Milano 2 Gennaio – Non un secolo ma solo tre anni fa, l’Europa esultava per il Nobel della pace, il premio alla sua identità di campione nel mondo dei valori fondamentali di libertà, solidarietà e pace.
Mille giorni dopo quel premio appare grottesco, l’immagine dell’Europa di oggi il riflesso pessimo e deturpato di quella di allora. A sfregiarla senza pietà sono bastati due crisi e i 12 mesi del 2015.
Il 2015 che quasi certamente passerà alla storia come l’anno del crollo dei valori europei insieme alla clamorosa rottura di alcuni paletti-tabù che sembravamo inviolabili.
Per la prima volta dalla sua nascita l’Unione ha concretamente programmato l’espulsione di uno dei suoi paese-membri, la Grecia, in barba ai Trattati e al principio dell’irreversibilità della partnership nell’euro. Soltanto la resa e il buon senso di Alexis Tsipras, un giovane premier di sinistra anti-establishment, in extremis ha evitato il peggio.
Ma, come ha affermato Valdis Dombrovskis, il vicepresidente lettone della Commissione Ue, responsabile della moneta unica, «per i prossimi anni non si aspettano nuovi ingressi». La ragione? «Inizialmente l’adesione appariva allettante ai nuovi membri dell’Ue ma la crisi dell’euro ha cambiato le cose e quella greca lo ha fatto ancora di più».
Se nel caso ellenico è stata prima ostentatamente negata e poi risicata, con la successiva crisi dei rifugiati la solidarietà si è semplicemente dissolta nel bagno di insormontabili divisioni Est-Ovest più che Nord-Sud, dell’erezione di muri intra-europei, delle quote di riallocazione rifiutate insieme alle guardie Ue a tutela delle frontiere esterne, dei finanziamenti extra centellinati nonostante siano indispensabili per affidare alla Turchia il compito di contenere la marea: un milione di persone nel 2015, il quintuplo dell’anno precedente.
Sull’apertura ai rifugiati Angela Merkel ha rischiato la poltrona. L’Europa invece si gioca la sopravvivenza di 20 anni di spazio Schengen, conquista storica come quella dell’euro, che consente ai cittadini di viaggiare liberamente senza passaporti. «Paralisi e ambivalenza politica minacciano il futuro dell’Europa e alimentano la crescita di partiti razzisti e xenofobi» denuncia l’irlandese Peter Sutherland, rappresentante Onu per i migranti. «Con una popolazione di 508 milioni, l’Ue non dovrebbe incontrare problemi insuperabili ad accogliere anche un milione di profughi se gli Stati membri lo volessero e si organizzassero».
La verità è che quest’anno l’Europa e il suo paese leader, la Germania, hanno visto paurosamente assottigliarsi i rispettivi riflessi europei, soppiantati da quelli sempre più nazionalisti e protezionisti, dissolversi consapevolezza e volontà dell’interesse collettivo, per sparpagliarsi nel continente dell’inettitudine disordinata nella certificata incapacità di badare a se stessi insieme.
Adriana Cerretelli (Il Sole 24 Ore)
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