Detenuto spacciava nel carcere di Monza grazie ad un agente di custodia corrotto. Arrestati entrambi.

Lombardia

Milano 9 Gennaio – I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano nella mattinata di ieri hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa il 7 Gennaio  dal G.I.P. del Tribunale di Monza, nei confronti di un P.S., detenuto italiano di 33anni e di F.M., 40enne Assistente Capo del Corpo della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Monza, entrambi ritenuti di responsabili di concorso in detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e corruzione.

L’indagine, condotta con il contributo del personale stesso della Polizia Penitenziaria del Carcere di Monza, ha avuto origine nell’aprile del 2015 quando, durante una perquisizione presso una delle celle, era stata rinvenuta una SIM CARD utilizzata da alcuni detenuti per effettuare comunicazioni con l’esterno, non autorizzate.

Sono partiti gli accertamenti che hanno consentito di ricostruire una serie di comunicazioni tra cui, in particolare, quelle indirizzate ai familiari di un detenuto – colpito dall’odierno provvedimento restrittivo – ed acquisire alcuni input  informativi circa un “giro” di spaccio all’interno dell’istituto di pena, presumibilmente gestito e riconducibile al suddetto detenuto.

Le indagini, svolte dai militari del Nucleo Investigativo Carabinieri di Milano, condotte anche attraverso delle intercettazioni, hanno permesso di ricostruire il commercio illecito del detenuto, facendo emergere come questi ricevesse l’hashish (un panetto di circa 100/150 gr. ogni mese/due) grazie alla complicità dell’Assistente Capo infedele, oggetto del medesimo provvedimento restrittivo.

Il complesso meccanismo di rifornimento della droga e di remunerazione dell’agente penitenziario è stato ricostruito in maniera dettagliata: inizialmente il detenuto impartiva precise istruzioni ai suoi genitori affinché ricevessero, presso il loro panificio di Quarto Oggiaro l’agente, che veniva indicato come “l’uomo delle focacce”, cui dovevano consegnare il denaro necessario ad acquistare lo stupefacente. Successivamente, ricevuto il panetto in carcere e verificato che le cose fossero andate correttamente, il detenuto consegnava all’arrestato una parola in codice (“Ogan”) con la quale recarsi nuovamente al forno per ritirare il prezzo della corruzione, ammontante a 300 euro.

Nel corso delle attività è emersa un’ulteriore condotta penalmente rilevante a carico di F.M.. Deve infatti rispondere anche di truffa aggravata e di falso ideologico; infatti, tra l’ottobre ed il dicembre 2015, si è assentato indebitamente ed in più occasioni dal servizio, per recarsi in Puglia, presso la propria abitazione, adducendo inesistenti motivi di salute documentati da una serie di certificati di malattia viziati da falsità ideologica.

Al riguardo, gli accertamenti  hanno permesso di ricostruire come l’Assistente Capo si sia assentato per malattia, dall’inizio del 2013 sino a fine 2015, per 502 giorni, presentando ben 53 certificati medici. Nella truffa aggravata e nel falso ideologico  è coinvolto un medico di famiglia monzese che, al contrario di altri suoi tre colleghi, ha rilasciato i certificati con la consapevolezza della “finta” malattia. La sua posizione è al vaglio dell’Autorità giudiziaria.

L’agente, all’atto del suo arresto, si trovava presso la sua abitazione di Barletta in malattia e per sua esplicita richiesta è stato condotto presso l’Istituto di Pena Militare di Santa Maria Capua Vetere.

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