Milano 23 Gennaio – In Italia l’Ictus è la terza causa di morte, 40.000 nuovi casi ogni anno in Lombardia, 6000 sono persone che hanno meno di 60 anni.
Nei giovani la mortalità è minore e la ripresa di una vita normale è più frequente. In ogni fascia d’età l’attacco ischemico al cervello aggredisce di più la popolazione maschile, ma ‘in assoluto’, sono le donne le più numerose, perchè hanno un’aspettativa di vita maggiore *.
Questi i numeri di un’epidemia silenziosa che colpisce persone anziane ma, inaspettatamente, anche giovani, con pesanti conseguenze sulle famiglie, la cui quotidianità è stravolta dalla malattia.
Ai pazienti, famiglie e professionisti è dedicato il primo Convegno Nazionale ‘CURARE E PRENDERSI CURA’, promosso nell’ambito della campagna di informazione e prevenzione ‘Stop all’Ictus’. L’evento si terrà sabato 23 gennaio all’Auditorium Testori di Palazzo Lombardia a Milano, alla presenza del Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
Il Convegno è promosso dai Distretti 2050, 2041, 2042 del Rotary International e dalla Rete SUN Lombardia, con il Patrocinio della Regione e di numerose Società scientifiche.
*(dati statistici forniti da Lorenzo Mantovani, Professore Associato, Centro di Sanità Pubblica, Università di Milano Bicocca).
I successi della medicina: dalla trombolisi endovenosa alla trombectomia meccanica
La Medicina ha fatto grandi progressi negli ultimi anni, molti ospedali si sono specializzati mettendo in campo Stroke Unit capaci di salvare chi arriva in tempo e di limitare le conseguenze dell’attacco. Rimane ancora molto da fare, anche se proprio in Lombardia la presenza di ėquipe neurovascolari operative ha permesso di curare con efficacia il 65% dei pazienti con Ictus emorragico e l’85% con Ictus Ischemico solo nell’ultimo anno.
Questo perché, nelle maggiori province lombarde, alcune Stroke Unit sono attrezzate per andare oltre la trombolisi endovenosa (quando il trombo viene ‘sciolto’ dai farmaci) e sono pronte a intervenire anche con mezzi meccanici, efficaci nei casi più difficili. Negli ospedali con ‘Stroke Unit’ di secondo livello si interviene oggi in ambito neuroradiologico interventistico con la ‘trombectomia meccanica’, procedura che permette di rimuovere, grazie ad un catetere che arriva alle arterie del cervello partendo dall’arteria femorale, il coagulo che chiude l’arteria cerebrale. Un trattamento che salva il paziente dalle conseguenze irreversibili dell’Ictus sul suo organismo (disturbi del movimento, del linguaggio, della vista, dell’equilibrio, parziali o completi).
Dopo l’evento acuto, il difficile cammino di pazienti e famiglie
Ma la cura dell’Ictus non si esaurisce nella fase acuta, prosegue nei Centri di Riabilitazione e in famiglia con un percorso lungo e spesso a ostacoli. Così un piccolo esercito di pazienti e familiari cerca un nuovo equilibrio per convivere con un’esistenza cambiata e limitata all’improvviso. “Il convegno è una vera e propria giornata di ascolto e di ricerca dove i pazienti e tutte le figure professionali e di volontariato che ruotano intorno alla persona che ha subìto un Ictus, racconteranno esperienze, punti di forza delle terapie e criticità mediche e di vita quotidiana – spiega il dott. Giuseppe Micieli, Direttore del Dipartimento di Neurologia d’urgenza dell’Irccs Mondino di Pavia e responsabile scientifico del convegno -. Parleremo di prevenzione e di CURA dal punto di vista di chi spesso lavora nell’ombra (caregiver, infermieri, fisioterapisti, familiari) di una malattia che colpisce anche i giovani con conseguenze devastanti. L’obiettivo è trovare una via comune a tutti gli operatori in campo e un maggiore supporto psicologico, infermieristico e fisioterapico ai pazienti e ai loro familiari al ritorno a casa, facendo del modello lombardo un’esperienza di eccellenza di integrazione fra ospedali, territorio e famiglie, per la cura a 360 gradi della malattia e delle sue conseguenze. Per questo ci confronteremo anche con esperti internazionali, dalla Catalogna alla Svizzera, così da condividere le migliori pratiche clinico assistenziali”.
“Partecipo con grande piacere al convegno del Rotary, che pone al centro la prevenzione di una problematica neurologica sempre più frequente- dichiara il Presidente della Regione Roberto Maroni – oltre alla promozione della salute. Il convegno si svolge in un momento storico particolarmente importante per la Regione, durante l’attuazione della legge di riforma del sistema sociosanitario lombardo, da me fortemente voluta, e che rappresenta un modello di efficacia e di efficienza unico in Italia”.
Un anno di condivisione del progetto con il Rotary
“Il Distretto Rotary 2050 sostiene quest’anno con grande convinzione la campagna ‘Stop all’Ictus’ – spiega il Governatore Omar Bortoletti. Perché i Rotariani sono un forte movimento d’opinione, un movimento di cultura, intesa come conoscenza. Per l’Ictus conoscere è prevenire perché, individuare i sintomi e arrivare in tempo in pronto soccorso è fondamentale per ridurre i danni dell’attacco ischemico. Partecipiamo dunque a questo prestigioso convegno in Regione con convinzione, affiancando la Pubblica Amministrazione, per diventare insieme una potente Forza Sinergica’.
Durante l’evento verrà condiviso un DECALOGO della prevenzione firmato dagli esperti
- non fumare
- svolgere regolare attività fisica
- tenere sotto controllo il peso corporeo, la pressione arteriosa e controllare periodicamente il battito cardiaco (pericolo fibrillazione atriale)
- prevenire, quando possibile, l’insorgenza del Diabete
- dormire regolarmente, circa 8 ore per notte
- assumere farmaci che fluidificano il sangue dopo i quarant’anni
- assumere acido folico consumando regolarmente spinaci, asparagi, arance, legumi e cereali
- valutare periodicamente i valori di Omocisteina (proteina coinvolta nelle trombosi venose) nel sangue
- assumere sotto controllo medico la pillola anticoncezionale o le cure ormonali per la menopausa
- ridurre lo stress conducendo una vita sana, serena e arricchente
Come riconoscere e cosa fare in caso di attacco ischemico.
Un acronimo per ricordare: P.R.E.S.T.O:
P: perdita di forza o sensibilità al viso, braccio (provo ad alzare le braccia ma una o tutte e due non arrivano fino in alto) o gambe
R: riduzione della vista in un occhio o in entrambi, forte dolore alla testa
E: esprimersi: non riesco a parlare, non capisco cosa dicono
S: se sorrido ho la bocca storta
T: tempo: è cervello ! Vai subito in ospedale. L’intervento dei medici deve avvenire entro 4 ore dall’Ictus
O: organizzazione: al primo sospetto, anche se i sintomi sono leggeri, chiama il 118 !!!
Per info sulla Prevenzione e cura dell’Ictus: sito internet: http://stopallictus.it/
Facebook: gruppo pubblico: STOP ALL’ICTUS
–
Sabato 23 gennaio convegno a Palazzo Lombardia
Le testimonianze presentate durante il convegno:
in diretta la vita di pazienti e professionisti sul campo
Chiara, milanese, ha 43 anni, una famiglia e un lavoro di impiegata. Una notte si sveglia con un fortissimo mal di testa, seguito poi da debolezza alle gambe. La corsa tempestiva in Pronto Soccorso le salva la vita e il colloquio dei familiari con i medici rivela le possibili cause di un Ictus: la pressione alta e l’assunzione in contemporanea della pillola anticoncezionale. Viene sottoposta a trombolisi endovenosa ma il trombo non si scioglie in tempi brevi, viene dunque trasportata d’urgenza all’ospedale Niguarda, dove la Stroke Unit è di secondo livello e grazie all’intervento di ‘trombectomia meccanica’ sopravvive con lievi conseguenze. Torna presto alla vita che conduceva prima dell’ischemia cerebrale e diventa promotrice della campagna di prevenzione incoraggiando tutte le donne a non sottovalutare mai i sintomi, anche lievi, di un Ictus.
Roberto, milanese, vicedirettore generale di una banca, nel 1996, a 56 anni, nel pieno della sua attività professionale, mentre torna dalle vacanze al mare, è vittima di un attacco ischemico. Lamenta prima difficoltà di movimento a una gamba e in seguito a un braccio. Raggiunge la città di Pavia, dove abita, e si reca al Pronto Soccorso che in quegli anni non erano dotati di Stroke Unit. Viene curato per quindici giorni sempre sdraiato e ne esce con una paresi alla parte destra del corpo (braccio e gamba). Per diversi mesi viene seguito da fisioterapisti e lentamente riprende una buona funzionalità del braccio (scrive di nuovo con la mano destra), anche la gamba migliora molto ma rimane il suo punto debole. Nonostante tutto Roberto è giovane e non si perde d’animo. Lotta per ‘rimettersi in piedi’ e riprende a lavorare dopo circa sei mesi dall’Ictus.
La vita gli riserva di nuovo grandi soddisfazioni grazie alla sua forza di volontà e alla voglia di ricominciare, al punto che è poi diventato direttore generale di un altro gruppo bancario fino all’età della pensione.
Claudia è moglie di un uomo che dopo un trapianto di rene e’ stato vittima di un Ictus. Situazione complessa perché il sistema immunitario del paziente era molto fragile. E’ rimasto paralizzato nella parte destra, compresa la deglutizione. 8 mesi in ospedale, poi il ritorno a casa che è stato inizialmente un dramma per la moglie. Ha dovuto modificare l’appartamento per la carrozzina e ha acquistato un letto nuovo alto, con il gancio per aggrapparsi. Il paziente necessitava di riabilitazione quotidiana. Un percorso difficile e costoso. Per questo la signora Claudia auspica per il futuro una nuova impostazione dell’assistenza post-ospedaliera. Incoraggia le Istituzioni a costituire ‘vie da percorrere standardizzate’ e ben comunicate a tutti, indistintamente dalla situazione sociale. Per rendere più semplice la vita del paziente ma anche dei familiari. Genitori, mogli, mariti, figli, fratelli o sorelle sani sono il supporto principale della ripresa nel tempo della persona malata, sono fondamentali per dare forza e sostegno, anche fisico, a chi sta male.
A loro volta queste figure non devono rimanere sole, ma dovrebbero diventare l’obiettivo primario per l’assistenza post-ictus, perché hanno diritto a riprendere la vita condotta in precedenza, senza sacrificare tutto, per non perdere forza e motivazione e per resistere nel tempo.
Annalisa è psicologa e fin dai tempi dell’università ha studiato nel dettaglio la situazione di chi subisce un Ictus, di come reagisce e di quale tipo di aiuto ha bisogno per riprendere una vita serena. Un’attacco ischemico al cervello è una vera e propria minaccia per la vita, dunque una volta tornati a casa i pazienti affrontano spesso un periodo di crisi e di rielaborazione di ciò che è successo, anche senza disabilità. C’è chi non accetta un cambiamento e lotta in modo estremo contro le conseguenze fisiche dell’Ictus e chi si lascia andare e chiede aiuto per tutto ai familiari. Le reazioni sono diverse tra loro ma hanno come denominatore comune la necessità di cercare e accettare un nuovo equilibrio nella propria vita. In questo contesto lo psicologo valuta quanto la reazione emotiva della persona può diventare un problema e lo aiuta a ‘ristrutturare completamente’ la sua visione della disabilità, valorizzando al massimo le nuove potenzialità e la capacità di adattamento e di ripresa della mente e del corpo.
Parallelamente anche i familiari (‘intrappolati’ in una situazione nuova e difficile) richiedono supporto. Spesso vengono riuniti in gruppi per offrire loro la possibilità di confrontarsi, per esprimere apertamente cosa pensano, per aiutarsi e trovare nuove strade insieme.
Barbara è infermiera ed è esperta nella cura di tutti quei problemi che riscontra frequentemente chi è vittima di un Ictus: disfagia, confusione, paresi, depressione, insonnia…ma nella sua mente l’obiettivo numero uno è costruire, fin dai primi momenti, una vera e propria alleanza tra operatore sanitario e familiari. Fondamentale perché i pazienti, anche nei casi migliori, mantengono nel tempo una fragilità fisica e psicologica, è dunque importante il ruolo di chi gli sta accanto che deve gestire la disabilità e rapportarsi in modo nuovo alla persona cara. Utili sono i gruppi che costituiscono gli ospedali nei reparti specializzati riunendo un medico, un infermiere e un fisioterapista e che organizzano incontri aperti dove le domande non hanno freni (gestione della casa – scale, letto, sedie – farmaci e alimenti – come comunicare, come muoversi etc). Un supporto che a piccoli passi cambia nettamente in positivo il modo di vivere il dopo-ictus di pazienti e familiari.
Daniela è fisioterapista ospedaliera, si occupa di aiutare il paziente a recuperare subito un minimo di funzionalità, ma non può ignorare un elemento fondamentale che nessun altro operatore medico ha: il contatto fisico con il malato. Una posizione privilegiata che porta lo specialista a lavorare su due fronti: la riabilitazione fisica e l’ascolto della persona nel suo disagio. Un doppio supporto che punta a raggiungere in sinergia un primo fondamentale obiettivo di mobilità: il paziente deve alzarsi e sedersi su una sedia. Un primo obiettivo che può dare un’impronta positiva nel recupero del paziente. In seguito proverà anche a camminare e a svolgere semplici azioni con le braccia. Obiettivi riabilitativi ancor più importanti e da conseguire in tempi stretti, quando il paziente è giovane, perchè deve al più presto credere di poter tornare a condurre una vita in linea con la sua età e le abitudini di sempre. Ogni azione viene condotta in collaborazione con medici e infermieri e alla presenza dei familiari che è importante che capiscano cosa fare, come farlo e in quale posizione devono mettersi per aiutare al meglio al persona cara.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845