Milano 17 Marzo – Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee….Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il 10 per cento della popolazione urbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna… Spesso alla parola «periferia» si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche di civili?” Così esprimeva il suo pensiero il grande architetto Renzo Piano al Senato, facendo proprio l’impegno e auspicando la collaborazione dei giovani e delle loro idee. La Fondazione Cariplo sembra rispondere all’invito con l’iniziativa “Oltre i margini” , partendo da Milano e proponendo la sfida di accorciare le distanze tra i vari cerchi che attraversano la città, prevedendo progetti antidegrado e di inclusione sociale. Riferisce Giangiacomo Schiavi sul Corriere “Il rinnovato allarme di questi giorni, dalle occupazioni abusive alle difficoltà di Aler (con il caso della residenza per studenti nel quartiere Stadera vuota da tre anni) pone con forza alla futura amministrazione la necessità di chiudere la ferita delle periferie rinunciando ad interventi spot: serve una riqualificazione materiale e umana, un progetto e un traguardo da raggiungere in tempi possibilmente brevi. Oltre i margini, perché Milano non è solo la cerchia dei Navigli. Ma anche oltre le divisioni politiche, perché la vivibilità è un benefit per tutti. Abbiamo parlato spesso dei frammenti straordinari di città che si ritrovano in certe zone di confine. Di un’umanità che resiste, mentre altrove è rarefatta. Nella zona di via Mac Mahon, in un angolo di Milano caro a Testori e alle nebbie di un tempo, l’altra sera uno spettacolo teatrale ha riscaldato il cuore di una piccola comunità che ingiustamente resta periferia: sul palco, con gli attori della compagnia, hanno recitato anche otto senza fissa dimora, sbandati, vagabondi, ospiti del centro d’accoglienza di don Guanella e della Casa di Gastone. È stato un momento di riconciliazione e di speranza per chi ha poco o nulla. Provate a immaginare se in questi luoghi le assegnazioni delle case popolari venissero fatte con criteri adeguati al bisogno e al mix sociale; se ci fossero musei, auditorium, scuole adeguate, biblioteche, attività sociali e di servizio, insieme al verde, ad una funzionale rete di trasporti e a qualche negozio o bottega artigiana, di quelle che quando chiudono lasciano il buio” Cinque anni sprecati, cinque anni di inefficienza e di abbandono, cinque anni di amministrazione da dimenticare- Ricucire la città valorizzando l’identità dei quartieri, con una visione unitaria della città. Si può fare, se si vuole.
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