Foto By Daniel Libeskind Studio (libeskind.com) [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/
Milano 7 Gennaio – Quante mostre avete visto al velodromo Vigorelli e al Padiglione 3 dell’(ex) fiera di Milano chiamato Palazzo delle Scintille?
Nel 2013 la giunta Pisapia cassò il progetto di Daniel Libeskind (presentato nel 2008, giunta Moratti) per dare anche a Milano un museo d’arte contemporanea, che chissà perché tutti volevano.
La ragione del niet era la crisi economica: «In questa difficile situazione economica – disse l’allora vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, poi silurata da Pisapia e sostituita con Francesca Balzani – diventa prioritario per la città utilizzare al meglio le risorse disponibili. In questo caso si è deciso di riqualificare due importanti strutture esistenti, piuttosto che realizzare un nuovo museo».
Bon, niente Guggenhem per Milangeles: al suo posto ci sarà il Parco d’Arte Contemporanea, con 8 opere d’arte site specific di altrettanti giovani artisti di chiara fama, naturalmente accompagnate dalle superstar internazionali (è la solita formula, giovani e maestri: i rumors danno per certa un’opera di Maurizio Cattelan, evidentemente non bastava il mezzo saluto romano davanti al Palazzo della Borsa, in permanenza accettata dalla giunta Moratti, la quale invece avrebbe meglio se l’avesse regalata al Leoncavallo, il senso dell’opera ne avrebbe pienamente giustificato la collocazione).
ARTLINE MILANO. 30 progetti per il Parco d’Arte Contemporanea era il concorso riservato ad artisti under 40 promosso dal Comune di Milano in collaborazione con il comitato scientifico di Artline Milano e successivamente diventato materiale per una mostra allestita a Palazzo Reale curata da Sara Dolfi Agostini e Roberto Pinto, con l’intento di accompagnare la nascita del Parco d’Arte Contemporanea che sorgerà nel quartiere di CityLife il prossimo aprile.
Di questi 30 artisti, sono sopravvissuti 8, scelti da una giuria di sette membri, Lea Vergine, Iolanda Ratti, Angela Vettese, Charles Esche, Mary Jane Jacob, James Lingwood e Gianfranco Maraniello, che dopo un sopralluogo negli spazi di ArtLine hanno scelto gli otto vincitori che realizzeranno le loro opere nel corso del 2016: the magnificent eight, appunto. Nella fattispecie: Riccardo Benassi (1982), Linda Fregni Nagler (1976), Shilpa Gupta (1976), Wilfredo Prieto (1978), Matteo Rubbi (1980), Serena Vestrucci (1986), Rossella Biscotti (1978) e Adelita Husni–Bey (1985).
Quote rosa e par condicio garantite: 4 donne e 4 uomini, 5 dall’Italia, una dall’India, una dalla Libia e uno da Cuba, è il politicamente corretto e peloso di chi s’inventa protettore non richiesto di categorie sociali inesistenti e poi le confina nelle enclaves culturali, un po’ come dire «se sarò sindaco nominerò un assessore gay!», così, a prescindere.
Nessun rilievo sulla scelta: the magnificent eight sono giovani artisti di primaria grandezza, hanno un eccellente curriculum e collaborano tutti con dignitosissime gallerie (faccio outing e dichiaro d’essere un fan di lunga data di Linda Fregni Nagler, pertanto sono particolarmente curioso di vedere cosa ci porterà al parco).
I rilievi che invece vorrei muovere son due. Innanzitutto riguarda il comitato dei 7 che hanno scelto i magnificent eight: perchè affidarsi sempre ai soliti noti? Vergine, Vettese e Maraniello & C. sono dei vecchi arnesi (anche qui il criterio di nomina è à la Franceschini, scegliamone parimenti di italiani e di stranieri), è come voler far curare una mostra ad ABO, siamo nel 2015 ragazzi. E infatti, a voler fare i cattivi, molti dei giovani artisti prescelti tanto giovani non sono più, del resto porre la soglia della giovinezza a 40 produce questi effetti.
Poi ti dice: nell’arte contemporanea fai carriera più tardi che negli altri settori. E allora cambiate le regole di questo piccolo mondo antico che è l’arte contemporanea, no? Discorso intimamente connesso con la composizione della giuria, rappresentata appunto dai soliti noti, i quali avranno avuto i loro meriti in passato. Ma del resto è inutile fare le verginelle: se lavori col pubblico devi confrontarti con la politica, le regole sono queste e se fossi stato io l’Assessore alla Cultura avrei scelto altri membri della giuria, è lo spoil system bellezza. Quindi ben vengano i soliti Vettese e Maraniello.
Il secondo rilievo che vorrei muovere riguarda invece il luogo stesso in cui verranno esposte le opere degli 8 artisti: il Parco d’Arte Contemporanea mi pare un ripiego al ribasso rispetto al museo d’arte contemporanea di Libeskind, che non vedremo mai. Disse: mancano i soldi. Ma coi soldi delle multe agli automobilisti, dell’Are C e dei parcheggi a pagamento anche in cantina, Pisapia avrebbe potuto realizzarne quattro, di musei d’arte contemporanea. La sua giunta, nel 2013, ha preferito risparmiare sul museo di Libeskind e destinare le risorse alle ristrutturazioni del velodromo Vigorelli e del Palazzo delle Scintille (alzi la mano chi sa cos’è e dov’è), dove infatti vedremo un sacco di mostre di arte contemporanea di livello internazionale. Le opere d’arte dei magnifici 8 le vedremo invece nel quartiere figo di City Life comprato dai fondi d’investimento del Qatar e frequentato da classi sociali particolarmente benestanti che, fra un’apericena e l’altra, non potranno nemmeno comprarle, le opere esposte.
Emanuele Beluffi
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845