Milano 23 Febbraio – È passata sotto silenzio. Ma la notizia è di quelle clamorose. Se ci fosse stato Berlusconi al governo, la sinistra, come minimo, ne avrebbe chiesto le dimissioni. Nonostante la legge di Stabilità 2016 abbia eliminato la TASI sulla prima casa, il peso delle tasse locali in Italia continua ad essere altissimo. Negli ultimi 20 anni (dal 1995 al 2015), con un picco nel biennio 2013-2015, sono passate da 30 a 103 miliardi di euro, con una crescita del 248%, a fronte di un +72% delle tasse centrali. L’anno in cui l’imposizione fiscale locale ha raggiunto il massimo storico è il 2014 (6,6% del PIL). I dati sono contenuti in una ricerca Confcommercio sul rapporto tra spesa pubblica e pressione fiscale.
Le tasse dirette, IRPEF comunale e regionale, sono cresciute del 155%, con un trend che si è accentuato negli anni della recessione (2007-2014), in cui hanno segnato un +20%. Nel 1998 meno del 9% dell’imposizione diretta era riconducibile alle Amministrazioni locali, mentre a fine 2014 tale quota è salita al 15%.
Le tasse sugli immobili dal 2011 al 2015 hanno segnato un balzo del 143%, passando da 9,8 miliardi a 23,9 miliardi di euro, nello stesso periodo la tassa sui rifiuti è cresciuta del 50%. In termini assoluti, la tassazione sugli immobili nel 2011 (ICI) ha garantito un gettito di 9,8 miliardi di euro, che l’anno dopo, con l’introduzione dell’IMU, è balzato a quota 23,9 miliardi. Il tetto massimo è nel 2014, con 20,1 miliardi di IMU e 4,6 miliardi di TASI. Nel 2015, lieve calo a 23,9 miliardi (19,3 di IMU e 4,6 di TASI), nel 2016 si prevede un gettito di 19,4 miliardi, 18,4 di IMU e 1 di TASI.
Per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, che a sua volta dal 2011 al 2015 è stata più volte riformata (TARSU, TARES, TARI), l’imposizione è passata da 5,6 miliardi nel 2011 a 8,4 nel 2015, con un incremento del 50,3%. Il totale delle imposte indirette su immobili e rifiuti segna un incremento del 109,5% dal 2011 al 2015
La classifica per città vede la tassazione massima IRAP + IRPEF a Roma, con una pressione totale al 38%, mentre la pressione fiscale più bassa è a Trento, 33,5%. Milano è al 35,9%, Napoli al 37,2%, Bari e Torino entrambe al 36,6%, Genova al 36,2%, Bologna al 36,1%, Venezia al 35,6%, Firenze al 35,3%. Passando alla classifica per Regione, ci sono differenza marcate. Le aliquote IRPEF regionali e comunali più alte in Lazio, Molise, Calabria e Campania, tutte sopra il 2,5%, mentre sotto il 2% ci sono le province di Trento e Bolzano e la Valle d’Aosta.
Anche per le imprese, situazione analoga: l’IRAP è poco sopra l’1% in Sardegna, sfiora il 3% nelle province di Trento e Bolzano, raggiunge le aliquote più alte, vicine al 5%, in Calabria, Campania, Lazio. Lo studio contiene una serie di esempi pratici: a parità di reddito lordo (24mila euro), un cittadino che abita in Basilicata dopo le imposte (nazionali e locali) ha un netto di 19mila 601 euro, che scende a 19mila 561 in Puglia, 19mila 521 in Piemonte, 19mila 462 in Lazio, e 19mila 441 in Calabria. Come si vede, la forchetta massima, fra Calabria e Basilicata, è pari a 160 euro.
Dati da brivido!
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.