Emergenza spaccio a Milano: più di un arrestato al giorno, 75% sono stranieri

Cronaca

Milano 5 Gennaio – Sono 400, più di uno al giorno, arrestati in strada (in maggioranza stranieri), o in casa (in questo caso più italiani), o nei campi agricoli intorno alla città (per i clienti eroinomani), presenze stabili che hanno un ruolo chiave nel mercato dell’economia criminale: la domanda di droga rimane alta, i trafficanti portano la materia prima, gli spacciatori vanno incontro alla clientela. Il bilancio di un anno di lavoro della Sesta sezione della Squadra mobile, quella che si occupa di «criminalità diffusa», racconta tanti volti di Milano: dall’aumento di giovani italiani che mai hanno avuto a che fare con la giustizia, e che pure decidono di «arrotondare» vendendo cocaina; fino al consumo sistematico di metanfetamine nella comunità filippina, lo shaboo che usano per lavorare, resistere alla fatica, ai doppi e tripli turni, al sonno. Nel 2015 la polizia a Milano ha arrestato 3.465 persone, più di un sesto di quegli arresti (588) sono fatti dagli investigatori della «criminalità diffusa» e per la maggior parte (400) si tratta di spacciatori (per il resto, ladri e borseggiatori).

Città aperta

Milano è l’unica tra le grandi città in Italia in cui, per reati di droga, vengono arrestati più stranieri che italiani. Tra i 400 spacciatori bloccati nel 2015, gli italiani sono meno di un quarto (98). Vuol dire che la piazza, al livello di strada, è «libera»: senza coordinamento, senza una cupola superiore che gestisce; semmai, al contrario, la divisione degli spazi è dettata da stratificazioni nel tempo, consuetudini di occupazione delle zone. C’è una spiegazione: il mercato è una «spugna», assorbe tutto il materiale che arriva, e dunque c’è da guadagnare bene per tutti. I conflitti esistono, ma sono legati a questioni poco più che personali (pagamenti mancati, di solito), quasi mai a contese e spartizioni del territorio. Solo questo può spiegare il perché, a Milano, una grossa fetta dello spaccio è in mano a gruppi dell’Africa sub-sahariana: i poliziotti della Mobile, guidata da Alessandro Giuliano, l’anno scorso hanno arrestato 27 pusher senegalesi, 9 guineiani, 47 gambiani (nazionalità che praticamente neppure compaiono nelle omologhe statistiche di Napoli, Reggio Calabria, Bari, Palermo). I guadagni dello spaccio al dettaglio in città non sono centralizzati. Tenendo da parte i trafficanti internazionali, il modello di riferimento è la piccola e media impresa che acquista all’ingrosso (a volte anche con canali propri) e smercia in autonomia, senza subordinazione. Il rapporto chiave è commerciale, di fornitura: non di violenza, o imposizione.

Luoghi e clienti

I «neri» fanno base sui Navigli, in corso Como, all’Isola, in viale Monza. I maghrebini (l’altro gruppo più importante: 24 arrestati egiziani, 11 tunisini, 103 marocchini) convivono sui Navigli, soprattutto nelle strade intorno a via Gola, sono presenza fissa alle Colonne, dominanti sull’asse Maciachini-Imbonati (per l’hashish) e nei boschi, negli stabili abbandonati e nei terreni agricoli intorno alla città (soprattutto per l’eroina). In zona Sempione-Arco della Pace, per una diversa clientela, cambia anche il tipo di spacciatore, più di frequente italiano. I pusher milanesi, e anche in questo caso la città è un’avanguardia, si sono trasformati secondo le leggi di mercato: fidelizzazione dei clienti (azzerata la vendita casuale, cessioni soltanto a una cerchia più o meno ampia di acquirenti conosciuti), offerta di un servizio più qualificato (miglior qualità della cocaina, comfort della consegna a domicilio e su appuntamento, riservatezza – col non secondario obiettivo di sfuggire ai controlli. Come il ragazzo arrestato in un primo pomeriggio: aveva fatto una ventina di consegne in auto, a domicilio. In questura il suo cellulare continuava a squillare: clienti impazienti. Un poliziotto gli ha detto: «Spegniamolo, per favore».

Gianni Santucci (Corriere Milano)

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