I due Marò e il signor Nessuno

Attualità Società

Milano 27 Febbraio – Mi capita talvolta di pensare, e parlare, dei Marò detenuti in India. Sono deluso e preoccupato. Deluso certamente per il fatto che il nostro Paese non intervenga con maggiore forza a far valere i nostri diritti. Si, ho detto nostri, perché se lo Stato siamo noi, allora due dei sessanta milioni di questo Stato, di Noi, un pezzetto anche di me, è detenuto in India. Non so cosa sia effettivamente successo a due uomini che stavano lavorando tranquillamente, e con fatica, sulla loro barca, per mantenere le loro famiglie e i loro figli. Mi riferisco ai due pescatori che sono stati uccisi, ammazzati. Non so quale sia il grado di responsabilità dei nostri fucilieri di marina; perché aver sparato a due innocenti comporta sempre una responsabilità. Escluso che vi sia stata la volontà premeditata di uccidere due innocenti (se così fosse saremmo tutti responsabili per aver addestrato due criminali), pur prendendo in considerazione l’ipotesi che i Marò abbiano agito senza valutare adeguatamente le circostanze, credo che i nostri militari non dovrebbero essere utilizzati come pedine per un gioco più grande di loro. Nessuno dovrebbe esserlo. Ed è per quel signor Nessuno che sono preoccupato. Sono preoccupato perché quel nessuno potrei essere io, o voi. Sono preoccupato perché se due militari professionisti sono trattati in quel modo, se lo Stato non tutela in modo adeguato (ricordiamo la figuraccia fatta dal Governo Monti che aveva tenuto i militari in questione in Italia per il permesso concesso a Natale, per poi restituirli prontamente quando le autorità indiane hanno semplicemente sbadigliato) nemmeno i suoi rappresentanti (i militari, che lo si condivida o no, rappresentano l’Italia), figuriamoci cosa accadrebbe se capitasse a uno che, come me, non è nessuno. I rapimenti dei vari “volontari” nei vari territori esteri sono sempre risolti in modo discutibile; ma in quel caso – per quanto ci è dato sapere – si tratta di milizie non governative che non seguono le regole della diplomazia. Qui si tratta di discutere con il legittimo Governo dell’India. Ebbene se io, come tutti voi, siamo lo Stato, allora lo Stato deve essere tale da difendere sempre se stesso, ossia tutti noi. Molti, spesso, dicono di essere pacifisti ma “se mi toccassero la famiglia, io li ammazzerei”. Se anche voi la pensate così, sappiate che non siete pacifisti, ma donne e uomini che non vogliono vedere distruggere ciò che amano. Se così è, pretendete anche voi che tutti noi, ossia lo Stato, sia uno Stato che ama i suoi figli. Anche Girone e Latorre.

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Bruno M. Caterina

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