Milano 26 Gennaio – Sono stati undici i detenuti del carcere milanese di Bollate che hanno ricevuto dall’Universita’ Statale di Milano l’attestato di‘operatore di canile’ e dog sitter. E’ il progetto ‘Jail’s bond’, che nasce dalla volonta’ dell’Universita’ di creare strategie innovative di intervento sociale in ambito urbano, incentrate sulla relazione uomo-animale e finalizzate alla formazione professionale e al reinserimento lavorativo delle persone in carcere.
Gli studenti, provenienti da alcuni reparti della sezione maschile del Carcere insieme all diploma hanno ricevuto il tesserino tecnico CSEN . Sono i primi diplomati di questa categoria professionale in Italia. In due ricerche effettuate dall’Universita’ Statale su un campione nazionale complessivo di 3.000 proprietari di cani è emerso che a Milano il 45% dei proprietari utilizza abitualmente questi servizi e il settore lavorativo del pet care è ancora molto poco proposto all’interno delle carceri.
Lo scorso giugno Antonella Mariotti, inviata de La Zampa.it (La Stampa), ha pubblicato un servizio in cui intervistava proprio i protagonisti di questo interessante esperimento, servizio che vi proponiamo:
-«Ho perso qualcosa che non ho mai avuto». Vito Catorre ha 51 anni e nel carcere di Bollate è entrato già da un po’. Ricorda: «Fuori avevo dimestichezza con gli animali. Lo sai che addestravo le oche? A me gli animali piacciono e un giorno, fuori di qui, vivrò in campagna con tanti animali».
Ore 13,05: inizia un po’ in ritardo la lezione del corso da dog sitter che fa parte del progetto «Cani dentro e fuori». Bible, con i suoi bigodini che tengono in ordine il pelo, entra deciso e allegro insieme con Rosie. Lui è un barboncino bianco di sei anni, abituato ai comandi e a rispondere a un addestratore. Lei è un levriero Greyhound, «salvata» dalle corse inglesi, usata più come fattrice per cuccioli che come corridore. È timida e si guarda intorno spaurita. Mentre si attraversa il corridoio verso la sala predisposta per le lezioni, un detenuto si ferma per accarezzare Bible: «Sai che sono 10 anni che non tocco un cane?». Si piega, quasi si inginocchia e Bible risponde come fa sempre con tutti. Fa le feste e si «cappotta» a pancia all’aria.
Pet therapy
Quanta pet therapy può servire per rimettere insieme una vita in frantumi? A Bollate ci sono stati anche i corsi per gli animali che curano. E alcuni studenti, che ogni giovedì incontrano veterinari, istruttori ed educatori per diventare dog sitter diplomati, hanno seguito anche quel tipo di lezioni.
Tra gli studenti c’è Otis Opoku Ackah. Ha 34 anni ed è rinchiuso qui dal 2007.
Bible quasi scompare tra le sue braccia: «Io, in Ghana, avevo tanti animali. Due cani, un gatto, le capre. Ora sono contento di avere di nuovo degli animali intorno. Cosa penso di fare dopo? Magari posso imparare così bene il dog sitting che potrò insegnarlo». Intanto Francesca Pirrone (veterinaria all’Università di Milano) e Moreno Sartori (educatore cinofilo) hanno fatto alcune riprese nel giardino della casa di reclusione: faranno parte, insieme con i video delle lezioni, di una ricerca universitaria. Ora, nel quarto reparto della sezione maschile, l’aula è pronta per i 18 studenti. Rosie si accomoda sul cuscino e con Bible, Celestino Marini, istruttore, mostra alla classe come si insegna il «seduto».
Trovare un lavoro
Bible è abituato. Risponde ai comandi e poi gira tra le sedie e i banchi a ringraziare. L’attenzione si concentra quindi su Rosie, che sembra triste. La veterinaria spiega: «Ha sempre vissuto in una gabbia a fare cuccioli, tanto che ha problemi alle zampe». Cala subito un silenzio irreale.
La lezione continua. Sono previste quattro ore ogni giovedì, due ore di pratica e due di teoria, fino a novembre. L’obiettivo è il primo «Diploma da dog sitter» d’Italia approvato dallo Csen, il Centro sportivo educativo nazionale del Coni. «Io ce li avevo i cani a casa, ma erano cani diversi, a volte ero a disagio con loro…»: quando parla, a Fabrizio Fadda, 29 anni, vengono in mente animali che fanno paura. E aggiunge: «Non pensavo mi avrebbero preso. Ho fatto domanda – sorride – e ora sono qui. Sono contento. Sono sposato, ho un figlio e magari, fuori, con quel diploma troverò un lavoro».
Durante la lezione entra in classe Claudio, lo stalliere di Bollate, perchè in questo carcere si può anche imparare ad avere cura dei cavalli. «Qui non si capisce mai chi aiuta chi», sorride Nicolò Vergagni, etologo e biologo, con una faccia che sembra uscita da un seminario e non da una cella: «Questi animali – dice -, una volta alla settimana, riescono a togliere la sofferenza che c’è qui dentro».
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