Milano 10 Marzo – Dopo le foto di gruppo. Dopo l’intervista in cui il sub commissario minimo Sala millantava unità di intenti con gli sconfitti. Dopo la prima assenza sospetta nel dibattito post primarie. Dopo la prima conferenza stampa. Dopotutto questo, la Balzani saluta la curva e se ne va. I retroscena non si conoscono, ma si possono perfettamente supporre. Torniamo a Dicembre. Sala viene candidato in pompa magna, ma i numeri dicono che Majorino, il candidato outsider, potrebbe batterlo. Panico al Nazareno Il PD che batte Renzi è una situazione che non vuole nessuno. Si chiama d’urgenza Pisapia, chiedendogli come sia possibile che quell’assessore, invece di farsi una gran spaghettata di fatti suoi. Pisapia nicchia. Poi salta fuori la soluzione. Si fa candidare la vicesindaco. La mossa serve sostanzialmente a impedire che Majorino vinca, ma è suicida, perchè nemmeno lei vincerà mai. Il suicidio, in politica, si paga. A lei deve essere stato promesso qualcosa, molto probabilmente il rinnovo della carica di vicesindaco. Arrivano le primarie. Lei perde come avrebbe dovuto. Majorino viene umiliato, come desiderato. Sala vince. Male. Molto male. Non sfonda il muro del cinquanta ed improvvisamente ci si accorge che il grande piano di avere un manager per il dopo Pisapia non sarà affatto indolore. Dov’è il nodo? Per essere un manager della politica, la sua cifra stilistica deve essere il polso nella gestione della coalizione. A partire dal programma. Volete un esempio concreto? Parisi ha immediatamente detto che il programma lo scrive lui. Da solo. Ed ha immediatamente chiarito che la politica delle ruspe non gli appartiene. Con buona pace di Salvini. Poi, siccome ci teneva a far vedere che la coalizione la domina lui, ha detto che l’unica poltrone certa è quella di Albertini. Come fece Berlusconi con Letta. Ed ha dato il benservito a Salvini. Due a zero e palla al centro. Sala c’è da presumere che abbia tentato una doppia mossa del genere. Solo che non è Parisi e la sua coalizione, come il nostro candidato ha sempre detto, è di gran lunga inferiore alla nostra. Ed è riuscito nel mirabolante miracolo di farsi mandare a quel paese dalla Balzani. Non è dato sapere se sia stato sul programma o sul ruolo in giunta. Dalle dichiarazioni di lei, parrebbe che il problema sia programmatico. Infatti dice che gli resterà vicino, che contribuirà al programma, ma non si candiderà. Leggasi, io mi slego le mani, resto qua, poi alla prima occasione ti faccio saltare il tavolo e liberi tutti.
Le reazioni sono agghiaccianti. Nessuno che tenti di fermarla. Nessuno che si ponga il problema della rivoluzione Arancione. Come metodo, ancor prima che come coalizione. Sel che era garantita dalla Balzani stessa, il 14 deciderà che fare. Il 14 Marzo, per la cronaca, è la data di morte di Marx e di nascita di Einstein. Quindi siamo certi che riterranno relativamente rilevante il mantenere la parola con il PD, riscopriranno la propria anima Marxista e ritorneranno alla irrilevanza da cui erano usciti cinque anni fa. Raggiunti a breve anche dalla madrina. Il PD si ritroverà con un candidato inutile, un Majorino che passerà il tempo a fare la Cassandra ed un altro manager che avrà tutti i pregi e nessuno dei difetti di Sala. Insomma, una situazione Kafkiana da cui non se ne esce.
Ed il tutto con una Balzani che ne uscirà mediaticamente immacolata grazie ad un PD in pieno stato confusionale. Un capolavoro degno di Renzi, oserei dire.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,