Con il rialzo dei tassi si chiude la recessione globale. Pronti per la prossima bolla?

Approfondimenti

Milano 18 Dicembre – La Fed rialza il tasso di interesse a cui presta il denaro. E chiude un’epoca. Quella dello Stampa-Che-Ti-Passa. Inaugurata già sotto Bush è stata il leit motiv degli otto anni di Obama ed ha segnato l’epoca del boom del debito Americano. Sono stati otto anni in cui abbiamo visto il Mondo cambiare radicalmente. Per poi svegliarci stamattina e scoprire che, dopotutto, non era cambiato assolutamente nulla. Complice la fine dell’anno, direi che è più interessante guadarci indietro che non speculare sul futuro incerto. Gli Usa hanno perseguito una strategia monetaria fortemente espansiva per otto anni. Che vuol dire? Che per impedire alla giostra di crollare per la ruggine accumulata nel tempo e per non fermare il vorticoso giro di ruota, la FED, la Banca Centrale Usa, ha buttato olio nelle giunture. Tanto olio. Tantissimo. E la velocità, tutto sommato non è aumentata così tanto e gli scricchiolii, per quanto flebili e distanti, non sono spariti. Perchè? Probabilmente sono stati assorbiti dalle cosiddette economie emergenti, le economie dell’energia, in primis (Russia in testa) e quelle manifatturiere, come Cina ed India, e miste tipo il Brasile. Il dollaro a buon mercato è servito a queste nazioni per gestire la propria crescita, stabilizzare le proprie valute nazionali e garantire i prestiti necessari allo sviluppo. Non dimentichiamo che, a parte un calo durante la seconda crisi, quella tra il 2010 ed il 2011, il Petrolio ha viaggiato attorno ai 100 dollari per buona parte di questo periodo. Oggi questo olio non serve più. La giostra sembra procedere bene. Le economie emergenti sono tornate nel posto che loro competeva e continuano discese diverse, ma accomunate dal problema che segna ogni crescita voluta e costruita dallo Stato: la mancanza di innovazione e diversificazione. Il problema è che, ad essere onesti, questi tratti non si possono non riscontrare anche nella più blasonata economia del mondo. Ed oggi, a sorpresa, questo titolo va all’economia Americana.

In questi otto anni, personalmente ne ho sentite di ogni, sul futuro tetro che l’America aveva davanti a sè. Ci troviamo oggi a contemplare delle Borse Europee felici come bambini nel negozio di cioccolata perché possono esportare a minor prezzo, manco fossero paesi bananieri a cui i grandi han levato i dazi doganali. Contemporaneamente la Cina continua a scendere, la Russia ha un Pil che sembra la temperatura di Vladivostok, il Brasile è in coma ed il resto dell’America Latina si domanda in che modo scaricare la colpa su Washington. È il destino di chi non innova. E per quanto gli usa potessero fare ben di più qualcosa hanno prodotto. Ne parlavamo nei giorni scorsi, lo shale oil sta facendo crollare il costo del petrolio, dando ossigeno alle casse delle industrie Usa e minando la crescita dei paesi esportatori di energia. In sostanza, l’Occidente arranca ma resiste. I velocisti del Sud e dell’Est marcano il passo ed avanzano a fatica.

E tutto questo in barba alle profezie catastrofiche dei Nostradamus Rossi e Verdi, che da duecento anni vedono morire il capitalismo ad ogni raffreddore, ma rifiutano di accettare la dipartita dei loro sistemi economici di riferimento anche quando i cadaveri si sono ampiamente decomposti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.