Milano 26 Gennaio – Nelle scorse ore il Ministero dell’Economia ha offerto un fotografia assai eloquente del sistema economico italiano e, in particolare, del mondo delle imprese. Analizzando i dati relativi a Ires e Irap riguardanti il 2013 emerge infatti che ben il 43% delle società di capitali non ha dichiarato alcuna imposta o addirittura è risultata in credito. In poche parole, trova piena conferma la tesi di chi sostiene che fare profitti in Italia è sempre più difficile e questo a causa di un eccesso di Stato che chiude quasi ogni spazio alla libera iniziativa.
Tutto ciò è sconfortante. Quella che emerge da questi dati è in effetti un’Italia nella quale l’economia produttiva perde colpi di continuo (quasi il 2% in termini reali in un solo anno) e in cui è difficile mettersi al servizio degli altri (ossia: stare sul mercato) a causa di un socio-occupante che sottrae larga parte di quanto si produce e a causa di un serie di inefficienze connesse al permanere di troppi monopoli pubblici e di troppi privilegi. Prendiamone atto: siamo nel mezzo di un crisi terribile. E riconosciamo anche un’altra cosa: questa crisi non è figlia del liberismo selvaggio costantemente denunciato dai retori di destra e di sinistra, ma è invece da imputarsi all’immoralità di un ordine sociale dominato da varie forme di statalismo e parassitismo. Una situazione di tale natura sta togliendo opportunità alle giovani generazioni, che hanno di fronte a loro difficoltà crescenti. Per giunta , sul fronte delle scelte politiche regna la logica dell’immobilismo: la spesa pubblica cresce sempre più e quindi non c’è modo di ridurre la tassazione, ci si preoccupa solo di ottenere da Bruxelles una qualche autorizzazione a fare ulteriori deficit, si progettano false privatizzazioni (si tratti delle poste o delle ferrovie), si è ormai accantonata ogni ipotesi di liberalizzare l’economia a causa delle varie resistenze corporative, seguitando ad attribuire un ruolo di guida e programmazione al governo e ignorando così i molteplici fallimenti delle logiche dirigiste.
In un quadro di questo tipo possiamo solo continuare a declinare. Quando una società non comprende i principi morali che stanno alla base del diritto e quando insomma si smette di prestare rispetto alla proprietà e alla libera iniziativa, il fallimento è assicurato. Solo una rifondazione di ordine etico e culturale può far sì che quei dati diventino un brutto ricordo: un passato ormai del tutto alle spalle. Ma bisogna fare alla svelta.
Carlo Lotteri (L’Intraprendente)
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