, avendo assistito anche di recente ai loro vaneggiamenti a base di “Padania”, “ruspe”, “teroni” (con una erre), “secessione”… e vocabolario leghista vario.
Con siffatta premessa, ai molti che si sono chiesti perché non sono andato a Bologna, dovrei essere io a domandare: perché avrei dovuto farlo? Non mi ha certo trattenuto a Milano l’incapacità di cambiare idea rispetto a un giuramento fatto venticinque anni fa, poiché i motivi per mantenerlo rimangono intatti. Semplicemente non mi fido, e io con le persone di cui non mi fido non m’accompagno! Liberi di farlo il partito o il gruppo cui appartengo, ma non possono certo imporlo anche a me. Domenica ho evitato di assistere alle molte cose spiacevoli che in tanti hanno finto di non vedere, e anche se “tutti” erano li, qualche forzista no. Con loro a schiena dritta siamo rimasti di guardia, sperando possa evitarci il prossimo tradimento, o almeno valerci il diritto di dire: “Ve l’avevamo detto!”
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