Milano 15 Dicembre – Slogan, battute e spacconate. C’è tutto il «modello Renzi» nel Renzi che ieri ha chiuso con il suo intervento la tre giorni alla Leopolda di Firenze. C’è l’uso delle frasi in inglese, gli ammiccamenti con il pubblico, l’idea di far vedere, sempre e comunque, di essere un passo avanti agli altri. E un linguaggio che vuole per forza essere al passo con quello dei giovani, dei tweet, dei social. Come quel «Go Big or governo home» per spiegare che bisogna pensare in grande, «o puntiamo in alto o non ci piace» è la traduzione che concede alla platea il premier.
Poi c’è il tormentone dei «gufi», citati di nuovo per rinfacciar loro il successo dell’Esposizione di Milano quando invece dicevano che sarebbe stato un fallimento. Con una coda calcistica: «Un abbraccio affettuoso ai gufi che avevano previsto il flop di Expo. Sono gli stessi che prevedono la vittoria della Juve stasera…». E non manca neppure l’attacco ai giornali, colpevoli di criticarlo: «Noi non perderemo mai il sorriso, non consentiremo mai ad un titolo di giornale di rovinarci la giornata, a chi pensa di vivere di polemiche, non ci avrete, aspetteremo il tempo che sarà necessario, saremo sempre consapevoli che nessuno si può permettere di mettere in discussione la grande occasione che abbiamo di cambiare l’Italia».
Insomma ottimismo a non finire. Anche ricorrendo a battute sulle «esclamazioni»: «Gli americani dicono “wow” quando una cosa va bene, da noi gli italiani dicono “mah”. Fra il “wow” e il “mah” passa la differenza fra il nostro approccio e quello di guardare in positivo e riconoscere il merito». E ancora un tocco di esterofilia per rimarcare che l’Italia sta ripartendo: «Io non faccio uno storytelling ma credo che vent’anni di distruzione sistematica dell’immagine dell’Italia non hanno compromesso le capacità di questo Paese. Serve fiducia per ripartire». E neppure l’Esposizione di Milano si salva: «Dobbiamo fare con il post Expo il posto più intrigante del mondo sul wellness e la salute». Ma tanto uso dell’inglese viene tranquillamente contraddetto da Renzi quando dal palco invita gli studenti a migliorare lo studio della nostra lingua: «Anche alle scuole elementari si deve tornare di più a studiare l’italiano, usare di più il dettato e le ricerche. La scuola è già buona ma bisogna migliorarla, fare dell’italiano una lingua più forte e più diffusa».
E se nel pubblico l’attenzione cala è pronta la battuta a effetto. Dopo circa 20 minuti del suo discorso Renzi si toglie la cravatta: «Vorrei dire che mi fermo qua…». Poi rivolgendosi a un ascoltatore in platea: «Ti ho visto un po’ troppo entusiasta fratello…». E a proposito di battute una è dedicata anche al governatore della Campania (stavolta utilizzando la satira di Maurizio Crozza): «Sul Sud non possiamo più permetterci alibi. Per la prima volta da vent’anni si sblocca la vicenda Bagnoli; abbiamo messo 150 milioni per la terra dei fuochi e ho detto a De Luca: se non sei unpersonaggetto la risolvi».
Il problema del confronto elettorale per Renzi invece è già risolto. Ovviamente ignorando i sondaggi che vedono il partito Democratico in caduta libera. «Se si votasse oggi non ho dubbi che vinceremmo al primo turno – annuncia al popolo dei “leopoldini” – Oggi abbiamo sondaggi superiori rispetto a quelli che avevamo alle europee. Un leader vero non si preoccupa dei sondaggi ma li cambia, con le cose da fare, con il coraggio delle scelte prese».
E nel «racconto» del mondo renziano non poteva mancare l’elogio di chi lo ha sempre seguito nella sua kermesse fiorentina: «Dicono che mettiamo nei cda quelli che sono passati alle Leopolda. A parte che non è sempre vero, e lo dico per possibili aspiranti… Ma non è mica colpa mia se in questi anni abbiamo avuto tanta gente per bene e brava? Che ci riempie gli occhi con le cose che vanno e non con il disfattismo. Quando uno ha successo non è importante di chi è amico…».
Paolo Zappitelli (Il Tempo)
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