Milano 5 Aprile – Pubblichiamo le dichiarazioni di Luigi Amicone, Direttore di Tempi, perché le motivazioni della sua scelta inducono alla riflessione. I dati esposti possono essere oggetto di rielaborazione per chi è ancora incerto o pensa di voler astenersi dal voto. L’articolo è pubblicato su Tempi in edicola.
Delle prossime elezioni amministrative ciò che conta è (quasi) solo il risultato di Milano. Qui ci sono state le riforme che hanno anticipato il renzismo nazionale (in meglio, senza troppi annunci, badando al sodo) e offerto l’unica immagine internazionale di modernità italiana. Riforme come per esempio quelle che hanno permesso la creazione di migliaia di posti di lavoro, la costruzione dello skyline di Porta Nuova, la riqualificazione dell’area Portello, il raddoppio delle linee della metropolitana eccetera. E infine c’è stato il famoso Expo. Detto per inciso, tutte cose realizzate o messe in cantiere non dall’aristocrazia rossa di Pisapia e Mr. Sala, ma dal centrodestra berlusconiano. Nei nove anni di giunta Albertini prima. E nei cinque di Letizia Moratti poi.
Qui a Milano, dati Istat 2015 alla mano, c’è anche la più alta concentrazione di immigrati stranieri, il 18,57 per cento dei residenti, che il modello ambrosiano fatto di un mix di istituzione pubblica e associazioni popolari riesce a governare, sempre più a fatica, ma ci riesce. Qui, come ha ricordato al Corriere della Sera l’imprenditore Gianfelice Rocca, c’è il magnete delle professioni, della finanza e dell’economia. «La grande Milano ha 123 grandi imprese con fatturati superiori a 1 miliardo, 3.300 multinazionali estere, 200 mila studenti e 12 mila start up».
Qui a Milano, perciò, deve uscire una rigenerazione della politica. L’alternativa al disfacimento neo statalista romano. Così, nell’annunciare che, come già accadde con Roberto Maroni, Tempi ha deciso di sostenere la candidatura a sindaco di Milano di Stefano Parisi….Come mi è venuta in mente la pazzia di cedere all’invito di salire il gradino più fantaccino della politica? È andata così. Vai a capire perché, nel suo primissimo rendez-vous metropolitano, Parisi ha voluto venirci a trovare qui in redazione. Uno scambio di idee intorno a una tavola imbandita di salumi e prosecco. La nostra Caterina Giojelli inviata al seguito dei primi passi del candidato sindaco. Copertina di fiducia per un uomo che porta allegria e brilla di luce politica propria. La prima proposta a candidarmi in Consiglio comunale, Parisi me l’ha fatta qui, in via Confalonieri 38. Poi è venuta una telefonata di Berlusconi, un’altra della Gelmini, un’altra ancora di Lupi. Insomma, alla fine ho detto sì a Parisi, lato Forza Italia.
No boatos, please. Nel bene e nel male, senza Berlusconi non esisterebbe né la candidatura Parisi a Milano, né il centrodestra italiano. Né, tantomeno, Forza Italia. Un posto dove libertà e uno spirito di libertà sono comunque garantiti. Per tutti. Senza l’antica Casa, poi Pdl e adesso Salvini-non-si-monti-la-testa, non rimarrebbe neanche il ricordo del popolo di qua. Mentre di là comanda l’establishment di quelli che si pensano perbene e antropologicamente superiori.
Per quanto mi riguarda, quello che sono lo avete sotto gli occhi da più di vent’anni. Quello che non voglio è il cinismo sprezzante la politica. Come ho sempre detto: o si partecipa o non è che non comanda nessuno. Comandano peggio di prima. E si sta peggio di quando si stava peggio. Ci hanno convinto a restare a casa. Scusate, da direttore di Tempi esco di casa e corro per Milano.
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