Milano 24 Novembre – Quante lire ci sono ancora in circolazione? Si può solo tentare una stima. Ma la cifra oscilla tra l’1,2 e l’1,4 miliardi di euro. Una cifra enorme. Banconote finite in qualche cassetto, con buona pace di chi dava ormai per scontato di aver perso un tesoro più o meno grande. Invece una recente sentenza della Corte costituzionale ha riaperto la partita. I giudici, infatti, lo scorso 5 novembre hanno accolto il ricorso di un gruppo di risparmiatori. E hanno impallinato una norma del decreto Salva Italia del governo Monti. Anticipava al 6 dicembre 2011 il termine entro il quale le lire potevano essere convertite in euro. Un blitz, perché la legge del 2002 stabiliva che la data ultima fosse quella del 28 febbraio. Anticipando di tre mesi il funerale della lira, in pratica il governo requisì quei soldi agli italiani. La differenza infatti fu versata dalla Banca d’Italia nelle casse dello Stato.
La Consulta, nei giorni scorsi, ha detto niet. A sollevare la questione i giudici del tribunale di Milano, che si erano trovati ad affrontare il caso di un risparmiatore che non era riuscito a incassare i suoi soldi: lire pari a 27.543 euro. Ancora una volta, come nei mesi scorsi per gli assegni previdenziali, ha bocciato una misura anticrisi varata dal governo dei professori. Ha riaperto i termini per convertire le lire in euro, almeno per chi aveva fatto domanda entro il 28 febbraio 2012.
Via libera per chi ha ancora banconote nei cassetti? In Italia ce ne dovrebbero essere ancora molte. Nel 2012, considerata chiusa la partita, fu proprio Bankitalia a fare i conti e a comunicare quanti bigliettoni non erano tornati alla base: 196 milioni di pezzi da mille lire, 12 milioni da 100 mila lire, 300 mila da 500 mila lire, 7,4 milioni da 50 mila lire, 40,6 milioni da 10 mila lire, 30,9 milioni da 5 mila e 21,6 milioni da 2 mila lire. Per quanto riguarda gli spiccioli, nessuno ha mai fatto i conti: senza numero di serie, è impossibile capire quanti fossero rimasti nei borsellini.
In Italia, però, nulla è mai semplice. Così Bankitalia si è affrettata a pubblicare sul suo sito un lungo comunicato che, però, alla fin fine poco spiega se non l’imbarazzo determinato dalla sentenza. Si conclude con queste parole: «Sono stati avviati con il Mef gli approfondimenti necessari». Ancora: «Le richieste di conversione saranno esaminate non appena esauriti questi approfondimenti». La situazione è cambiata nei giorni? Assolutamente no, visto che contattando Via Nazionale si viene (stavolta sì, automaticamente) rimbalzati allo stesso comunicato, un po’ nascosto nella categoria “media” sotto la voce “approfondimenti”. Anzi, in un’altra sezione rimane intatta la frase: «Pertanto dal 7 dicembre 2011 tutte le banconote e monete in lire non possono più essere cambiate».
Risultato? Chi si presentasse oggi agli sportelli, nell’ingenua speranza che una sentenza sia subito operativa, verrebbe respinto al mittente. Il ginepraio va risolto con l’intervento del ministero dell’Economia, anche perché Bankitalia ha già versato quel non indifferente gruzzolo allo Stato. Non è escluso che, come per gli assegni previdenziali (il famoso “bonus” di Renzi), occorra una legge.
Nel frattempo? L’Aduc (consumatori) consiglia a chi fosse interessato di mettersi al sicuro: «Presentare per iscritto domanda di cambio delle lire entro il 28 gennaio 2016». I tre mesi che, secondo l’Aduc, la sentenza della Consulta ha ripristinato.
Marco Menduni (La Stampa)
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