Milano 30 Marzo – L’incendio doloso di Via Clitumno 11 – commenta Silvia Sardone, responsabile del dipartimento Sicurezza e Periferie e candidata alle comunali di Milano – ripropone il problema di questo stabile, uno dei palazzi di Milano più malfamati oltre a rappresentare l’esempio più chiaro del flop dell’integrazione nella zona di Via Padova. La situazione di questo edificio è disastrosa: abusi, criminalità, spaccio, prostituzione, zero regole.
Pochi mesi fa una 18enne è stata qui stuprata e le violenze come le minacce si susseguono. Non appena ci si avvicina al cortile interno ci si rende conto che qui comandano delinquenti di varie etnie, con l’arroganza di chi si sente impunito. Lo stabile è profondamente degradato e le occupazioni abusive si susseguono, persino solai e sottotetti sono occupati, i citofoni sono strappati, le scale sono coperte da muffe, le infiltrazioni pregiudicano l’edificio. E ben nascosti ci sono le sentinelle della droga o i padroni del racket della prostituzione. Gli appartamenti sono frazionati e affittati in nero, gli immigrati vivono in pochi metri quadrati, c’è smercio di roba illegale sulle scale, le cantine sono adibite a spazi per merce rubata o addirittura abitazione per gente ancora più disperata, gli abitanti fanno persino fatica a svendere le loro abitazioni. Purtroppo nel tempo la situazione è peggiorata e avvicinarsi diventa quasi un’impresa a causa degli occupanti che non vogliono attenzione sul loro fortino. Il Sindaco e la sua maggioranza continuano, incredibilmente, a vantarsi del modello di inclusione e integrazione della zona di Via Padova. Sarebbe interessante chiedergli se Clitumno 11 è l’immagine positiva del laboratorio multietnico tanto amato dall’amministrazione. La verità è che servirebbe un controllo adeguato delle condizioni dello stabile e un intervento mirato sulle situazioni di illegalità nell’area. Invece la sinistra continua a lodare l’esperienza del ghetto di Via Padova dove intere palazzine sono il regno dell’illegalità. Ci vuole meno ideologia e più pragmatismo, non può essere questa la Milano del 2016.
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